Palestina: scontro politico e appello sui diritti civili

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Molte sono le domande dopo la vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi. La situazione inedita nell'Autorità Palestinese di coabitazione fra un presidente e un premier di segno politico opposto, non sembra prospettare infatti una futura collaborazione tra le due componenti. Due almeno i punti di collisione tra il presidente Abu Mazen e il futuro capo di governo di Hamas: il rilancio delle trattative con Israele e il controllo dei servizi di sicurezza. Abu Mazen chiede il reciproco riconoscimento con Israele che Hamas non vuole accettare. Rispetto allo scontro per il controllo dei servizi di sicurezza, Abu Mazen ha detto che rimarranno una delle sue prerogative insieme alle relazioni esterne e i negoziati con Israele. Non è dello stesso parere Hamas che, tramite Atef Atwan, un leader emergente, ha fatto sapere che intende prendere il pieno controllo della sicurezza palestinese dopo la formazione del nuovo governo.

In questo momento di formazione del governo dell'Autorità Palestinese, Amnesty International ha chiesto ad Hamas di impegnarsi in modo inequivocabile di rispettare i diritti di tutti i palestinesi a prescindere dallo schieramento politico e ripudiare la politica di colpire i civili israeliani. Per l'organizzazione per i diritti umani, Hamas dovrà rinunciare pubblicamente agli attacchi contro i civili e impegnarsi a collaborare per portare di fronte alla giustizia chi li pianifica e chi vi prende parte. L'impegno di Hamas a rispettare la cosiddetta "quiete" o "calma" (tahadieh, in arabo), in passato ampiamente mantenuto, è un passo positivo ma insufficiente. Negli ultimi anni, i frequenti lanci, da parte di militanti di Hamas, di missili Qassam dalla Striscia di Gaza verso le città israeliane ha terrorizzato i residenti israeliani, provocando in alcuni casi diversi morti e feriti. Sarà necessaria una politica per porre fine alla violenza tra le fazioni e spezzare il ciclo dell'impunità che da troppo tempo protegge gli autori di uccisioni e di altri abusi dei diritti umani.

"Contemporaneamente, le autorità israeliane dovranno impegnarsi a rispettare il diritto internazionale e la comunità internazionale, comprese le Nazioni Unite e l'Unione europea, dovrà fare i passi necessari per assicurare che ciò accada" - ha affermato Amnesty International. In particolare, Israele dovrà porre fine alle esecuzioni extragiudiziali e alle altre uccisioni illegali di palestinesi, alla distruzione e alla confisca di case e terreni palestinesi, all'espansione degli insediamenti, alla costruzione del muro o recinzione di 600 chilometri attraverso la Cisgiordania, alle chiusure e ai blocchi che limitano in modo arbitrario il movimento dei palestinesi nei Territori Occupati e il loro accesso al lavoro, all'educazione e ai servizi sanitari. "La comunità internazionale non può continuare a ignorare il fatto che queste violazioni alimentano il ciclo della violenza. Subordinare i diritti umani a considerazioni politiche finirà solo per compromettere la prospettiva di una pace e di una sicurezza durature tra israeliani e palestinesi" - ha ammonito Amnesty International.

Intanto sembra che la vittoria di Hamas ha riavvicinanto le varie organizzazioni di donne palestinesi, preoccupate dalla linea del futuro governo islamico rispetto ai diritti civili. Il rischio concreto starebbe nella perdita dei diritti conquistati con lunghi anni di lotte e di pressioni esercitate sul Consiglio legislativo palestinese (Clp), ora controllato per quasi 2/3 da Hamas. Da fonte Ansa, si apprende che il neo deputato Mohammed Abu Teir, numero due sulla lista di Hamas alle politiche, ha precisato che il movimento islamico ritiene la "sharia" la principale fonte di legge. Le donne perciò guardano con preoccupazione alla composizione del nuovo parlamento nonostante il numero delle parlamentari sia passato da sei a 16 rispetto all'assemblea precedente.

Tra di esse figurano la nota attivista dei diritti civili Hanan Ashrawi, rieletta con la lista "Terza Via", ma anche sei deputate di Hamas che durante la campagna elettorale hanno proposto un nuovo modello di donna, più vicina al rigore islamico e meno ai canoni occidentali. Da segnalare che a Roma è previsto sabato 4 febbraio alle ore 16.30 un incontro pubblico con Luisa Morgantini, europarlamentare che ha partecipato come osservatrice alle elezioni in Palestina. L'incontro è promosso dalle Donne in Nero e si tiene presso la 'Casa internazionale delle donne' in via della Lungara 19 a Roma. [AT]

Altre fonti: Pace in Medio Oriente

Approfondimento: La vittoria di Hamas apre la strada all'unilateralismo

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