Caritas: immigrazione, appello per una vera integrazione

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Mentre le 44 Caritas diocesane del Coordinamento nazionale asilo, impegnate sul territorio in 16 regioni italiane, si confrontano a Crotone sul diritto di asilo, il Santo Padre, proprio in occasione dell'odierna Giornata Mondiale dei Rifugiati, ha rinnovato ieri il suo appello alla comunità cristiana perché "chiunque si trova lontano dal proprio Paese senta la Chiesa come una patria dove nessuno è straniero". I richiedenti asilo sono una categoria di migranti particolarmente vulnerabile, ma la riflessione e l'azione delle Caritas è rivolta a tutti gli immigrati. Infatti le Caritas diocesane, convenute a Fiuggi per il loro 30° Convegno nazionale, hanno lanciato un appello proprio sulla questione immigrazione. L'appello è stato accolto dal Consiglio nazionale della Caritas Italiana, riunitosi venerdì 17 giugno 2005, dopo la conclusione del Convegno. Riportiamo di seguito il testo.

Gli ultimi avvenimenti di cronaca, verificatisi in alcune città d'Italia, ripropongono la clandestinità come problema della sicurezza, con la conseguente richiesta di un maggiore inasprimento delle pene, a fronte di una drammatica situazione carceraria, sia sul piano della crescita del numero delle persone detenute, sia per quanto attiene le condizioni di vita all'interno delle strutture penitenziarie.
Le Caritas diocesane, riunite a Fiuggi per l'annuale Convegno nazionale, riaffermano:
1. la necessità di una progettualità sociale dell'accoglienza;
2. l'insufficienza di una politica immigratoria legata eccessivamente a quote che non riescono a soddisfare le richieste dell'imprenditoria e le esigenze sociali di assistenza ad anziani e malati;
3. l'incapacità da parte delle istituzioni di dialogare con le organizzazioni di immigrati, affinché queste diventino una risorsa per la sicurezza del territorio, al fine di favorire un'autentica politica di integrazione;
4. la falsa illusione che il carcere possa essere strumento di prevenzione della microcriminalità, visto che le vere cause si sviluppano nei processi di esclusione sociale.
Come cristiani impegnati ad incontrare quotidianamente i volti della povertà e dell'emarginazione, a trasformare territori spesso lacerati da contraddizioni del sistema, le Caritas propongono:
- una politica territoriale che aumenti la capacità degli enti locali, ed in particolare dei Comuni, di assumersi la responsabilità diretta nell'accoglienza e nell'integrazione;
- la revisione del sistema delle quote, nella consapevolezza che l'immigrato non è solo forza-lavoro, ma prima di tutto una persona alla quale vanno riconosciuti diritti fondamentali come la salute, la casa, la famiglia;
- la ricerca di forme sempre più allargate di partecipazione degli immigrati alla vita sociale e politica, nel rispetto delle loro culture;
- il superamento del ricorso sistematico ai CPT (Centri di permanenza temporanea), come risposta unica al problema della clandestinità, annullando di fatto qualsiasi progetto di vita, che preveda condizioni più dignitose;
- la possibilità di accedere a misure alternative sul territorio, come diritto, anche per i detenuti stranieri.

Respingendo qualunque tentativo di criminalizzazione della clandestinità e dell'immigrato - che rischia di essere un' ulteriore causa di paure sociali che generano meccanismi di intolleranza, di violenze, di vendette e di appelli all'abuso della carcerizzazione - le Caritas si impegnano a continuare nell'opera di sostegno verso gli immigrati e le comunità in cui sono inseriti, favorendo una cultura di accoglienza e integrazione, unica seria risposta anche per la sicurezza sociale.

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