Acqua: resistenze all'obbligo della minerale monodose

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Dal 19 luglio non sarà più possibile richiedere un bicchiere di acqua minerale al bar ma solo una "bottiglia monodose sigillata". Lo ha stabilito il ministro delle Attività produttive Antonio Marzano, firmando un decreto che definisce che i baristi e ristoratori dovranno servire ai consumatori acqua rigorosamente sigillata in contenitori da 125, 250, 330 o 500 millilitri, evitando così l'acqua del rubinetto. Le presunte motivazioni alla base del provvedimento ministeriale sono: la tutela della salute e dell'igiene dei consumatori, la garanzia sul piano delle responsabilità. Le giustificazioni fornite dalla Federazione italiana dei grossisti e distributori di bevande (Italgrob) sembrano infatti rafforzare il pregiudizio già oggi diffuso e sostenuto dalla martellante pubblicità delle imprese multinazionali che controllano e gestiscono in Italia il business delle acque minerali: che solo l'acqua in bottiglia è salubre, non è inquinata e si conserva pura come alla sorgente.

Disappunto è stato espresso dal Comitato italiano per il contratto mondiale sull'acqua secondo cui questo decreto "rafforza il processo della Co-cocalizzazione dei consumi di acqua in bottiglia in Italia" - come ha detto il segretario Rosario Lembo - e rafforza la cultura che si debba bere solo acqua in bottiglia relegando il consumo dell'acqua di rubinetto, che arriva nelle nostre case e nei servizi pubblici, solo per usi non potabili. L'Italia, nonostante l'abbondanza di acqua di sorgente e di falda di buona qualità, si caratterizza già ora in Europa come il paese a più alto consumo pro-capite di acqua minerale (182 lt/ a persona). La decisione di non consentire nei bar e nei locali pubblici la vendita di acqua minerale in bicchieri, costituisce un provvedimento che contribuisce a ridurre la fiducia rispetto all'cqua di rubinetto fornita dagli acquedotti.

Le presunte motivazioni alla base del provvedimento ministeriale sono: la tutela della salute e dell'igiene dei consumatori, la garanzia sul piano delle responsabilità. Le giustificazioni fornite dalla Federazione italiana dei grossisti e distributori di bevande (Italgrob) sembrano infatti rafforzare il pregiudizio già oggi diffuso e sostenuto dalla martellante pubblicità delle imprese multinazionali che controllano e gestiscono in Italia il business delle acque minerali: che solo l'acqua in bottiglia è salubre, non è inquinata e si conserva pura come alla sorgente. Il provvedimento va a chiaro vantaggio delle aziende che imbottigliano e distribuiscono le acque minerali e gassate in Italia, e le imprese che gestiscono gli inceneritori di rifiuti. D'altro canto i consumatori che pagheranno cara la bottiglietta di acqua monodose al bar e poi si vedranno aumentare, come cittadini, dagli enti locali le tariffe delle tasse di smaltimento delle bottiglie di plastica. Per effetto dell'introduzione delle bottigliette mono-uso da 125 o 250 cl. al posto dell'acqua in bicchiere, si raddoppierà il volume della plastica da smaltire che già oggi è pari a oltre 5 miliardi di bottigliette di cui solo 1 miliardo va a finire in discarica, mentre i restanti 4 vano negli inceneritori a tutto "beneficio" dell'aria che respiriamo.

Da parte del Comitato sull'acqua arriva l'invito alle associazioni ambientaliste ed quelle a tutela dei consumatori a prendere posizione contro il provvedimento rivolgendosi poi agli Enti locali lanciando la proposta ai Sindaci e alla Federazione dei pubblici esercenti - che ha già espresso la sua contrarietà al provvedimento- per lanciare di concerto con il Comitato Italiano una campagna nazionale di promozione del consumo dell'acqua del rubinetto apponendo in ogni bar e esercizio pubblico il cartello: questo locale serve in bicchieri acqua di rubinetto.

Per voce del presidente Guido Barbera, il Cipsi, coordinamento di 36 associazioni di cooperazione internazionale, aderisce e partecipa con forza alla Campagna invitando tutti i cittadini a servirsi esclusivamente dei locali pubblici che parteciperanno alla Campagna continuando a servire il caro bicchiere d'acqua di rubinetto.

"Il mercato dell'acqua in bottiglia non solo distrae l'opinione pubblica dal nucleo del problema che risulta essere invece quello della salvaguardia di un bene che deve rimanere pubblico (gli acquiferi naturali, laghi, fiumi, falde), ma mina alla radice le logiche della sostenibilità ambientale dal momento che enormi quantità di CO2 vengono prodotte a causa del trasporto su gomma delle centinaia di milioni di litri d'acqua, da un capo all'altro del Paese" precisa il movimento per il consumo critico Cunegonda che a questa analisi aggiunge che "l'acqua in bottiglia è un business ai danni dello Stato" in quanto lo sfruttamento delle risorse idriche viene fatto in cambio di tariffe incredibilmente basse. Inoltre, la bottiglia in plastica fa risparmiare le imprese ma grava sulle casse pubbliche. Il costo di una bottiglia in PET è di circa un cent contro i 25 cent per una bottiglia in vetro. I costi dello smaltimento ricadono invece sulle regioni che spendono di più di quanto incassino dai canoni delle concessioni di sfruttamento delle fonti. Profitto per le imprese, indebitamento per lo stato. Il rogo dei depositi (acidentale, ovviamente) è uno dei tanti modi per tagliare i costi di smaltimento.[AT]

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