Schiavitù: il caso Mauritania e l'assenza dell'Italia

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Dopo 25 anni dall'abolizione ufficiale della schiavitù, la popolazione della Mauritania continua a soffrire le conseguenze di secoli di schiavitù legalizzata. Nel paese africano la schiavitù continua ad essere un grande problema. Dall' organizzazione di auto-aiuto "SOS Schiavi " (SOS Esclaves) arriva la storia della 14-enne Khadama che nell'ottobre del 2005 è riuscita a fuggire dalla sua condizione di schiava. Cresciuta in campagna, Khadama era stata mandata dalla famiglia nella capitale Nouakchott, presso una famiglia che le aveva promesso una buona educazione scolastica. Ma invece di andare a scuola, la ragazza e sua cugina M'barka sono state costrette per anni a lavorare gratuitamente in casa della famiglia. Solo quando la "padrona" si è recata in Senegal in occasione del Ramadan, Khadama ha osato la fuga.

Khadama ha trovato aiuto presso l'organizzazione per i diritti umani "SOS Schiavi " (SOS Esclaves), che ha denunciato il suo caso alla polizia e al Ministero degli Interni. Ma invece di indire un processo contro la schiavista, è stato avviato un procedimento contro la cugina di Khadama, anch'essa in condizioni di schiavitù. La ragazza infatti è stata accusata di "rapporti sessuali illeciti" poiché è stata violentata dai padroni ed è ora incinta senza essere sposata. Il caso delle due ragazze è sintomatico del destino di migliaia di africani neri in Mauritania che vivono prevalentemente nelle zone rurali del paese in condizioni simili alla schiavitù. I cosiddetti Harati costituiscono il gradino più basso della società mauritana. Per anni le organizzazioni di auto-aiuto come "SOS Schiavi" sono state criminalizzate e i loro membri arrestati. Una nuova piccola speranza è data dal fatto che nel maggio 2005 l'organizzazione "SOS Schiavi" ha potuto finalmente essere registrata come organizzazione ufficialmente riconosciuta.

Il 2 dicembre cade l'anniversario della Convenzione per la repressione e abolizione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione, sottoscritta il quel giorno del 1949 dall'Assemblea generale dell'Onu a New York. E proprio in occasione della Giornata Internazionale per l'Abolizione della Schiavitù Indetta dalle Nazioni Unite, il sito 'Nuoveschiavitu.it' lancia un appello affinché l'Italia firmi il Protocollo addizionale delle Nazioni Unite per Prevenire, Reprimere e Punire la Tratta di Persone, in particolare Donne e Bambini.

Proprio in questi giorni gli Stati Uniti d'America si sono uniti agli altri 94 Paesi che hanno già firmato il documento conosciuto come Protocollo di Palermo e stipulato in Sicilia nel dicembre del 2000 al fine di promuovere una strategia internazionale di lotta alla tratta di esseri umani. 'Nuoveschiavitu.it' chiede quindi che nell'agenda politica dell'attuale governo le questioni riguardanti il Protocollo e la sua ratifica assuma un'alta priorità e si superino gli ostacoli che ne impediscono la ratifica. [AT]

Fonte: Nuove Schiavitù, Associazione per i Popoli Minacciati

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