Ue: restrizioni sul tessile per 'superare' la Cina

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Il commissario Ue al Commercio estero, Peter Mandelson, è "consapevole dei danni potenziali all'industria dei paesi sviluppati" che possono arrivare dalle importazioni cinesi. Lo ha detto lo stesso commissario ricevendo oggi a Bruxelles una rappresentanza del settore tessile europei, che ieri ha chiesto di imporre restrizioni su 12 categorie di prodotti tessili cinesi. "Sto monitorando attentamente le statistiche e sono in diretto e attivo contatto con le autorità cinesi", ha detto Mandelson. Prenderò un'azione appropriata nel tempo appropriato". Intanto all'inizio della prossima settimana "la delegazione della Commissione europea a Pechino incontrerà le autorità cinesi per discutere del problema del settore tessile".

Per molti paesi in via di sviluppo il settore del tessile e abbigliamento rappresenta uno dei maggiori settori industriali di esportazioni che in termini di occupazione. Per alcuni fra i paesi a più basso reddito si tratta di una vera e propria 'dipendenza' perchè le esportazioni rappresentano più del 50% del totale (Banghladesh, Cambogia, Pakistan, Sri Lanka, Turchia). La liberalizzazione di questo settore è stata decisa nell'Uruguay Round, quando venne approvato un accordo transitorio che doveva essere graduale ma di fatto non lo è stato. Ma con l'entrtata nell'Organizzazione Mondiale del Commercio la Cina ha raccolto tutti i vantaggi di questo accordo. E gli altri paesi in via di sviluppo hanno visto chiudersi un ciclo industriale vedendo come unica soluzione quella di siglare accordi regionali con Unione Europea e Usa dimenticando del tutto il miglioramento delle condizioni dei loro lavoratori.

Gia lo scorso ottobre il governo del Banghladesh ha annunciato un allentamento della regolamentazione sul lavoro femminile, quello filippino intende esentare l'industria tessile dalla legislazione dei minimi salariali, in Tunisia l'industria chiede più flessibilità sugli orari di lavoro.

Lo stesso governo cinese ha parlato di allentare i limiti degli orari lavorativi e la necessità di garantire pensioni e altri contributi sociali. La campagna ?Questo mondo non è in vendita!? ribadisce che nessuno può risolvere il problema da solo e che non si esce dal problema se non avviandosi a garantire dignitose condizioni di lavoro per tutti.

Gli Stati Uniti avevano concordato con la Cina delle misure di salvaguardia che prevedono che fino al 2008 gli Usa possano bloccare le esportazioni cinesi nel caso queste raggiungano valori considerati come eccessivamente distruttivi per i mercati interni. Dal canto suo l'Unione Europea non chiede sovvenzioni da destinare a questo settore, né un trattamento privilegiato e neppure altre forme di protezione che sostituiscano i contingenti d'importazione. L'Unione Europea punta sui negoziati in corso per ridurre le tariffe doganali dei prodotti industriali ed in particolare a quelli del tessile nella prossima area di libero commercio euromediterranea. Intanto le piccole e medie imprese europee chiedono delle procedure più semplici per invocare le misure anti-dumping previste dalle regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio. Ma la Cina sottolinea che le clausole di salvaguardia inserite nell'accordo di adesione all'Omc sono applicabili solo dopo gli effetti negativi sul mercato e non in maniera preventiva.

Fonte: Finanza.espressonline.it, Trade Watch

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