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Srebrenica: a dieci anni, inchiesta dell'Osservatorio Balcani
Giustizia e criminalità
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Osservatorio sui Balcani dedica un dossier-inchiesta su Srebrenica, la città simbolo della pulizia etnica e della violenza razzista, per cercare di capire la Bosnia Erzegovina oggi, dieci anni dopo Dayton. Il Tribunale dell'Aja ha definito "genocidio" quanto è avvenuto a Sbrenica nel luglio di dieci anni fa. Le vittime, i prigionieri uccisi dall'esercito di Mladic dopo la caduta della città, furono oltre 7.000 secondo le recenti conferme (14 ottobre 2004) del governo della Republika Srpska, l'entità serba di Bosnia. I sopravvissuti però, per lo più donne, stanno ancora cercando gli scomparsi da una lista di oltre 10.000 persone.
In Europa oggi Srebrenica rappresenta questo, il primo genocidio avvenuto dal tempo della Seconda Guerra Mondiale, e dell'Olocausto. Allo stesso tempo, Srebrenica rappresenta la vittoria del nazionalismo, l'umiliazione della comunità internazionale, la sconfitta di ogni istanza di convivenza. Dopo Srebrenica, è possibile vivere insieme?
Una prima risposta viene dall'indagine condotta dai giornalisti dell'Osservatorio presso il Centro di Identificazione delle Persone Scomparse di Tuzla e a Potocari, presso il Memoriale e i luoghi dove dieci anni fa sono avvenuti i massacri. Accompagnati da una donna, Hanija M., sopravvissuta alla strage di Srebrenica che ricorda. "Non possiamo riconciliarci con loro, ma con il resto del popolo serbo che non ha partecipato ai crimini, che è innocente, possiamo e di fatto viviamo insieme con loro. Ecco, come potete vedere anche i nostri ritornano qui in Republika Srpska, benché ci abbiamo fatto tre genocidi: il primo genocidio è stato commesso quando ci hanno portato via dal nostro posto, dalle nostre case, perché mi hanno distrutto tutto ciò per cui ho lavorato tutta la vita, il secondo è genocidio è perché hanno ucciso così tante persone del popolo bosgnacco, e il terzo genocidio è stato commesso da chi ha dato la nostra terra alla Republika Srpska, quello è il più grande genocidio. E noi non abbiamo il diritto di tornare a casa nostra, perché nella vita non abbiamo il diritto di vivere, se ci comandano quelli che ci hanno ucciso".
Il dossier presenta anche il lavoro di Irfanka Pasagic e dell'associazione "Tuzlanska Amica", da anni in contatto con associazioni ed enti locali italiani per sostenere le vittime della guerra. Irfanka Pasagic è psichiatra e dal 1992, con l'associazione Tuzlanska Amica, lavora con le vittime della guerra e dei lager, in prevalenza donne e minorenni. "In BiH ci sono circa un milione e mezzo di persone che soffrono di problemi psichici dovuti alla guerra, il cosiddetto PTSD (Post Traumatic Stress Disorder)⅀. Per poter fare in modo che le vittime metabolizzino il loro vissuto cerchiamo di trovare il modo di dialogare con loro, di far emergere quanto è accaduto, ma la difficoltà è enorme, soprattutto con le famiglie di Srebrenica. Non riusciremo a risolvere i loro traumi, finché l'esumazione e l'identificazione dei corpi non sarà effettuata".
Interessante anche l'intervista a Abdulah Purkovic, ristoratore, bosgnacco, è tra i primi ad essere rientrato a Srebrenica dove ha aperto un ristorante. Adbulah presenta il suo sguardo da "imprenditore" su Srebrenica e su una Bosnia in piena difficoltà. I problemi maggiori percepiti da Abdulah sono legati proprio allo sviluppo economico: corruzione, poca trasparenza, difficoltà legate alla divisione in due Entità della Bosnia Erzegovina. [GB]