Bosnia: nove anni dal massacro di Srebrenica

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Il 9 luglio ricorre il nono anniversario del massacro di Srebrenica e ancora rimangono impuniti i principali responsabili. Dopo che le truppe serbo bosniache comandate dal generale Mladic entrarono nell'enclave musulmana di Srebrenica, zona dichiarata protetta dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, vennero uccisi 7000 civili. Rimangono ancora latitanti i due principali leader serbo bosniaci incriminati dalla Corte internazionale dell'Aia, Karadzic e Mladic. "Dopo che il Tribunale dell'Aja ha scritto definitivamente la parola "genocidio", le migliaia di vittime di Srebrenica rappresentano in Bosnia insieme il simbolo della tragedia avvenuta e un macigno posto sulla strada di una possibile riconciliazione", scrive Andrea Rossini sulle pagine dell'Osservatorio Balcani.

Secondo Amnesty International al di là dei procedimenti giudiziari, vanno ricordati il tardivo pentimento dell'Onu per il suo totale e colpevole fallimento nelle operazioni bosniache dei Caschi blu; il rapporto del governo olandese che ha portato nel 2002 a un'inchiesta sul comportamento delle forze Onu olandesi che spianò la strada al massacro; il rapporto del Parlamento francese sull'operato del generale Morillon dell'Unprofor, su cui iniziativa nel 1993 venne istituita la "zona protetta" di Srebrenica. Grazie alle forti pressioni internazionali e delle stesse famiglie degli "scomparsi", il 15 dicembre 2003 il governo della Repubblica Serba di Bosnia (RS) ha istituito una "Commissione sui fatti di Srebrenica e dintorni accaduti fra il 10 e il 19 luglio del 1995". La Commissione si è occupata della sorte dei bosniaci musulmani di Srebrenica e dintorni oltre che di Potocari, delle fosse comuni e di chiarire le identità degli scomparsi e la loro sorte ed ha presentato il suo rapporto l'11 giugno. Ciò nonostante, la collaborazione delle autorità della RS con la Corte dell'Aja rimane scarsa tanto da aver indotto l'Alto rappresentante Paddy Ashdown a rimuovere, il 30 giugno scorso, 60 tra politici e funzionari serbo bosniaci.

Srebrenica rimane oggi una città dimenticata e impoverita, in cui delle 5.000 case distrutte solo 200 sono state finora ricostruite. Nella città esiste un unico pozzo di acqua potabile sicuro e la popolazione non può contare sull'assistenza medica perché l'unico ospedale esistente è chiuso e i 56 paesi situati attorno alla città vengono visitati da un'infermiera solo ogni due settimane. Quasi tutti i negozi e imprese di Srebrenica sono chiusi e funziona solo un negozietto di generi misti. Per questo l'Associazione per i Popoli Minacciati si rivolge verso l'UE, la NATO e la neutrale Svizzera in per chiedere un impegno per un'iniziativa autonoma di aiuti ai sopravvissuti del genocidio di Srebrenica. Fino ad oggi persistente assenza di collaborazione tra le istituzioni della Repubblica Serba di Bosnia ha causato la esclusione della BiH dal programma Nato di Partnership per la Pace, decretata nel corso del recente vertice di Istanbul. La questione - come chiarito dai rappresentanti della Commissione Europea - è ormai imprescindibile anche per il percorso di avvicinamento della Bosnia alla UE. L'Alto Rappresentante Ashdown ha reagito a questa situazione di stallo con la azione più dura mai intrapresa nel corso del suo mandato. Mercoledì scorso, 30 giugno, ha disposto la rimozione di 60 tra politici e funzionari della RS, responsabili di aver ostruito la collaborazione con l'Aja. [AT]

Altre fonti: Associazione per i Popoli Minacciati

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