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Genova: a rischio il processo sulle 'torture' al G8
Giustizia e criminalità
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Inizia a Genova, ma rischia di venire subito rinviato, il processo a carico di 28 poliziotti accusati per il sanguinoso blitz nella scuola Diaz-Pertini, avvenuto la notte del 21 luglio del 2001 durante il G8. Il presidente della terza sezione del tribunale davanti alla quale si terrà il processo, il giudice Bernardo Di Mattei, è stato infatti nominato procuratore capo a Imperia e quindi lascerà il collegio all'arrivo del decreto, mentre un altro componente ha maturato la pensione. Il processo quindi, prima di poter entrare nel vivo, dovrà aspettare la nomina di un nuovo collegio, per cui i tempi potrebbero slittare a settembre, dopo la pausa estiva. "Sembra proprio che questo processo non lo voglia nessuno - é l'amaro commento raccolto in procura -. Siamo arrivati alla vigilia con un collegio da sostituire e senza sapere neppure in che aula verrà celebrato".
Amnesty International giudica positivamente l'apertura del processo come un significativo passo avanti per combattere l'impunità della polizia. "Tuttavia le autorità non hanno preso altre misure decisive in questa direzione, in relazione sia ai fatti del G8 che a un più ampio contesto di frequente effettiva impunità per le forze dell'ordine e per il personale carcerario, accusati di torture, maltrattamenti e forza eccessiva" ha commentato Amnesty International. Le 93 persone arrestate nel corso del raid all'interno della scuola dichiararono di non aver opposto resistenza, come invece sostenuto dalla polizia, e di essere state sottoposte a percosse deliberate e gratuite. Sono solo 28 i funzionari di polizia sottoposti a processo: decine di agenti che parteciparono al raid e che si ritiene avessero preso parte alle aggressioni fisiche, non hanno potuto essere individuati poiché i loro volti erano pesantemente travisati da maschere, sciarpe o caschi e non portavano targhe identificative recanti nomi o numeri di matricola.
La richiesta di Amnesty di recepire il Codice di etica della polizia, adottato dal Consiglio d'Europa nel settembre 2001 consentirebbe di assicurare che i pubblici ufficiali siano obbligati a mostrare in maniera evidente alcune forme di identificazione individuale, come un numero di matricola, al fine di evitare il ripetersi di situazioni d'impunità. A questo si aggiunge la sospensione dal servizio di coloro che sono sospettati di aver commesso reati come quelli oggetto del processo, in attesa dell'esito dei procedimenti penali. Amnesty International ha notato con preoccupazione che gli agenti che sono sotto processo in relazione al raid di Genova non sono stati sospesi dal servizio e, in alcuni casi, sono stati promossi. La pubblica accusa ha chiesto l'incriminazione di 15 agenti di polizia, 11 carabinieri, 16 agenti di custodia e cinque membri del personale medico per vari reati tra cui abuso di autorità, coercizione, minacce e lesioni fisiche, accusandoli di aver sottoposto i detenuti a trattamenti crudeli, inumani e degradanti in violazione dell'art.3 della Convenzione europea sui diritti umani e le libertà fondamentali. I pubblici ministeri hanno anche espresso il timore che, dato il tempo già trascorso, possa intervenire la prescrizione e che gli accusati non potranno mai essere sottoposti alla giustizia.
Amnesty International sottolinea che uno dei più efficaci modi per prevenire la tortura, i maltrattamenti e la forza eccessiva è l'applicazione di sanzioni adeguate - commisurate alla gravità del reato - da parte del sistema di giustizia penale. Sapere che i tribunali sono pronti a infliggere pene severe nei confronti di chi ordina, condona o perpetra la tortura e i maltrattamenti costituisce uno dei più concreti fattori di dissuasione.
Sottoporre alla giustizia i responsabili non solo dissuade questi ultimi dal reiterare i propri crimini ma rende anche chiaro ad altri che i maltrattamenti non saranno tollerati, rassicurando al tempo stesso l'opinione pubblica che nessuno è al di sopra della legge. Rimane inascoltata la richiesta di una commissione d'inchiesta, pubblica e indipendente, sull'operato della polizia durante il G8 e per questo è necessario ancora oggi un organismo indipendente competente a ricevere denunce nei confronti della polizia e ad accertarne le eventuali responsabilità.
L'importanza della volontà politica di contrastare l'impunità della polizia non può essere minimizzata. Amnesty International richiama le chiare indicazioni che il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa ha diffuso l'anno scorso a tutti gli Stati membri e deplora che a diciassette anni dalla ratifica della Convenzione dell'Onu contro la tortura e nonostante ripetuti solleciti da parte di organismi intergovernativi - tra cui il Comitato dell'Onu contro la tortura e il Comitato sui diritti umani - l'Italia non abbia ancora introdotto nel codice penale il reato di tortura, così come previsto nella Convenzione dell'Onu contro la tortura. [AT]
Altre fonti: Comitato Verità e Giustizia per Genova, Mega Chip