Sostenibilità

Stampa

“Ogni decisione politica ed economica ed ogni sua implicazione (programmare, costruire, regolamentare, indirizzare, investire...) deve passare da un’ottica del breve ad una del lungo periodo; un elemento determinante di cui tener conto dovrà essere l’accurata e rigorosa valutazione dell’impatto ambientale, sociale e generazionale. Ogni decisione che non ne tenga conto va denunciata come pericolosa, irresponsabile ed illegittima”.

(Alexander Langer, ecologista, pacifista, europarlamentare)

Introduzione

Il 19° vertice della Nazioni Unite sul clima  che si è tenuto a Varsavia nel novembre 2013, per affrontare il global warming – il riscaldamento globale – si è chiuso ancora una volta in modo deludente. I precedenti vertici di Doha, Durban, Copenaghen e Cancun sono falliti per la mancata volontà politica da parte dei governi di mettere in atto misure concrete per ridurre i gas che alterano il clima invertendo la tendenza prima che sia troppo tardi. Anzi, Copenaghen e Cancun hanno dimostrato come tutto, anche l’emergenza climatica che causa migliaia di morti l’anno (un numero sempre maggiore dei quali sono nostri concittadini, come dimostrano le alluvioni in diverse zone d’Italia) e spinge decine di milioni di persone a muoversi per ragioni ambientali. L’ascesa delle economie emergenti, Cina ed India in testa, ha reso drammaticamente evidente l’incompatibilità tra integrità della biosfera e modello di sviluppo tradizionale. Anno dopo anno il conflitto tra speranze di sviluppo e limiti ecologici si inasprisce. Il 2013 ha fatto registrare un nuovo record nella presenza di anidride carbonica e altri gas effetto serra nell’atmosfera terrestre mentre, denunciano le Nazioni Unite, si sta verificando un’acidificazione senza precedenti degli oceani e quindi della loro capacità di assorbire la stessa CO2. I dati Onu sono stati presentati nel rapporto annuale della World Meteorological Organization (Wmo).

Di fronte ai disastri ambientali ed energetici la recente crisi alimentare, dovuta alla speculazione sui prezzi nei mercati agricoli che hanno colpito un gran numero di Paesi dei sud del mondo, ci ricordano il rapporto essenziale che deve esistere - per dirla con le parole dell’economista Jean Paul Fitoussi - tra distribuzione di mezzi di sussistenza e ripartizione del diritto a sussistere, tra ecologia e democrazia. Da questo punto di vista, lo sviluppo umano non potrà essere sostenibile se non sarà democratico, se non assicurerà ad ognuno il diritto a sussistere. Per conciliare ecologia e progresso, dice Fitoussi, bisogna assolutamente comprendere che dietro la questione ecologica si pone quella della giustizia sociale.

L’evoluzione del concetto di sviluppo sostenibile

L’esigenza di conciliare crescita economica ed equa distribuzione delle risorse in un nuovo modello di sviluppo ha iniziato a diffondersi con gli anni ‘70, in seguito alla presa di coscienza che il concetto di sviluppo classico, legato esclusivamente alla crescita economica, avrebbe causato il collasso dei sistemi naturali. La crescita economica di per sé non basta, lo sviluppo è reale solo se migliora la qualità della vita in modo duraturo.

Il richiamo maggiore al problema dell’ambiente nel lungo periodo ed alla necessità di studiarne i cambiamenti a livello globale emerge con il testo prodotto dal Club di Roma nel 1972, “The Limits to Growth“ tradotto erroneamente in italiano come “I limiti dello sviluppo”. Il testo fu chiamato primo rapporto al Club di Roma e sviluppato al MIT sulla base degli studi di J. Forrester che, in quel tempo sviluppò una nuova scienza della dinamica dei sistemi ed in particolare andava disegnando un modello matematico globale basato sui ben noti parametri interdipendenti: popolazione, eccessivo utilizzo e impoverimento (depletion) delle risorse naturali non rinnovabili, industrializzazione, produzione alimentare e degrado ambientale. Forrester passò la responsabilità del progetto a Dennis Meadows che con Donella Meadows, J.Randers e W.W. Behrens lo svilupparono. 

