Liberate gli ostaggi in Iraq

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Quattro membri dei Christian Peacemaker Teams (CPT) sono stati sequestrati lo scorso sabato, 26 novembre, a Baghdad, Iraq. Non sono spie, non sono al servizio di nessun governo. Sono persone che hanno dedicato la loro vita a lottare contro la guerra e si sono pubblicamente e con determinazione opposti all'invasione e all'occupazione dell'Iraq. Sono persone credenti, ma non sono missionari. Hanno un profondo rispetto per la religione mussulmana e per il diritto degli iracheni alla autodeterminazione.

I CPT arrivarono in Iraq nell'ottobre del 2002 per opporsi all'invasione e vi sono rimasti fin da allora, in solidarieta' con il popolo iracheno. Il gruppo ha offerto un contributo inestimabile nell'informare il mondo su molti degli orrori a cui sono sottoposti i detenuti iracheni nelle prigioni americane e nei centri di detenzione. I CPT sono stati tra i primi a documentare le torture sui prigionieri della prigione di Abu Ghraib, molto prima che la storia uscisse sui grandi organi d'informazione. I membri del CPT hanno passato ore e ore a intervistare cittadini iracheni per ascoltare le loro testimonianze di abusi e torture, inferti loro da uomini e donne dell'esercito statunitense e hanno diffuso queste informazioni in tutto il mondo.

Ognuno dei quattro membri dei CPT sequestrati in Iraq ha dedicato la sua vita a resistere all'oscurità e alle sofferenze della guerra e dell'occupazione.

Convinti che non sia sufficiente opporsi alla guerra dalla sicurezza di casa propria, hanno preso la difficile decisione di andare in Iraq, sapendo che il clima di diffidenza creato dall'occupazione straniera comportava il rischio di venire erroneamente scambiati per spie o missionari. Sono andati là con uno scopo semplice: essere portatori della testimonianza delle ingiustizie e rappresentare con il proprio comportamento un modo diverso di relazionarsi, in amicizia, tra culture e fedi. I membri dei CPT si sono assunti in modo consapevole e con gioia il rischio di vivere insieme agli iracheni, in un normale quartiere fuori dalla infame Zona Verde. Non hanno cercato la protezione di armi o guardie armate, confidando nella bontà d'animo del popolo iracheno. I gesti di ospitalità e cordialità degli iracheni sono stati innumerevoli ed hanno sempre assicurato loro sicurezza e accoglienza. Vogliamo credere che questo stesso spirito prevarrà anche in questa situazione.

Rivolgiamo un appello a coloro che detengono questi attivisti affinché li rilascino senza far loro del male così che possano continuare il loro vitale lavoro di testimoni e costruttori di pace.

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