Egitto: a 10 anni dal golpe. Un modello di repressione che fa scuola

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L’estate del 2023 segna i dieci anni dal colpo di stato militare del 3 luglio 2013 in Egitto che ha portato alla destituzione del primo presidente eletto, Mohammed Morsi (2012-2013). Da quel momento i sostenitori della Fratellanza musulmana hanno organizzato due sit-in a piazza Rabaa al-Adaweya e al-Nahda per difendere la legittimità del leader del partito Libertà e Giustizia.

Lo sgombero di Rabaa, organizzato dalle forze di sicurezza egiziane, tra il 14 e il 17 agosto del 2013, costò la vita a un numero mai definito di islamisti, tra i 600 e i 2mila, in base ai dati forniti da diversi think tank internazionali.

Restano nella memoria in particolare i 37 sostenitori di Morsi che morirono per asfissia, dovuta al lancio di lacrimogeni, in una camionetta nella polizia, come raccontato nel film Clash (2016) di Mohamed Diab.

Gli attori del golpe del 2013

Il golpe del 2013 fu preceduto da una campagna di raccolta firme contro l’anno al potere dell’ex presidente Morsi, morto in prigione in assenza di cure mediche adeguate, nel 2019. Il movimento Tamarrod (rivolta), infiltrato dalle forze di sicurezza egiziane, partecipò alla grande manifestazione anti-governativa del 30 giugno del 2013 che ha aperto la strada alla discesa in campo dei militari e dell’attuale presidente Abdel Fattah al-Sisi.

L’ex presidente, i cui poteri erano stati limitati da una forte supervisione dell’esercito, scontava la sovrapposizione tra islamisti moderati e salafiti, che ha duramente colpito l’immagine conservatrice della Fratellanza musulmana.

A ciò si aggiungono, una scarsa propensione a politiche sociali che rispondessero alle richieste della base elettorale del movimento, una proposta di riforma della giustizia dopo anni in cui gli islamisti erano stati indeboliti in seguito ad arresti e lunghe detenzioni, una politica estera meno sovrapponibile con gli interessi israeliani rispetto al passato. 

Passaggio elettorale

Con l’appoggio del partito salafita al-Nour, il successo del golpe venne garantito dall’accordo tra polizia ed esercito, Chiesa copta, il sistema giudiziario, i liberali di Mohamed el-Baradei, che ha poi dichiarato di essersi pentito di aver ricoperto la carica di vice-presidente del governo ad interim dell’ex presidente Adly Mansour (2013-2014), nella roadmap che ha portato alla prima vittoria elettorale nel 2014, con scarsa partecipazione al voto, di al-Sisi.

In pochi giorni, dieci anni fa, tutti i sogni rivoluzionari di piazza Tahrir, quel movimento giovanile e per i diritti civili e sociali, partito dalla Tunisia e arrivato a lambire il Cairo e altri paesi del Nordafrica e del Medioriente, svanirono nel nulla.

Così come le richieste dei lavoratori, che avevano ottenuto la formazione della Federazione egiziana dei sindacati indipendenti (Efitu) all’indomani delle proteste del 2011, le cui attività sono state gradualmente messe sotto il controllo dei militari e i cui leader fondatori, come Kamal Abu Eita, ministro della manodopera e dell’immigrazione tra il 2013 e il 2014, sono stati cooptati nel governo ad interim, guidato da Hazem el-Beblawi, per mettere a tacere la classe operaia...

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