Il testo fu oggetto di molte discussioni positive e negative, queste ultime prevalentemente in Italia. Positive in molti Paesi - compresa l’allora Unione Sovietica - e indubbiamente gli Stati Uniti, per le sue indicazioni di scelte economiche e politiche. Il rapporto fu tradotto in più di 35 lingue. Con il rapporto “I Limiti dello sviluppo”, si diffuse nel mondo il concetto che vi sia uno stretto legame tra i limiti delle risorse naturali e la popolazione crescente. Infatti, anche se la popolazione da tempo invecchia in quasi tutta la parte più sviluppata del mondo, il consumo delle risorse aumenta anche nei Paesi cosiddetti in via di sviluppo. Alcuni di questi, Cina, India e Brasile, non sono più tali e con un Pil quasi a due cifre sono ora anch’essi forti consumatori di risorse naturali.

Nella sua accezione più ampia, il concetto di sostenibilità implica la capacità di un processo di sviluppo di sostenere nel corso del tempo la riproduzione del “capitale” mondiale composto dal capitale economico, umano/sociale e naturale. La definizione più diffusa è quella fornita nel 1987 dalla Commissione Indipendente sull’Ambiente e lo Sviluppo (World Commission on Environment and Development), presieduta da Gro Harlem Brundtland, medico e ambientalista norvegese, secondo la quale: “L’umanità ha la possibilità di rendere sostenibile lo sviluppo, cioè di far sì che esso soddisfi i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità delle generazioni future di rispondere ai loro”. L’elemento centrale di tale definizione è la necessità di cercare un’equità di tipo intergenerazionale: le generazioni future hanno gli stessi diritti di quelle attuali.

Si può evincere, inoltre, anche se espresso in maniera meno esplicita, un riferimento all’equità intragenerazionale, ossia all’interno della stessa generazione persone appartenenti a diverse realtà politiche, economiche, sociali e geografiche hanno gli stessi diritti. Il successo di tale enunciato, prevalentemente di matrice ecologica, ha animato il dibattito internazionale, determinando numerosi approfondimenti e ulteriori sviluppi del concetto di sostenibilità, che nel tempo si è esteso a tutte le dimensioni che concorrono allo sviluppo. In tale ottica, la sostenibilità è, dunque, da intendersi non come uno stato o una visione immutabile, ma piuttosto come un processo continuo, che richiama la necessità di coniugare le tre dimensioni fondamentali e inscindibili dello sviluppo: Ambientale, Economica e Sociale. Appare indispensabile, pertanto, garantire uno sviluppo economico compatibile con l’equità sociale e gli ecosistemi, operante quindi in regime di equilibrio ambientale, nel rispetto della cosiddetta regola dell’equilibrio delle tre “E”: Ecologia, Equità, Economia.

Dallo sviluppo sostenibile alla sostenibilità

Negli ultimi anni si è diffusa un’espressione per molti piuttosto ambigua: “sviluppo sostenibile”. È una espressione ormai abbondantemente abusata in ogni contesto, soprattutto in ambito politico ed economico. A volte viene utilizzata con funzioni di copertura, per il cosiddetto “greenwashing“, una forma di “marketing ecologico”. Come se, parlando di “sviluppo sostenibile” o citando il termine “sostenibilità”, fosse automaticamente possibile azzerare o assolvere gli impatti di qualunque attività contrassegnata da questo attributo. La realtà è che l’attuale modello di sviluppo economico non è sostenibile perché ha profondamente minato i processi ecologici di base, compromettendo, di fatto, la base essenziale per la sopravvivenza della popolazione umana.

