Fotovoltaico: il megaimpianto a forma di Africa che sta accendendo il Rwanda

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C’è un cartello all’entrata del più grande impianto solare in Africa che recita: “Arise, shine for your light has come”. E in effetti, questo impianto da 8,5MW sta accendendo il Rwanda. Dall’alto ricorda la forma dell’Africa e passeggiando lungo i 17 ettari di terreno che lo accolgono sembra di attraversare i vari stati.

Questo impianto è anche la dimostrazione di quanto a volte sia agevole riuscire a concretizzare un’idea ambiziosa: è bastato un anno per passare dalla firma del contratto alla costruzione, fino alla connessione alla rete elettrica.

La location è mozzafiato. Siamo tra le colline verdi del Rwanda, vicino al Lake Mugesera, 60km ad Est della capitale Kigali. 28.360 pannelli solari sono stati collocati sull’erba, in mezzo alla natura. Ci sono ancora le vipere.

E’ un’opera talmente simbolica che anche Tony Blair e Bono sono passati a visitarla. Dalla mattina alla sera i pannelli sono controllati da remoto, ognuno ha una superficie di 1,9 metri quadrati. Il server si trova ad Oslo. E l’efficienza viene migliorata del 20% visto che i pannelli non sono fermi, ma seguono il sole da Est a Ovest. Sono stati fabbricati in Cina, mentre gli inverter sono di origine tedesca.

Naturalmente, l’impianto ha generato occupazione: 350 posti di lavoro a livello locale. Intanto, il Rwanda ha aumentato la sua capacità di generazione elettrica del 6% e rifornisce oltre 15 mila abitazioni.

Dati cruciali per un’economia che 21 anni dopo il genocidio si sta espandendo velocemente e punta a dare accesso all’elettricità ad almeno metà della popolazione al 2017. Lo conferma lo staff presente nel sito: “il governo ha un disperato bisogno di energia. Nel 2013 avevano solo 110 MW, hanno bisogno del solare”. 

E infatti il governo ha stretto un accordo con Gigawatt Global, Norfund e Scatec Solar, che alle spalle hanno avuto la Power Africa Initiative di Barack Obama. A febbraio 2014 è inizita la costruzione effettiva e a luglio si è conclusa. Tempi record. Nel primo anno sono stati prodotti, secondo le stime, 15 mln di kWh, con l’energia che è stata inviata a 9 km di distanza, in una sottostazione.

Twagirimana, che fa parte dello staff dice: “Le persone vorrebbero energia direttamente da qui e sostengono che sarebbe più economica. Noi vendiamo alle utility e anche il nostro edificio prende energia dalla rete”.

Proprietario del terreno è la Agahozo-Shalom Youth Village, che ha come missione quella di prendersi cura dei bambini in difficoltà, quelli rimasti orfani dopo il genocidio ad esempio. Questo contratto di affitto è la fonte di reddito più grande per questo villaggio, che ha ormai 6 anni di vita e ospita 512 ragazzini dando loro servizi di formazione ed attività extracurriculari. Alcuni frequentano ore di training anche presso l’impianto o lavorano al progetto.

Bella Kabatesi ha 18 anni. Ha perso i genitori quando ne aveva 4. Ha utilizzato l’energia solare per progettare una lampada notturna che possa illuminare il memoriale del fondatore del villaggio.

Anna Tita Gallo da Greenbiz.it

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