L’Africa non è umanità come il resto del mondo?

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Abbiamo vissuto una serata africana, bella e dolorosa, impegnata nella conoscenza che fa solidarietà, nel Sereno Regis pieno di volti bianchi e neri. John Mpaliza (che vive e lavora in Italia) di passaggio a Torino, in marcia per la pace e per il Congo da Reggio Emilia a Bruxelles (dopo Santiago e Roma), ha illustrato la situazione del suo Paese. A Roma è stato ascoltato dalla commissione Diritti Umani del Senato. In queste marce, accompagnato da alcuni sostenitori, ha contattato la diaspora congolese in Europa.

Ranzie Mensah del Ghana, che vive in Val d’Aosta, ha cantato meravigliosamente struggenti canzoni africane: una dice “Ancora mi alzo”.

Il prof. Pierre Cabeza ha posto la drammatica domanda: l’Africa non è umanità come il resto del mondo? Per undici soldati dell’Onu morti, per tre donne olandesi uccise, si mobilitò l’occidente, rimasto silenzioso sui morti congolesi, che sono stati per venti anni, ogni giorno, pari alle vittime dell’11 settembre a New York.

L’attore torinese Eugenio Allegri ha letto brani di Primo Levi, tra cui la poesia Canto dei morti invano.

Il Teatro dell’Argine di Bologna, con Pietro Florida e Judith Moleko, ha recitato una possibile inchiesta, sulla base di dolorose storie vere, per il riconoscimento dello status di rifugiata ad un caso tipico di donna africana vittima, come moltissime, di terribili violenze.

Ma, oltre questi momenti suggestivi, la serata ci ha dato una preziosa conoscenza della situazione della Repubblica Democratica del Congo (72 milioni di abitanti), ignorata in Italia. Un paese “ricco da morire” (coltan; energia idroelettrica) ha sofferto la guerra 1993-2003 proseguita fino al 2008, con circa sette milioni di morti! Altri sette milioni sono profughi in campi che stanno diventando permanenti. 400.000 donne ogni anno sono state violentate.

Il piccolo Ruanda, autorizzato dalle potenze, occupò il Congo, sfruttandone le ricchezze, e ora non lo abbandona, nonostante una risoluzione dell’Onu che lo richiede. L’Unione Europea non prende posizione. La marcia di Mpaliza ha lo scopo di premere a Ginevra e a Bruxelles. Forze dell’Onu sono presenti, al costo di due milioni di euro al giorno, ma, date le regole d’ingaggio, non difendono le popolazioni dalle scorrerie di armati. Un’altra richiesta è la tracciabilità del coltan, gratuito all’estrazione (pericolosa, per una certa radioattività) e caro come l’oro nell’utilizzo finale nei prodotti elettronici.

C’è chi ritiene addirittura che se l’Onu lasciasse l’Africa, gli africani saprebbero risolvere i loro problemi. Crediamo che l’autorità della comunità umana planetaria debba essere capace di impedire le violenze con forze civili di polizia e di pace, senza le guerre chiamate pace, senza l’inerzia di fronte alle sopraffazioni.

La marcia è ripartita da Torino, piazza del Municipio, di primo mattino, il 10 agosto, con tappa a Condove, in Val di Susa. Alcuni sostenitori hanno accompagnato i marciatori per tratti più o meno lunghi.

Enrico Peyretti

Fonte: serenoregis.org

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