La crescita economica ha promesso di creare abbondanza, benessere e rimozione dei fattori di povertà ma, aggredendo le risorse naturali e gli equilibri dinamici degli ecosistemi, ne ha profondamente minato le basi rigenerative e le capacità assimilative. Soprattutto nei Paesi dei sud del mondo è diventata sempre più causa di povertà e scarsità che, insieme alla forte speculazione sul cibo e sui prodotti agricoli nei mercati internazionali, sta minando la sicurezza alimentare di molti Paesi.

Di questi argomenti si è parlato nel novembre del 2011 a Milano alla Conferenza internazionale “Speculazioni sul cibo e crisi alimentari. Serve una nuova governance?“ promossa dal Comitato Afro. In sostanza viene lanciata una proposta ai vari attori nazionali ed internazionali - per fare in modo che venga affrontata con decisione e responsabilità la questione della finanziarizzazione dei mercati dei prodotti agricoli e quella della loro connessione con il mercato dell’energia. Per raggiungere questi obiettivi è in atto una campagna promossa da Unimondo e da altre numerose Ong, denominata “Sulla fame non si specula“ che propone fra l’altro un codice di condotta che impegni gli enti locali a non investire in titoli legati ai beni alimentari. I prezzi dei beni alimentari sono destinati a rimanere alti e molto volatili, mettendo a rischio uno degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio previsti dall’Onu, ossia dimezzare il numero delle persone che soffrono la fame entro il 2015. Lo afferma la FAO Organizzazione delle Nazioni Unite per Alimentazione e l’Agricoltura nel suo ultimo rapporto sullo Stato dell’insicurezza alimentare nel mondo. L’aumento della volatilità è dovuto anche alla crescita del volume degli scambi dei futures (contratti a termine) sulle materie prime.

A quasi tre anni di distanza dall’iniziativa, il Comune di Milano risponderà pubblicamente alle istanze sollevate dalla campagna, sostenuta da singoli cittadini, associazioni ed enti locali,con una serie di incontri pubblici a Piazza Mercanti.

Questi appuntamenti rappresentano la prima occasione pubblica di confronto tra la città che ospiterà EXPO 2015 l’Esposizione Universale con caratteristiche inedite e innovative sarà una rassegna espositiva, ma anche un processo partecipativo che coinvolgerà attivamente numerosi soggetti attorno a un tema decisivo: “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita.” Secondo le intenzioni degli organizzatori, i visitatori, saranno coinvolti in prima persona in percorsi tematici e approfondimenti sul complesso mondo dell’alimentazione, avranno l’opportunità di compiere un vero e proprio viaggio intorno al mondo attraverso i sapori e le tradizioni dei popoli della Terra sarà l’occasione per aprire un dibattito sull’educazione, sull’alimentazione, sul cibo, sulle risorse a livello planetario.

Intanto c’è già chi, come il coordinamento di la Terra Trema si prepara a fare da controcanto alla manifestazione chiamando a raccolta a Milano il 21 e il 22 marzo prossimi tutti coloro che, come recita il loro Manifesto per la Terra, sono “per un’agricoltura contadina libera da OGM e da monopoli. Per una distribuzione dei prodotti della terra e del cibo diffusa e autogestita”. La manifestazione si chiama Semi di resistenza. Prima, durante e oltre l’Expo di Milano. 

Nessuna sostenibilità senza sviluppo umano

Nel Rapporto 2011 dell’UNDP - Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo- intitolato “Sostenibilità ed equità: un futuro migliore per tutti” si teme per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio entro il 2015. In questo Rapporto dell’UNDP, si legge che, i progressi nello sviluppo nei Paesi più poveri del mondo potrebbero essere fermati o persino invertiti entro la metà del secolo, a meno che non vengano adottate misure coraggiose per rallentare il cambiamento climatico, prevenendo ulteriori danni ambientali e riducendo le profonde disuguaglianze all’interno e fra le nazioni.

