Grandi laghi: quando i gorilla sono profughi

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Buona notizia. Il numero dei gorilla di montagna sta leggermente aumentando. Sui Monti Virunga, tra Uganda, Rwanda e Repubblica Democratica del Congo, ve ne sono quasi la metà degli esemplari al mondo: 480. Ed il loro numero sembra non diminuire. Anzi.

I 3 Stati sovracitati sono spesso in guerra ed i bestioni sono all’interno di un parco il cui accesso, via Rwanda, costa ben 500 $ Usa pro capite. La cifra importante è un deterrente al “turismo di massa” anche se per alcuni, andrebbe abolito anche il turismo d’èlite...in modo da lasciare in pace i nostri avi.

La prima volta che vidi un documentario inedito sui gorilla fu il 21 febbraio del 1994. Ero a Kigali (capitale del Rwanda) con conoscenti. Era stato ucciso il ministro ai lavori pubblici e fummo bloccati, causa disordini, dentro il centro di Gatenge (pdf). I caschi blu vennero a prelevarci per accompagnare i conoscenti all’aeroporto. Andammo ai 100 km orari in città...per non esser colpiti da eventuali cecchini.

Il ritorno fu drammatico in quanto i seguaci del ministro ammazzato avevano già occupato le strade di Kigali con alberi e copertoni bruciati. Anziché fare il giro della città, come suggerito dal capitano, il sergente pensò -male- di fare la via più breve...mettendosi/ci in un mare di guai che non vi sto a raccontare. Quella notte morirono in capitale 70 persone.

Arrivammo nella sede ONU – un sotterraneo di una villetta affittata mentre spari e granate si sentivano sempre più di frequente. I giovanissimi soldati belgi dell’Unamir (Missione Onu in Rwanda) scesero velocemente dall’auto per rifugiarsi tra le 4 mura. Menù: spaghetti a mo’ di colla con pomodoro in scatola non riscaldato mentre si guardava un video amatoriale con i gorilla di montagna. Lo stomaco dapprima dichiarò sciopero e poi arrivò ad un compromesso.

Da lì a qualche mese seppi che quei giovani, di scorta all’allora Primo Ministro, vennero uccisi. Fu il genocidio che vide quasi un milione di persone di etnia tutsi ed hutu moderati passati all’arma bianca.....e, per l’appunto, qualche casco blu. I caschi blu, oggi in Siria come allora in Rwanda, furono resi impotenti dagli stessi Stati.

Nella primavera del 1994 il Rwanda bruciò da sud a nord. Ed i gorilla, maschi giganti, femmine gravide e piccoli lasciarono il versante rwandese....manco conoscessero i confini statali. Fu il fumo delle capanne date alle fiamme dalla furia omicida che li spinse laddove c’è meno sole. Scapparono sia sul versante ugandese che della Repubblica Democratica del Congo precedendo di diversi giorni i profughi.

Quest’ultimi affluirono in massa solo dopo l’operazione Turquoise condotta dai francesi per portare in salvo la famiglia del presidente ucciso il 6 aprile Juvénal Habyrimana e molti responsabili del genocidio. Solo nella piana di Goma se ne stabilirono un milione. Provate ad immaginare l’inferno. Peggio. Cataste di cadaveri e fosse comuni. Medici senza Frontiere e Croce rossa Internazionale ci misero mesi per riportare ordine. Nel luglio scoppiò il colera.

In montagna i gorilla temettero il ritorno dell’antica pratica dei contrabbandieri ben descritta nel film “Gorilla nella nebbia“ che romanza la vita di Dian Fossey e la sua lotta contro l’amputazione delle mani dei giganti. Dovevano servire da posacenere in studi di facoltosi medici Usa.

Questo accadde 18 anni fa ai confini tra Rwanda, Uganda e Repubblica Democratica del Congo.

Da allora si comprese una sola cosa. Non fu solo scontro etnico. V’era e v’è interesse da parte di molte holding e relativi stati che la parte orientale della RDC rimanga destabilizzata. Oro, coltan ed un sottosuolo che vomita ogni bene è interesse di molti; di troppi. Sia da parte anglofona che francofona. Trattasi della seconda riserva africana. Nella prima, Sudafrica, come abbiamo visto, holding americane che estraggono il platino non esitano, via polizia locale, ad usare la forza per reprimere chi protesta.

Ma qual è la notizia? Constatiamo che i gorilla stanno emigrando verso il Rwanda lasciando i versanti nord occidentali dei monti Virunga ove stanno soffiando venti di guerra. Lo fanno prima degli umani; a salvaguardia della specie.

Il confine tra RDC ed Uganda, infatti, e più precisamente la dogana di Bunagana, è stata recentemente chiusa su richiesta Onu. In questa estate le forze ribelli al neo eletto presidente RDC (Kabila figlio) avanzano verso la piana di Goma che ospitò milioni di profughi. L’Onu e gli Usa accusano il Rwanda di essere dietro queste forze ribelli, da essa stessa addestrate. Kigali rifiuta l’accusa. Il “signore della guerra” Thomas Lubanga a capo dei ribelli è la prima persona a esser stata arrestata e condannata dalla Corte penale internazionale (in 10 anni di attività): 14 anni di carcere per aver usato bambini soldati nel 2002 e 2003.

Un mese fa la città di Bunagana, ai piedi dei Monti Virunga da dove sono partiti i nostri gorilla, cade sotto il controllo dei ribelli del Movimento del 23 marzo (M23), formato da ex ribelli del disciolto Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp), a suo tempo guidato dall’ancora latitante generale Bosco Ntaganda, anch’esso ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità.

I gorilla stanno emigrando. Brutto segno. Speriamo che a seguire non vi siano gli esodi umani e conseguenti tragedie. Una cosa è certa. Dire che l’uomo è più evoluto della scimmia è un’offesa. Il gorilla si accontenta di pace e sottobosco mentre l’uomo fa la guerra per il sottosuolo.

Redazione di Unimondo

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