Sicilia: 'Addiopizzo' e polemiche sulla fiction su Totò Riina

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Sabato 5 e domenica 6 maggio, il Comitato AddioPizzo ha realizzato la Seconda edizione della "Festa Pizzo Free". Tantissime le attività che hanno animato piazza Maggione a Palermo: l'esposizione dei prodotti dei commercianti aderenti alla campagna "Contro il pizzo cambia i consumi", l'esibizione degli studenti delle scuole che hanno partecipato alle attività del Comitato, i dibattiti con i magistrati, gli esponenti del mondo dell'antiracket, dell'associazionismo antimafia e gli esperti di consumo critico, teatro, musica, animazione per bambini e danza brasiliana.

La Festa è stata centrata soprattutto sulla campagna "Contro il pizzo cambia i consumi", sicuramente l'attività centrale del comitato. Un anno fa, in occasione della Prima edizione della 'Festa Pizzo Free', erano un centinaio i commerciati aderenti alla campagna, oggi sono quasi il doppio. La campagna chiede ai commercianti palermitani di firmare un manifesto, col quale si impegnano a non pagare il pizzo. Il comitato pubblicizza sul proprio sito internet l'elenco dei commercianti aderenti, invitando i consumatori ad acquistare presso di loro, con la certezza che il loro denaro non andrà a finanziare la mafia. La lista dei consumatori aderenti al consumo critico "pizzo-free", disponibile anch'essa sul sito internet del comitato, attualmente ha raggiunto 8844 nominativi.

Un altro importante momento il Comitato lo ha vissuto il 27 aprile scorso con un incontro pubblico presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Palermo. All'incontro sono stati invitati i cinque candidati alle prossime elezioni amministrative alla massima carica cittadina. Durante l'incontro diverse sono state le proposte formulate ai politici presenti: l'inserimento nei bandi di gara pubblici di clausole antiracket, la lotta all'abusivismo, la costituzione di parte civile del Comune in tutti i processi per mafia ed estorsione, la concessione di spazi per fiere periodiche del commercio critico anti-pizzo, la concessione di spazi per la realizzazione di un Museo cittadino della memoria, dell'impegno e della lotta alla mafia, quest'ultima da parte del Centro Siciliano di Documentazione Peppino Impastato.

Intanto scoppia la polemica sulla fiction che Canale 5 sta per mandare in onda sulla figura di Totò Riina, il boss mafioso arrestato nel 1993 e tutt'ora detenuto. Contro gli infondati dubbi sull'esistenza di una trattativa per far consegnare Riina si pronuncia il capitano Ultimo criticando Claudio Fava, il parlamentare europeo figlio di Pippo Fava, che è tra le firme della sceneggiatura, chiedendogli di non "insultare" chi ha lottato contro gli "assassini di suo padre". Il budget della fiction si aggira sui 15 milioni di euro e tra gli autori c'è anche Claudio Fava, figlio del giornalista Pippo, ucciso dalla mafia nel 1984 il quale in un'intervista al Corriere della Sera ha dichiarato: "Raccontiamo i dubbi che esistono ma senza risolverli, così come non lo sono tuttora. E cioè se la cattura sia stata frutto di un'efficacia azione di intelligence o se vi sia dietro Provenzano e un suo possibile patto di non belligeranza con lo Stato"

Il Capitano Ultimo, che nel 1993 coordinò col Generale Mario Mori l'operazione che portò all'arresto di Riina, ha duramente replicato alle parole di Fava. Le sue dichiarazioni sono riportate in un comunicato stampa dal portale Censurati.it, gestito dalla giornalista Antonella Serafini. Ultimo ricorda che si è già celebrato un processo - conclusosi con la piena assoluzione di Mori e sua - del quale non sembra esserci traccia nelle parole di Claudio Fava, e lo invita "se non a rispettare, almeno a non insultare quelle persone che esponendosi personalmente hanno lottato con purezza contro gli assassini di suo padre". "E' davvero giunto il tempo di ribellarsi alla dittatura di una certa antimafia di salotto e di potere che, invece di attaccare i criminali, offende e sovraespone quelli che hanno rischiato e rischiano la propria vita per combattere la mafia sulla strada, lontano dai soldi e dai privilegi" - afferma il Capitano Ultimo.

Il riferimento è chiaramente alle minacce di morte contro di lui giunte negli anni (il pentito Gioacchino La Barbera ha dichiarato che era pronta una tangente di un miliardo di lire per il carabiniere per avere notizie utili alla cattura dell'ufficiale), al trattamento ricevuto dai vertici dell'Arma dopo l'arresto di Riina e alle insinuazioni su un accordo tra i boss mafiosi e il Capitano Ultimo per la consegna di Totò Riina.

Dubbi che per la prima volta furono espressi già nel 1993 in un libro, al quale si ispira la serie televisiva, dai giornalisti di Repubblica Giuseppe D'Avanzo e Attilio Bolzoni. Una delle basi principali del teorema accusatorio, smontato comunque nel processo conclusosi nel febbraio 2006, si basava sulla presunta asportazione della cassaforte dalla villa del boss nei 18 giorni che passarono tra la sua cattura e la perquisizione. Secondo Bolzoni e altri giornalisti (tra gli altri anche Massimo Travaglio), tesi riportata da Antonino Ingroia e Michele Prestipino nel processo, l'asportazione della cassaforte avrebbe permesso di occultare documenti importanti con l'elenco di centinaia di politici collusi con la mafia.

Ma, come già scrivevamo anche su Unimondo un anno fa, "i verbali della perquisizione e diverse fotografie dimostrano come la cassaforte al momento dell'entrata nella villa dei carabinieri era ancora lì, aperta solo successivamente con la fiamma ossidrica dagli uomini dell'Arma" .

di Alessio Di Florio

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