La sostenibilità ambientale può essere più equamente ed efficacemente raggiunta affrontando tutte insieme le disuguaglianze sanitarie, educative, reddituali e di genere con l’esigenza di un’azione globale sulla produzione di energia e la protezione degli ecosistemi. Ossia in un’ottica di sviluppo umano, un concetto elaborato alla fine degli anni ‘80 dalla stessa UNDP che si misura attraverso degli strumenti statistici come l’ISU (indice di sviluppo umano) e l’IPU ovvero l’indice di povertà umana. Il Rapporto chiede ‘‘Investimenti che migliorano l’equità - nell’accesso, per esempio, a energie rinnovabili, acqua e impianti igienici e assistenza alla salute riproduttiva - potrebbero far progredire tanto la sostenibilità quanto lo sviluppo umano.’’ Sviluppo per il quale, la comunità internazionale è ancora alla ricerca di un indice che misuri correttamente.

Vari studiosi di scienze sociali si sono cimentati in questo campo. Una delle commissioni più prestigiose è quella istituita dal presidente della Repubblica francese nel 2008 denominata Commission of Measurement of Economic Performance and Social Progress di cui facevano parte l’economista francese Jean-Paul Fitoussi e i nobel per l’economia Joseph Stiglitz e Amatya Sen. In Italia nel novembre 2013 l’ISTAT - l’Istituto Nazionale di Statistica e il CNEL - il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro - hanno presentato il primo risultato emerso dall’iniziativa per la misurazione del “Benessere Equo e Sostenibile“, ovvero la definizione di 12 fattori considerati essenziali per l’analisi del benessere nel nostro Paese. Sono divisi in due blocchi concettuali: benessere individuale (Ambiente, Salute, Benessere economico, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Educazione e formazione, Benessere soggettivo, Relazioni sociali, Sicurezza) e fattori di contesto (paesaggio e patrimonio culturale, ricerca e innovazione, qualità dei servizi, politica e istituzioni). Sul sito Misure del benessere è possibile per i cittadini commentare ed emendare l’impostazione adottata finora. 

I segnali di cambiamento dalla società civile e dalla green economy

Fortunatamente per rispondere alle sfide del XXI secolo, negli ultimi anni, scienziati, imprenditori gruppi della società civile, associazioni di varia ispirazione hanno prodotto pratiche e conoscenze per far diventare più green ed eque, sia società che economia. Si sono susseguite manifestazioni e provvedimenti contro il nucleare, specie dopo il terremoto in Giappone e il disastro nella centrale di Fukushima, e proposte di tassazioni sull’uso del carbone come fonte energetica. Mentre in campo internazionale continuano ad applicarsi discutibili strumenti di finanziarizzazione della crisi ecologica quali il cosiddetto Carbon trade, gli scambi dei diritti di emissione, obbligatori o volontari, permettono in sostanza a chi può pagare, invece di ridurre le emissioni, di comprarsi il diritto di continuare a riscaldare il pianeta, compensando con progetti che altrove riducono o ridurrebbero le emissioni.

Si tratta del cosiddetto Redd+ (Ridurre le Emissioni da Deforestazione e Degrado) e si basa sull’idea di un permesso di emettere carbonio nei Paesi sviluppati a fronte dell’acquisto di aree protette nei Paesi dei sud del mondo. Il rischio del programma è che, alcuni Paesi sviluppati puntino a farne un sistema per continuare a emettere carbonio, pagando piccoli contributi, e senza investire in tecnologie più efficienti. Anche grandi imprese hanno fiutato l’affare, e stanno puntando a impossessarsi dei terreni forestali che potranno godere di sussidi, togliendoli ai popoli indigeni e alle comunità locali. Gli incentivi rischiano di creare un nuovo assalto alla terra, ai danni delle comunità indigene, che per secoli hanno protetto le foreste.

