Acqua: marcia in Niger e la dichiarazione di Roma

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Sono partiti in 25 dall'Italia nei giorni scorsi per partecipare sabato 3 gennaio, in Niger alla "Marcia per l'acqua", organizzata dall'Associazione umanitaria Terra Patria insieme all'association Matassa, la Rete dei Comuni Solidali, la Federation Nigerienne d'Athletisme e la Ligue d'Athlethisme de Zinder. Quindici chilometri, non competitivi, nella zona di Zinder, tra le dune, gli accampamenti Tuareg, i nomadi Peul ed i villaggi Haoussà. Una iniziativa che ha lo scopo di lanciare un appello e un SOS al mondo per sensibilizzare l'opinione pubblica internazionale su un fondamentale diritto da garantire per tutti sull'intero pianeta terra: il diritto di ognuno di bere, di abbeverare i propri animali e di irrigare i campi.

Intanto il Contratto Mondiale sull'acqua ha pubblicato il testo della dichiarazione dell'Acqua come Diritto Umano definito lo scorso 10 dicembre 2003 a Roma in occasione del 55° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Molti richiami agli obiettivi non raggiunti dai governi che attraverso le Nazioni Unite hanno fallitto l'obiettivo assicurare l'accesso all'acqua per tutti nel 2000, continuando a rifiutare il riconoscimento dell'accesso all'acqua come un diritto umano, cioè un diritto universale, indivisibile ed imprescrittibile. Un evidente regresso è stato fatto con le dichiarazioni del marzo 2003, al 3° Foro Mondiale dell'Acqua a Kyoto, dove gli stessi Stati hanno ripetuto nella dichiarazione ministeriale conclusiva che l'accesso all'acqua è un bisogno vitale (e non un diritto) e che l'acqua deve essere considerata principalmente come un bene economico, cui si deve attribuire un valore economico secondo i prezzi di mercato che consentono il recupero del costo totale di produzione (profitto incluso). La dichiarazione del Contratto Mondiale sull'acqua infine si da 6 obiettivi ben precisi per rendere l'acqua un bene comune a tutta l'umanità per la pace e la vita.

Intanto buone notizie giungono dall'India dove lo scorso 17 dicembre 2003 un tribunale dello stato del Kerala ha ordinato ad un impianto di imbottigliamento della Coca Cola di fermare l'estrazione di acqua dalla falda acquifera locale. Il giudice dell'Alta Corte del Kerala ha dato all'azienda un mese di tempo per fermare le operazioni estrattive nell'impianto di Plachimada e trovare fonti alternative perché causava la riduzione delle risorse idriche disponibili nell'intera area. I governi locali hanno accusato l'impianto di sovrasfruttare le risorse idriche della zona estraendo circa 1.5 milioni di litri di acqua al giorno.[AT]

Altre fonti: Contratto Mondiale dell'acqua, Terra Patria

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