Myanmar: proseguono le manifestazioni, si teme repressione

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In Myanmar, dopo che migliaia di monaci birmani hanno sfidato stamane i pesanti avvertimenti della giunta militare iniziando un nuovo giorno di marcia nonviolenta contro la giunta militare e per la democrazia, si susseguono i timori di un intervento repressivo. Oggi camion carichi di poliziotti in assetto anti sommossa sono arrivati dentro la capitale: la polizia si è schierata nella parte della città chiamata Botataung, vicino ai luoghi teatro delle ultime manifestazioni minacciando misure repressive contro chi oserà ancora manifestare. Le forze di sicurezza sono rimaste all'interno dei veicoli ma molti temono che si verifichi una repressione se è vero come ha riferito una fonte diplomatica da Yangon che la giunta militare ha tenuto una riunione d'emergenza nel cosiddetto "Ufficio di guerra" istituito nella nuova capitale Naypyidaw per preparare lo schieramento contro la manifestazione.

"Si parla di gruppi di militari pronti a infiltrarsi tra i monaci (con notizie non confermate di militi con la testa rasata e tuniche rosse ordinate dalle autorità), ma anche del fatto che i familiari di Than Shwe, guida del regime del Myanmar, sarebbero stati trasferiti in Thailandia per motivi di sicurezza, o che da domani cesseranno le attività dei due provider che garantiscono l'accesso a internet nel paese" - riporta l'agenzia Misna. "In queste ore è in atto anche una sorta di guerra psicologica"- dice una fonte della Misna. "Le autorità stanno cercando di intimorire in modo diverso monaci e civili. I primi sono stati avvertiti via gerarchica (i capi religiosi sono molto spesso vicini al regime - ndr), i secondi vengono ammoniti a non prendere parte alle manifestazioni".

Amnesty International chiede al governo di Myanmar di garantire lo svolgimento delle manifestazioni pacifiche e denuncia la situazione di sostanziale negazione dei fondamentali diritti umani che prosegue da molti anni in Myanmar. "Le manifestazioni pacifiche in corso in Myanmar devono svolgersi senza intimidazioni e impedimenti da parte delle autorità" - afferma la Sezione italiana di Amnesty International, preoccupata per i rischi di possibili violazioni dei diritti umani in un contesto di forte e crescente protesta sociale.

Le manifestazioni, che si stanno svolgendo da giorni nella capitale Yangon e in altri centri del paese, hanno avuto inizio il 19 agosto a seguito dell'improvvisa impennata del prezzo del carburante. Secondo l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM), le massicce proteste dei monaci buddisti si stanno ora diffondendo anche in regioni e stati a prevalenza cristiana come lo Stato federale settentrionale di Kachin. Lo scorso mese, le forze di sicurezza e i gruppi paramilitari legati al governo hanno attaccato i dimostranti, almeno 150 dei quali sono stati arrestati: Amnesty International sta verificando la loro attuale situazione.

In apertura della 62ma Assemblea generale dell'Onu, riunita oggi al Palazzo di Vetro, il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon ha rinnovato alle autorità del Myanmar l'appello alla massima moderazione: "È necessario che si vada subito al dialogo tra le parti" - ha detto, annunciando che il suo inviato Ibrahim Gambari si recherà molto presto nel paese del sud-est asiatico.

Da molti anni in Myanmar vi è una situazione di sostanziale negazione dei fondamentali diritti umani: Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace e leader della Lega nazionale per la democrazia, è privata della libertà da 17 anni; le leggi in vigore criminalizzano l'espressione pacifica del dissenso politico; gli arresti avvengono spesso senza mandato e i detenuti sono costretti a trascorrere lunghi periodi d'isolamento; la tortura è praticata regolarmente nel corso degli interrogatori; i processi nei confronti degli oppositori politici seguono procedure non in linea col diritto internazionale e agli imputati viene frequentemente negato il diritto a scegliere un avvocato, se non addirittura ad averne uno.

Il Gruppo studentesco denominato "Generazione 88" ha subito in questi mesi una dura repressione. Molti suoi esponenti sono stati accusati di "terrorismo e sovversione", sulla base della legge 5/96, che punisce la pacifica espressione delle opinioni politiche. Alla fine dello scorso anno, la maggior parte delle figure di primo piano dell'opposizione erano in carcere o sottoposte a forme di detenzione amministrativa e il numero dei prigionieri politici era salito a 1185 - riporta Amnesty International. [GB]

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