Con l’espansione delle energie rinnovabili è cresciuto un nuovo ramo dell’economia, molte aziende sperimentano produzioni eco-efficienti, diversi comuni provvedono alla modernizzazione del traffico e alla ristrutturazione degli edifici in senso ecologico in linea con la filosofia dell’eco-abitare. Un esempio è il Il Patto dei Sindaci, un’iniziativa sottoscritta dalle città europee che si impegnano a superare gli obiettivi della politica energetica comunitaria in termini di riduzione delle emissioni di CO2. Vista dalla prospettiva della green economy la crisi fa meno paura. Anzi a leggere il nuovo report pubblicato dall’International Renewable Energy Agency (IRENA), agenzia intergovernativa per la promozione delle rinnovabili, intitolato REthinking Energy (in.pdf) pubblicato dalla rivista QualEnergia per molti settori, sembra il momento della ripresa. La potenza installata di fonti rinnovabili è cresciuta dell’85% in 10 anni. Oggi le fonti energetiche pulite contano per il 60% della nuova potenza installata annualmente, danno lavoro a circa 6,5 milioni di persone e attirano nuovi tipi di investitori. I costi del fotovoltaico dal 2008 sono calati dell’80% e sole e vento sono ormai competitivi con le fossili in vari contesti.

Nel mondo ci sono Paesi in cui il fotovoltaico batte già senza incentivi le centrali di energia convenzionale confrontandosi nella vendita sul mercato elettrico: è il caso del Cile come mostra uno studio della società tedesca di consulenza Eclareon (in.pdf) A metà 2014 - segnala il report - si sono già emessi green bond, obbligazioni ‘verdi’, per 16 miliardi di dollari. In Olanda, ad esempio, in 13 ore si sono raccolti 1,7 milioni di dollari per un progetto di eolico a partecipazione diffusa, anche il sistema energetico tedesco è in gran parte basato su piccoli investitori: metà della potenza rinnovabile del Paese appartiene a singoli cittadini o ad aziende agricole. Un nuovo modello di democrazia energetica in cui potere e vantaggi economici sono decentrati. Inoltre negli ultimi anni, hanno guadagnato molto terreno il commercio equo e solidale, l’agricoltura biologica e, grazie all’opposizione dei consumatori, la maggior parte dei prodotti sul mercato europeo sono  OGM  free.

Questi fenomeni sono il segno di una presa di coscienza lenta ma progressiva del fatto che diventa sempre più urgente adottare uno stile di vita, personale e collettivo, più parsimonioso, pulito, lento, inserito nei cicli naturali, che sa distinguere tra i bisogni reali e quelli indotti. Al riguardo molto interessante e ricco di suggerimenti è il libro di Alessandro Pilo dal titolo La strategia del colibrì. Manuale del giovane eco-attivista, secondo il quale scegliere una vita più ecologica non significa una quotidianità di privazioni, ma la conquista di un’esistenza più piena e appagante. Benessere e qualità della vita non si misurano con la ricchezza materiale e lo spreco di beni e risorse. In una parola la sobrietà, la capacità di dare alle esigenze del corpo, il giusto peso senza dimenticare quelle spirituali, affettive, intellettuali, sociali. Un modo diverso di organizzare la società affinché sia garantita a tutti la possibilità di soddisfare i bisogni fondamentali con il minor dispendio di risorse e produzione di rifiuti.

Occorrono, comunque, delle decisioni politiche, a questo riguardo, una proposta interessante è quella della Green European Foundation con il sostegno del gruppo di associazioni che fanno capo a Sbilanciamoci titolata “Ecologia al governo. Dieci proposte per cambiare l’economia e la società”(in pdf) Come afferma il sociologo ed economista Wolfgang Sachs che “il cambiamento climatico richiede un cambiamento di civiltà. (…) Mantenere le dinamiche economiche all’interno dei guard-rail del rispetto dell’ambiente e dei diritti umani è il programma centrale della sostenibilità”.

