Iraq: Saddam condannato morte, deplorazione di Amnesty

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Amnesty International "deplora la decisione dell'Alta Corte Penale irachena di infliggere la pena di morte Saddam Hussein e a due dei sette accusati dopo un processo che è stato profondamente difettoso e ingiusto". L'organizzazione per la tutela dei diritti umani ribadisce che il processo avrebbe dovuto apportare "un importante contributo al ripristino della giustizia e del rispetto del diritto in Iraq, e accertare verità e responsabilità per l'imponente violazione dei diritti umani da parte di Saddam Hussein", mentre è stato "un vergognoso affare, guastato da gravi lacune" - si legge in un comunicato di Amnesty International. Durante il processo, infatti, la colpevolezza degli imputati non doveva essere dimostrata "oltre ogni ragionevole", formula usata nel sistema occidentale, ma doveva solo "soddisfare" l'opinione del giudice. L'Alto commissario Onu per i diritti umani Louise Arbour ricorda che "ai condannati di oggi va garantita ogni opportunità per poter ricorrere in appello" e, qualunque sia il risultato dell'appello spera "che il governo osservi una moratoria sulle esecuzioni capitali".

Ieri Saddam Hussein è stato riconosciuto colpevole dall'Alta Corte Penale irachena per l'assassinio di 148 sciiti a Dujail nel 1982 e condannato all'impiccagione: la giuria ha riconosciuto l'ex presidente iracheno colpevole di crimini contro l'umanità. Condannati a morte anche Barzan al Tikriti, fratellastro di Saddam Hussein e l'ex presidente del tribunale rivoluzionario Awad al Bandar. mentre l'ex vicepresidente Taha Yassin Ramadan è stato condannato all'ergastolo e Mohammed Azawi Ali, responsabile del partito Baath nella regione di Duijal, coimputato di Saddam Hussein al processo per l'uccisione di 148 sciiti nel 1982, è stato assolto per insufficienza di prove. Altri tre imputati nel processo per la strage di Dujail, Abdallah Kadhem Roueid, il figlio Mezhar Abdallah Roueid et Ali Daeh sono stati condannati a 15 anni per omicidio volontario.

La condanna a morte di Saddam Hussein è stata invece salutata con favore sia dagli Stati Uniti sia dalla Gran Bretagna. "E' un'importante pietra miliare per l'Iraq" - ha dichiarato l'ambasciatore americano a Baghdad, Zalmay Khalilzad, "un altro passo verso la costruzione di una società libera basata sul rispetto del diritto". L'entusiasmo degli Stati Uniti è condiviso dalla Gran Bretagna. "Plaudo al fatto che Saddam Hussein e gli altri imputati abbiano affrontato la giustizia e abbiano dovuto rispondere dei loro crimini" - ha dichiarato in un comunicato il ministro degli Esteri Margaret Beckett. "E' giusto" - ha aggiunto - "che quanti erano accusati di tali crimini contro il popolo iracheno debbano affrontare la giustizia irachena".

Gli avvocati della difesa hanno a loro volta replicato affermando che si tratta di una sentenza "che era già scritta", formulata da "un tribunale politico" e quindi "illegale". Prima che gli iracheni possano eventualmente vedere la sentenza applicata sarà necessario ancora del tempo, probabilmente diversi mesi - riporta Articolo 21. La legge irachena stabilisce infatti che in caso di condanna alla pena capitale o all'ergastolo, la richiesta di appello sia sottoposta d'ufficio al tribunale. In caso di conferma, la sentenza dovrà essere quindi applicata entro 30 giorni dalla sua lettura e dalla ratifica del consiglio presidenziale, formato dal capo dello Stato e dai suoi due vice presidenti. Non è peraltro chiaro se l'attuale capo dello Stato, il curdo Jalal Talabani, intenda in caso apporre la sua firma, poichè in passato ha più+ volte affermato di essere contrario alla pena di morte, e ha sostenuto che comunque e' sufficiente quella dei suoi due vice.

Il premier Nuri al Maliki non ha invece dubbi sull'opportunità di mandare Saddam e suoi gerarchi al patibolo: "La giustizia è più forte dei suoi nemici e la legge ha infine trionfato" - ha commentato, aggiungendo pero' che "'impiccagione di Saddam non vale una goccia di sangue dei martiri"del suo deposto regime. Ma concluso il giudizio per la vicenda di Dujail, sono molti 'i martiri' di Saddam che attendono ancora giustizia. Le condanne inflitte oggi riguardano infatti un episodio considerato 'minore', mentre è in corso il procedimento per lo sterminio di 180 mila curdi nei primi anni '80. In questo caso, l'ex presidente è imputato oltre che per crimini contro l'umanità e crimini di guerra anche per genocidio, come suo cugino Ali Hassan al Majid, detto Ali il Chimico. Nel procedimento, iniziato lo scorso agosto, vengono attualmente ascoltati i testimoni dell'accusa, ma non è chiaro se si arriverà mai ad una sentenza. L'iter della vicenda di Dujail potrebbe far prima ad arrivare a conclusione e il boia potrebbe apporre la parola 'fine' eseguendo la condanna a morte di Saddam Hussein. [GB]

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