Dossier Viminale. L’Italia: Paese mai così sicuro, ma non per le donne

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Un Paese mai stato così sicuro, ma non per le donne, i giornalisti e gli amministratori locali. E’ la fotografia che emerge dal “Dossier Viminale” (qui in .pdf) pubblicato come ogni anno a Ferragosto in occasione della riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica. A catalizzare l’interesse di politici e opinionisti è stato soprattutto l’incremento del numero di migranti sbarcati sulle nostre coste (49.280 di cui 40.727 per “sbarchi autonomi”).

Ma sono altre le informazioni del Dossier a cui andrebbe posta attenzione: sono dati che sconfessano “l’emergenza sicurezza”, agitata per anni dalle destre, e sollevano interrogativi su problemi poco dibattuti. Il dossier riporta innanzitutto il calo generale dei crimini (-7,1%) ed in particolare dei furti (-12,8%) e delle rapine (-3,8%) mentre, complice anche l’emergenza Covid, ad aumentare sono stati i reati informatici (+27,3%) e le truffe (+16,2%).

Ma soprattutto è da notare la diminuzione degli omicidi volontari (da 295 dell’anno precedente a 276, con un decremento del 6,4%), che toccano così il minimo storico e fanno dell’Italia di oggi uno dei Paesi più sicuri nel mondo. Sono diminuiti anche gli omicidi nell’ambito familiare-affettivo (-8,3%), ma i 144 omicidi rilevati in questa sfera rappresentano più della metà (il 52,2%) del totale nazionale e confermano una tendenza degli ultimi anni: la crescente pericolosità del contesto familiare-affettivo. Soprattutto per le donne: gli 88 omicidi di donne in quest’ambito mostrano che tre omicidi su cinque (il 61,1%) hanno come vittima proprio una donna. Più in generale, i 105 omicidi di donne registrati nell’ultimo anno rappresentano il 38% di tutti gli omicidi volontari in Italia: sebbene siano in calo (l’anno precedente erano 122) indicano un problema che non può essere sottovalutato. 

La pericolosità per le donne della sfera familiare si riscontra anche negli ammonimenti dei Questori: quelli per violenza domestica sono saliti a 1.160 (tre anni fa erano 667) mentre è rimasto costante il numero di allontanamenti (403). Risultano invariate anche le denunce per stalking (quasi 16mila) di cui, in tre casi su quattro, sono vittime le donne. 

Un altro minimo storico è rappresentato dai 13 omicidi attribuibili alla criminalità organizzata (erano stati 22 l’anno precedente). In proposito è rilevante ed inquietante il raffronto col numero di omicidi commessi da legali detentori di armi: il Viminale non riporta dati, ma quelli reperibili nel database dell’Osservatorio OPAL di Brescia indicano che nel periodo agosto 2020-luglio 2021 vi sono stati 30 omicidi con armi regolarmente detenute. Questo significa che i legali detentori di armi sono responsabili di più del doppio degli omicidi commessi dalla criminalità organizzata: in altre parole, oggi in Italia è maggiore il rischio di essere uccisi da un legale detentore di armi che dalla mafia o da un rapinatore.

E’ un fenomeno persistente negli ultimi anni che dovrebbe indurre ad una specifica attenzione da parte del Viminale e delle forze politiche: i fatti recenti, tra cui lo sterminio a Rivarolo Canavese di quatto persone (la moglie, il figlio disabile e una coppia di anziani vicini di casa) da parte di un anziano che a 83 anni deteneva armi con una licenza di tiro sportivo e la strage di Ardea in cui un anziano e due fratellini sono stati uccisi con un’arma ereditata dovrebbero portare ad una revisione in senso più restrittivo delle norme sulle licenze e a maggiori controlli sui legali detentori di armi. 

La questione riguarda anche altri due fenomeni preoccupanti che il Dossier segnala: l’aumento degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali (nel primo semestre 2021 sono stati 369 gli amministratori minacciati, tra cui 189 sindaci) e verso i giornalisti (110 giornalisti minacciati, in buona parte per attività socio-politica). Norme troppo blande come quelle attuali sulla detenzione di armi possono favorire – come rilevava un rapporto Censis del 2018 – “una formidabile tentazione ad usarle” considerato che “molti assassini sono in possesso di regolare licenza”. Anche per questo è urgente aprire una seria riflessione sulle armi in Italia. 

Giorgio Beretta
(Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa - OPAL)

Giorgio Beretta

Analista del commercio internazionale e nazionale di sistemi militari e di armi comuni. Svolge la sua attività di ricerca per l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (Opal) di Brescia e collabora con la Rete Pace e Disarmo. Ha pubblicato diversi studi, oltre che per l’Osservatorio Opal, anche per l’Osservatorio sul commercio delle armi (Oscar) di Ires Toscana (Istituto di ricerche economiche e sociali) della Cgil di Firenze, per l’Annuario geopolitico della pace di Venezia e numerosi contributi, anche sul rapporto tra finanza e armamenti, per diverse riviste e quotidiani nazionali. 

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