Oltre la globalizzazione, verso una sostenibilità sociale ed ambientale

È assolutamente inevitabile, trovare soluzioni differenti dalle attuali, percorsi alternativi, un’altra e diversa cultura dello sviluppo. E in quest’ambito il concetto di sostenibilità può essere certamente la base per delineare le nuove strade possibili. Qualcosa è successo; a luglio del 2011 c’è stato il ritorno sulla scena del cosiddetto 99% della popolazione, i movimenti dal basso che il 15 ottobre 2011 hanno manifestato in 950 città di 80 Paesi del mondo per dire che questo sistema economico- finanziario non funziona, che le politiche dei governi devono cambiare. Sono gli “indignados”, gli “occupanti” di Wall Street e di cento altre piazze nel mondo, la voce della società civile che non si sentiva così forte da quasi un decennio, per certi versi il proseguimento dei movimenti altermondialisti manifestatisi per la prima volta a Seattle nel 1999, e che vuole creare le condizioni per un cambiamento di priorità dalla finanza speculativa, all’economia reale, al lavoro dignitoso, al welfare universale, alla protezione dell’ambiente e dei beni comuni. Il cambiamento auspicabile sarebbe in sostanza il ritorno della politica, con istituzioni e soggetti pubblici, sia in Europa che nel resto del mondo, all’altezza dell’economia globale, capaci di intervenire e condizionare l’azione delle imprese, della finanza e dei mercati. Questa nuova politica restituirebbe ai cittadini il potere di decidere sul proprio futuro. Ridimensionare la finanza, riprendere il controllo dell’economia reale, praticare la democrazia sostanziale sono i tre obiettivi di fondo che emergono dalle proteste e dalle alternative avanzate dalle reti europee di società civile. E sono i temi delle proposte emerse nei 50 interventi al Forum di discussione intitolato “La rotta d’Europa“ aperto nell’estate 2011 su opendemocracy.net.

Nel marzo scorso, è partita anche un’Iniziativa dei Cittadini Europei (I.C.E) per chiedere alla nuova Commissione Europea, attraverso la raccolta di 1 milione di firme in almeno sette Paesi UE, un “Piano europeo straordinario per lo sviluppo sostenibile e l’occupazione” (in.pdf), finanziato con risorse proprie aggiuntive, quali la tassa sulle transazioni finanziarie e la carbon tax. Provvedimenti evocati anche dal neo presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker nel suo primo discorso al Parlamento con queste parole: “lavorerò per l’adozione a livello europeo di una tassazione di base consolidata sulle società ed una tassa sulle transazioni finanziarie”.

Si tratta di un vero e proprio New Deal for Europe che potrebbe essere capace di ridare competitività all’industria europea, rendere il nostro continente meno dipendente dalle fonti energetiche extra-europee, promuovere una nuova Unione Europea dell’energia per mettere assieme le nostre risorse, creare centri europei di eccellenza nei settori della ricerca e dell’innovazione, salvaguardare il nostro immenso ed unico patrimonio culturale e creare un fondo per l’occupazione giovanile.

Sviluppo sostenibile in Italia

Per il nostro Ministero dell’Ambiente uno sviluppo sostenibile sarà possibile solo se si metterà mano, con coraggio, ad un sistema di “sanzioni, risarcimenti ed incentivi” evolvendo dall’attuale situazione che solamente ne “auspica” il perseguimento. Si dovrà operare con due criteri di fondo: la dematerializzazione del sistema economico, cioè delle quantità di risorse naturali – rinnovabili e non – mobilizzate per alimentare l’apparato produttivo e i modelli di consumo attuali e la partecipazione consapevole di tutti gli attori coinvolti nella programmazione e nella attuazione dei processi in corso. La dematerializzazione dovrà indirizzare il progresso tecnologico “a sostegno del risparmio di energia e di materie prime a parità di prestazione, verso il riciclaggio dei rifiuti e degli scarti di produzione e, soprattutto, per promuovere la concatenazione dei processi di produzione e di consumo attraverso la programmazione del riutilizzo di materiali e componenti che prende il nome di design for environment (DFE).”

