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Solidarietà a “Libera” che strappa il terreno alle mafie
Giustizia e criminalità
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Nella disattenzione quasi generale dei mezzi di informazione, pur con le buone eccezioni, sono scivolate via le notizie degli attentati e delle azioni intimidatorie che hanno colpito, quasi contemporaneamente, i terreni e le iniziative legate alle confische dei beni delle mafie, ora gestiti dall’associazione Libera. Puglia, Calabria, Sicilia; incendi, furti, danneggiamenti. Una strategia concordata che rivela come il paese sia ancora ostaggio di una criminalità organizzata prosperosa e spavalda perché conscia della sua impunità. D’altra parte questo accanirsi contro uno sviluppo sano, contro il lavoro per i giovani e contro qualsiasi progetto di futuro dimostra il timore che le mafie hanno di fronte a movimenti diffusi di legalità capaci di far toccare con mano quanto una terra “liberata” dalla criminalità possa davvero offrire un’occasione di crescita e di speranza per tutta la comunità.
Così riporta il sito dell’associazione di don Ciotti: “La mattina del 12 giugno 2012 altri due incendi in contemporanea hanno colpito due uliveti confiscati alle mafie e affidati temporaneamente a Libera. Colpite in Sicilia dalle fiamme un uliveto a Castelvetrano, e altro uliveto in località Staglio a Partanna. Ancora fiamme, ancora incendi colpiscono terreni confiscati alle mafie. Dieci giorni fa incendio uliveto a Castelvetrano, poi duemila piante di arance a Belpasso nel catanese, ieri due quintali di grano andati in fumo ieri a Mesagne per non citare le varie intimidazioni subite a Borgo Sabotino e nella piana di Gioia Tauro in Calabria. Non possiamo più pensare a delle coincidenza, sono colpiti beni confiscati restituiti alla collettività, sono un attacco al lavoro quotidiano di chi si impegna quotidianamente contro il potere criminale. Nessuno pensi che con le fiamme di vandalizzare e fermare questo impegno. Contro queste fiamme il «noi» del nostro paese è chiamato in gioco e deve sentire forte questo impegno nella lotta alla criminalità.
«Non possono lasciare - ha dichiarato Don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera - indifferenti i recenti episodi di vandalismo a danno dei beni confiscati alle mafie, dalla Puglia alla Sicilia, dal Lazio alla Calabria. Quei beni non sono solo uno schiaffo alle organizzazioni criminali, uno strumento per indebolirle in ciò che le rende forti: l’accumulazione illecita di capitali. Sono opportunità di lavoro, di economia sana e trasparente e prima ancora di cambiamento culturale. Proprio in questi giorni 6000 giovani si apprestano a passare parte delle vacanze in quei luoghi, vere palestre di cittadinanza, dove imparano che la democrazia e la giustizia sociale sono concetti vuoti se non si fondano sulla cooperazione e l’impegno di ciascuno di noi. Libera sente un debito di gratitudine verso chiunque - ha concluso Don Luigi Ciotti- dalle forze dell’ordine alle istituzioni e amministrazioni locali - contribuisce per garantire la sicurezza di quelle realtà, ma alla luce del susseguirsi degli incendi e vandalismi è chiaro che qualcosa nel meccanismo di tutela deve essere rivisto. Così come, a monte, va potenziato lo strumento della confisca, e in particolare devono essere sbloccati quei numerosi beni ancora soggetti a ipoteca bancaria, impossibilitati quindi a svolgere la loro preziosa funzione sociale, educativa, culturale, economica»”.
Una delle attività più significative di Libera si basa proprio sulla possibilità di lavorare la terra e di coinvolgere i giovani in moltissime parti d’Italia. Questa la testimonianza di Davide Mattiello, referente di Libera per il Piemonte: “[I giovani che si avvicinano a Libera] intanto lavorano. Ed è il fatto stesso di lavorare la sfida più grande in questi territori. Si tratta di posti ad alta infiltrazione mafiosa. E dove c’è alta infiltrazione mafiosa semplicemente le persone non sono libere di decidere del proprio futuro e della propria vita. Allora, quando in territori del genere si confiscano certi immobili, il fatto stesso che grazie al lavoro di tanti (dai comuni alle forze dell’ordine, alla magistratura, alla prefettura, all’Agenzia nazionale per i beni confiscati) si generi lavoro vero, è già la rivoluzione. La vera sfida, quindi, è il fatto stesso che queste cooperative riescono a nascere a partire da beni confiscati che prima appartenevano alla mafia.
