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Iraq: eseguite altre due impiccagioni, la condanna di Amnesty
Giustizia e criminalità
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Amnesty International condanna l'esecuzione, avvenuta questa mattina, del fratellastro di Saddam Hussein, Barzan Ibrahim al-Tikriti e dell'ex presidente del Tribunale Rivoluzionario, Hamad al-Bandar al-Sad'un, come una "brutale violazione del diritto alla vita e un'ulteriore opportunità persa per gli iracheni di veder rispondere del proprio operato i responsabili dei crimini commessi sotto il regime di Saddam Hussein". Al-Tikriti, fratellastro di Saddam Hussein ed ex capo dei servizi segreti, e al-Sad'un, ex presidente del Tribunale rivoluzionario, erano stati condannati a morte il 5 novembre scorso, insieme all'ex dittatore, al termine di un processo iniquo celebrato dal Tribunale penale supremo iracheno. Il verdetto era stato confermato dalla Corte d'appello il 26 dicembre.
"È ovvio che Saddam Hussein e i suoi collaboratori dovessero essere chiamati a rispondere di orribili violazioni dei diritti umani, ma ciò avrebbe dovuto avvenire attraverso un processo equo e senza il ricorso alla pena capitale. Le notizie secondo cui la testa di al-Tikriti si sarebbe staccata dal corpo durante l'impiccagione non fanno altro che enfatizzare la brutalità di una pena già di per sé crudele, inumana e degradante" - ha dichiarato Malcolm Smart, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. Amnesty International ritiene che un altro ex esponente del regime di Saddam Hussein rischi l'esecuzione: Taha Yassin Ramadhan, ex vicepresidente iracheno, è stato condannato all'ergastolo il 5 novembre scorso ma in appello è stata chiesta una pena più alta.
"Il processo celebrato dal Tribunale penale supremo iracheno non ha soddisfatto i requisiti del diritto internazionale in materia di processi equi. Interferenze politiche hanno compromesso l'indipendenza e l'imparzialità della corte, provocando le dimissioni del primo presidente della giuria e ritardando la nomina del suo successore. Il Tribunale, inoltre, non ha saputo prendere misure adeguate a proteggere i testimoni e gli avvocati della difesa, tre dei quali sono stati assassinati" - riporta il comunicato di Amnesty. "Lo stesso Saddam Hussein si è visto negare il diritto all'assistenza legale nel corso del primo anno di prigionia e le proteste dei suoi avvocati nei confronti delle procedure adottate nel corso del processo non sono state prese nella dovuta considerazione da parte della corte. L'appello si è svolto nello stesso clima ostile e non ha rettificato alcuna delle irregolarità emerse nel giudizio di primo grado".
Amnesty International si oppone alla pena di morte in ogni circostanza, ritenendola una violazione del diritto alla vita e una punizione estremamente crudele, inumana e degradante. Anche il Presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi ha ribadito la condanna delle due esecuzioni capitali in Iraq: "Manteniamo la stessa posizione tenuta per Saddam Hussein. L'Italia è contro la pena di morte. Non spendiamo alcuna altra parola" - ha affermato Prodi al termine dell'incontro a Palazzo Chigi con il Presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso. Barroso, che ha espresso la stessa "condanna di principio" dell'Ue alla pena di morte, ha annunciato che l'Unione europea sostiene "tutte le iniziative dell'Italia per abolire la pena di morte. Dobbiamo lavorare insieme per arrivare alla moratoria".
L'agenzia AsiaNews segnala che a seguito anche dell'impiccagione dei due gerarchi del regime di Saddam "si approfondirà la frattura tra sunniti e sciiti". La convinzione è diffusa tra gli iracheni contattati dall'agenzia. "Per i sunniti - spiegano le fonti - l'Iran sciita è l'ispiratore di quanto sta succedendo in Iraq e della loro emarginazione. Gli sciiti hanno conquistato il potere, ma l'attuale governo non ha potuto realizzare l'auspicata riconciliazione né assicurare la pace". Le stesse fonti avevano espresso questa preoccupazione all'indomani dell'esecuzione capitale dell'ex rais, il 30 dicembre 2006. [GB]