L’incremento della partecipazione consapevole non dovrà essere una mera petizione di principio ma coincidere sia con maggiore equità che con la salvaguardia dei diritti fondamentali della persona. Ma la cultura non basta. Occorre promuovere un sistema di convenienze che garantiscano continuità e solide fondamenta ai processi negoziali in cui si concretizza la concertazione, si legge nel documento del Ministero dell’Ambiente dal titolo “Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia" (in .pdf) La ricerca scientifica mirata, ma finalizzata a obiettivi alti e non a semplici aggiornamenti dell’esistente, gioca un ruolo fondamentale.

E’ evidente che, proprio attraverso questi aspetti, la messa a punto di una strategia di sviluppo sostenibile che non disdegni di confrontarsi con le tappe intermedie e con la strumentazione attivabile nel breve periodo, concorre a ridisegnare le forme possibili della democrazia nell’epoca della globalizzazione; cioè la costituzione materiale di un sistema fondato su partecipazione e consapevolezza di tutti i cittadini. Proprio come stabilito dall’Agenda 21.

Internazionali e nazionali

Progamma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP)

Conferenza delle Nazioni Unite per i Cambiamenti Climatici (UNFCC)

Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO)

Organizzazione delle Nazioni Unite per Alimentazione e l’Agricoltura (FAO)

Agenzia Intergovernativa per la promozione delle rinnovabili (IRENA)

Green European Foundation

The Encyclopedia of Earth

World Watch Istitute

Ministero dell’Ambiente

Associazioni e campagne 

CRMB Campagne per la riforma della Banca Mondiale (ora si chiama ReCommon)

Commission of Measurement of Economic Performance and Social Progress

Carbon Trade Watch

Campagna Sulla fame non si specula

Iniziativa dei Cittadini Europei (I.C.E.)

Esposizione Universale EXPO 2015

Campagna New Deal for Europe

Associazione Sbilanciamoci

Benessere Equo e Sostenibile (BES)

Comitato Afro

AzzeroCO2

Redd+

Bibliografia

Wolfgang Sachs, Marco Morosini, Futuro sostenibile, le risposte eco-sociali alla crisi in Europa, Edizioni Ambiente, 2011

Dani Rodrik, La globalizzazione intelligente, Laterza, 2011

Hawken Paul Moltitudine inarrestabile. Come è nato il più grande movimento al mondo e perché nessuno se ne è accorto, Edizione Ambiente, 2009

Andrea Segrè, Lezioni di ecostile. Consumare, crescere, vivere. Bruno Mondadori, 2010

Jean Paul Fitoussi, Eloi Laurent, La nuova ecologia politica. Economia e sviluppo umano, Feltrinelli, 2009

AA.VV. I limiti dello sviluppo, Mondadori, 1972

AA.VV. Invito alla sobrietà, EMI, 2000

Gianfranco Bologna, Manuale della sostenibilità, Edizioni Ambiente, 2008

Andrea Segrè, Basta il giusto (quanto a quando). Lettera a uno studente sulla società della sufficienza, Altreconomia, 2011

Guido Viale, La conversione ecologica. There is no alternative, NdA Press, 2011

Social Watch, Rapporti Internazionali e in italiano

Alessandro Pilo, La strategia del colibrì. Manuale del giovane eco-attivista, Edizioni Sonda, 2013

Scheda realizzata con il contributo di Gabriella Corona, aggiornata ad ottobre 2014

E' vietata la riproduzione - integrale o parziale - dei contenuti di questa scheda su ogni mezzo (cartaceo o digitale) a fini commerciali e/o connessi a attività di lucro. Il testo di questa scheda può essere riprodotto - integralmente o parzialmente mantenendone inalterato il senso - solo ad uso personale, didattico e scientifico e va sempre citato nel modo seguente: Scheda "Sostenibilità" di Unimondo:  http://www.unimondo.org/Guide/Sviluppo/Sostenibilità.

Video

Come si misura la sostenibilità? Intervista al presidente dell’Istat