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No alla morte dei 6 stranieri in Libia
Giustizia e criminalità
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La Sezione Italiana di Amnesty International ha lanciato oggi un appello al leader libico Gheddafi chiedendo che non venga eseguita la condanna a morte nei confronti di sei operatori sanitari stranieri, cinque bulgari e un palestinese, accusati di aver contagiato 426 bambini con il virus dell'HIV mentre lavoravano all'Ospedale Pediatrico al-Fateh di Benghazi. I sei - Kristiana Malinova Valcheva, Nasya Stojcheva Nenova, Valentina Manolova Siropulo, Valya Georgieva Chervenyashka, Snezhanka Ivanova Dimitrova e Ashraf Ahmad Jum'a - si dichiarano innocenti e hanno riferito di essere stati torturati allo scopo di estorcere loro delle confessioni.
Amnesty International chiede che le condanne a morte vengano immediatamente commutate e che venga annunciata una moratoria sulle esecuzioni, in linea con quanto richiesto dalla Commissione sui diritti umani delle Nazioni Unite a tutti gli Stati che applicano ancora la pena di morte.
Dal 1998 nessun passo concreto sembra essere stato fatto verso l'abolizione della pena di morte in Libia. Amnesty International ritiene che l'applicazione di questa sanzione sia assai ampia anche nella bozza di codice penale attualmente in discussione, persino per atti che costituiscono niente di più che l'esercizio del diritto alla libertà di espressione e di associazione.
Amnesty International chiede inoltre alle autorità di Tripoli di porre fine alla pratica della detenzione in isolamento e senza possibilità di contattare avvocati e familiari, che viola apertamente le leggi del paese: è durante questo periodo che i prigionieri corrono il più alto rischio di essere torturati o maltrattati. La legislazione libica non definisce il reato di tortura. Per questo motivo, Amnesty International invita le autorità libiche a dichiarare esplicitamente che la tortura è assolutamente proibita in ogni circostanza, anche nel caso in cui venga compiuta da pubblici ufficiali fuori servizio, e che deve essere punita con pene appropriate che tengano conto della gravità dell'atto.
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