Iraq: agli sciiti le elezioni senza osservatori

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Abdul Aziz al Hakim, il leader della lista sciita che fa capo all'Ayatollah Ali al Sistani, ha annunciato ieri una vittoria travolgente nelle elezioni di domenica. Hakim ha detto "sappiamo che la maggior parte dei voti e' andata alla nostra lista", ma ha aggiunto che per la ricostruzione dell'Iraq occorre anche il contributo dei Sunniti. Gli Sciiti, il 60% dei 24 milioni di iracheni, hanno votato in massa nelle elezioni per il parlamento transitorio, molto partecipate anche dai Curdi - che costituiscono il 20% della popolazione - ma in buona parte boicottate invece dai Sunniti. Un funzionario della commissione ha detto che in 24 ore al Centro nazionale di Baghdad - che ha cominciato ieri lo scrutinio - sono state scrutinate circa 11.000 schede. Per motivi di sicurezza al centro nazionale per lo spoglio e' giunto ad oggi solo un terzo delle urne.

Molti sentono l'Iraq come una nazione nuova. Sebbene il presidente iracheno ad interim Ghazi al Awar abbia chiesto alle truppe occidentali di restare ancora in Iraq, prolungando di fatto lo status quo, l'ambasciatore dell'Iraq presso l'ONU, Samir Sumidae ha detto alle Nazioni Unite che "il Consiglio di Sicurezza dovrebbe svincolare l'Iraq dall'eredita' di Saddam" revocando le sanzioni tuttora in atto. In un articolo molto critico verso le ultime elezioni Padre Jean Marie Benjamin, impegnato in Iraq da molti anni, pone una semplice domanda: "se si va verso la democrazia, perché mandano all'esercito di pace italiano degli aerei da combattimento? I super-ricchi e super-potenti sono veramente meravigliosi: prima succhiano fino all'ultima goccia di sangue di un popolo già all'agonia e poi fanno i buoni samaritani nel mandare aiuti umanitari, nell'impegnarsi per la ricostruzione, nel portare la libertà.

E' un po' come se Dracula, dopo aver succhiato il sangue alle sue vittime, chiedesse che venga fatta loro una trasfusione" continua padre Benjamin che in una frase ad effetto rilancia una frase televisiva detta in questi giorni: "in Iraq oramai la Democrazia Export funziona", speriamo che non sia come la corrente elettrica che manca in ancora in molte parti del paese.

"I risultati delle elezioni irachene sono ancora incerti e lo saranno probabilmente per sempre. Non sapremo mai se i partecipanti al voto sono stati veramente il 50% degli aventi diritto, come affermano i comunicati della commissione elettorale, o meno, o più. L'assenza totale di osservatori indipendenti e la mancanza di contraddittorio tra i partecipanti non consentirà mai di accertare la veridicità di queste cifre. Ma qualunque sia stato il vero numero degli elettori e chiunque sarà dichiarato vincitore di questa competizione elettorale, il risultato non cambia: il progetto di divisione del paese è andato in porto". Queste parole sono scritte da Un Ponte per, organizzazione impegnata in Iraq fin dalla prima guerra del Golfo. "In base ad una legge che gli iracheni non hanno mai avuto la possibilità di discutere è stato nominata un'assemblea costituente che non comprende una parte significativa della società irachena, non è da essa riconosciuta e, quindi, per definizione, non può essere costituente". "Nasce quindi oggi un nuovo fondamentale compito per chi ama la pace: la ricerca del dialogo tra le componenti della società, della conciliazione e dell'unità del paese nelle sue molteplici componenti, che scongiuri la guerra civile e permetta all'Iraq di riconquistare la sovranità". [AT]

Fonte: Osservatorio sulla legalità

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