Le attività di questi ragazzi poi dipendono nel concreto dalle diverse cooperative che si generano. La maggior parte di esse sono dedite al lavoro della terra, dalla produzione del vino, alla pasta all’olio. Il paniere di attività è ormai molto ricco ma, voglio ribadirlo, la cosa fondamentale rimane il lavoro riscattato, legale, di questi giovani che scelgono di non andare via dalla propria terra”.
Gli attacchi avvenuti nel trapanese, il 12 giugno scorso, sono coincisi con il ventesimo anniversario dell’omicidio di tre carabinieri, il Capitano Mario D’Aleo, l’Appuntato Giuseppe Bommarito ed il Carabiniere Pietro Morici, che indagavano su precedenti assassini di altri esponenti delle forze dell’ordine. Ora da parecchi anni la mafia siciliana sembra non uccidere più, ma sicuramente cerca in tutti i modi di uccidere la speranza di un rinnovamento. Così si è espressa l’europarlamentare Rita Borsellino: “Questi incendi e gli altri episodi avvenuti nei giorni scorsi non lasciano più dubbi: si tratta di un vero e proprio attacco al lavoro quotidiano di chi è impegnato contro il potere criminale, di chi fa economia sana sottraendo importanti risorse alla mafia. Ai ragazzi di Libera e ai lavoratori delle terre confiscate alla mafia va tutta la mia solidarietà”.
Parole simili di sostegno e di incoraggiamento sono venute da varie associazioni tra cui Legambiente: “Le mafie rubano, accumulano ricchezze illegalmente, ammassano beni. E se lo Stato questi beni li confisca, allora bruciano tutto. Accade quasi ogni giorno, da un po’ di tempo a questa parte. Ulivi, giardini, campi di grano, casolari, fattorie, vigneti: bruciati da quei criminali per dire che quella roba resta la loro, di nessun altro. A farne le spese è soprattutto Libera, l’associazione guidata da don Ciotti, protagonista, con le sue cooperative di giovani, del ritorno alla collettività dei beni confiscati alla mafia. Un affronto alla legalità e al Paese, contro cui è necessario fare un fronte comune. Ai mafiosi diciamo che i ragazzi di Libera domani torneranno tra i campi. Anche col nostro aiuto”.
La solidarietà tuttavia non si ferma alle parole. Sempre il 12 giugno, in Contrada Canali a Mesagne (Brindisi), nei terreni confiscati alla Sacra Corona Unita e affidati alla Cooperativa Terre di Puglia Libera Terra, sono andati distrutti da un incendio doloso 200 quintali di grano, destinato alla produzione dei taralli a marchio “Libera Terra”. Così l’associazione Alce Nero, sostenitore di Libera Terra sin dall’inizio del progetto, ha deciso di donare “una macchina” di semola, pari a 50 quintali, per bilanciare l’ammanco di raccolto che l’incendio ha causato alla cooperativa Terre di Puglia.
Anche le istituzioni sembrano, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, consce della gravità della situazione. “Sono vicina alle donne e agli uomini che con coraggio e determinazione fanno rivivere le terre e le aziende confiscate alla criminalità organizzata - ha sottolineato il ministro degli interni Cancellieri - e faremo di tutto per stroncare questo odioso fenomeno e per consentire a tutte le associazioni di continuare questa preziosa attività di valorizzazione dei prodotti che sono il simbolo del riscatto della legalità nei confronti delle mafie”.
Tutti i protagonisti sono dunque concordi nel sostenere che la lotta alla mafia produce frutti proprio nella coltivazione libera e sostenibile, da tutti i punti di vista, di terreni sottratti all’influenza criminale. Lavorando la terra la mafia perde terreno. [PGC]