www.unimondo.org/Guide/Politica/Giustizia-e-criminalita/Le-urne-impossibili-del-Myanmar-262267
Le urne impossibili del Myanmar
Giustizia e criminalità
Stampa

Foto di copertina e testo di Vincenzo Caretti: gruppi di “svammer” rimpatriati in Cina dall’aeroporto di Mae Sot
di Theo Guzman dal confine thai-birmano
Dopo una settimana in viaggio tra Russia e Bielorussia, dove ha incontrato sia Putin sia Lukashenko, il generale golpista e premier della Birmania Min Aung Hlaing è tornato a casa con la promessa a lungo rimandata di elezioni legislative. Quando? A dicembre o forse a inizio gennaio. La data è per altro forzato dalla fine dello stato di emergenza da poco rinnovato e che scade a luglio. Per indorare la pillola, il generale ha aggiunto che Mosca e Minsk invieranno osservatori e che dunque l’opposizione dovrebbe collaborare: “Se volete una democrazia multipartitica, non ostacolateci. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno – ha detto tornando dall’Europa – è cooperazione”.
Stranamente il generale non ha menzionato il vero protagonista straniero delle vicende birmane: Pechino. Il Myanmar ha promulgato la legge sui servizi di sicurezza privati in febbraio aprendo a società di security cinesi tanto che già l’anno scorso si era parlato di un accordo che consentiva a un’azienda militare privata cinese di essere a Kyaukpyu, nel Rakhine. Secondo altre voci sarebbero presenti anche a Myawaddy, la città gemella con la tailandese Mae Sot attualmente nell’occhio del ciclone.
Capitolo Scam City
L’area di Myawaddy è sotto tiro per via della presenza di diversi centri di truffa online, chiamati Scam Ciy (città della truffa), dove un esercito di migliaia di “schiavi” è stato assoldato contro la loro volontà per frodare online ignari pensionati o giovani sprovveduti. In Cina soprattutto, ma anche in America. I cinesi hanno così chiesto alla Thailandia di tagliare le luce, il web e il petrolio fornito da Mae Sot alla città gemella di Myawaddy. E han chiesto ai birmani di liberare gli scammisti. Messi alle strette, i militari birmani e i loro alleati – le milizie etniche delle Border Guard Force (Bgf) – hanno fatto apparire 5mila schiavi di 28 nazionalità i cui rimpatri sono già iniziati. Già oltre 1500 cinesi sono tornati a casa settimana scorsa (nella foto quelli rimpatriati da Mae Sot l’8 marzo) mentre continua l’esodo dal Myanmar alla Thailandia che sta facendo sbollire la tensione...