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David Makara: l'assurda violenza e la forza della nonviolenza
Giustizia e criminalità
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Un esempio di rivincita. Doppia, sinora. Ma chissà quali altre sorprese ci riserveranno il coraggio e la volontà di David Makara. Il giovane keniano, ospite per qualche giorno in Italia invitato da Fondazione Fontana, ha raccontato la sua storia a Padova, Romano d'Ezzelino in provincia di Vicenza, Trento.
Un trascorso da ragazzo di strada: tre anni, - dal 1995 al 1998 sottolinea - per le vie di Nyahururu, in Kenya, mangiando ciò che trovava nella spazzatura, a causa dell'estrema povertà dei genitori e della loro abitudine al bere. Poi, nel 1998, la svolta. Ricomincia a studiare e a vivere una vita dignitosa; nel tempo libero frequenta la comunità di Saint Martin, che proprio in quell'anno ha dato inizio a un programma di recupero per ragazzi di strada. David si occupa, da volontario, di prevenzione all'aids, alle droghe e all'abuso di alcol: "Volevo aiutare i giovani, specialmente quelli della mia zona" racconta oggi.
Ma il destino ha in mente altro per Makara. "Nel tardo pomeriggio di domenica 15 dicembre 2002, sono passato a ritirare alcune video cassette in un negozio della città per una piccola attività di video-show che stavo gestendo vicino a casa. Io e altri ragazzi fummo arrestati nel negozio da un poliziotto che ci condusse alla stazione di polizia.
L'ufficiale era entrato nel negozio tenendo un ragazzo per il bavero e mi ha chiesto se lo conoscevo. Io risposi di sì, e allora mi domandò se fossi con lui. Alla mia risposta negativa mi spinse fuori in malo modo urlando, e mi costrinse dentro la macchina insieme agli altri ragazzi. Il poliziotto, a questo punto, ha iniziato a chiedere soldi e tutti noi abbiamo risposto che non ne avevamo. Eravamo ormai vicino alla stazione di polizia quando, sussurrandomelo, mi chiese nuovamente soldi. Decisi di dargli i 50 centesimi che avevo in tasca, in quanto capii che ci stava arrestando. Velocemente infilò i soldi in tasca, promettendomi che mi avrebbe lasciato andare appena arrivati alla stazione di polizia.
Quando arrivammo, io fui lasciato andare come promesso, mentre gli altri venivano condotti dentro. Iniziai a camminare ma, appena varcato il cancello, cominciarono a spararmi addosso. Non realizzai subito cosa stava succedendo. Senti un forte colpo ed iniziai a correre⅀ Dopo pochi metri caddi a terra. Provai a rialzarmi e a correre, ma provavo un dolore allucinante alla mano destra, che non poteva aiutarmi a sorreggere il peso per tornare in piedi. In quel momento ho capito che mi avevano colpito alla mano. L'ospedale era di fronte a me (l'ospedale di Nyahururu è vicino alla stazione di polizia), mi alzai e corsi verso l'unica speranza di salvezza, cadendo due volte. Il personale ospedaliero mi raccolse e iniziò subito a prestarmi le prime cure. Fu in quel momento che la polizia venne per portarmi fuori dall'ospedale ma, per mia fortuna, lo impedirono. La mia mano è stata amputata quella notte".
La polizia accusò David e gli altri due ragazzi di tentata rapina con violenza, aprendo così un processo. Fu ammanettato al letto dell'ospedale per tutto il tempo della convalescenza, quindi trasferito in carcere. Intorno a lui amici, familiari, staff e volontari del Saint Martin, l'ong americana International Justice and Mission, che hanno organizzato dimostrazioni pacifiche in sua solidarietà. Alcuni giovani furono anche arrestati per questo. Nonostante tutte le premesse negative, e il tentativo di corruzione di un falso testimone da parte della polizia, il 4 aprile 2003 fu prosciolto dall'accusa; in seguito i poliziotti coinvolti furono condannati e incarcerati.
"Dopo la scarcerazione, chiesi al Saint Martin se era possibile ricevere una sponsorizzazione che mi permettesse di studiare legge per diventare avvocato e prendermi cura dei meno tutelati - spiega - Accettarono e la comunità si caricò di tutte le responsabilità per farmi studiare. Mi sono iscritto a un corso di primo livello di due anni, che ho concluso l'11 novembre 2005. Da quel momento lavoro al Saint Martin come assistente legale: ho deciso di fare un po' di esperienza pratica prima di proseguire i miei studi in legge e poter finalmente essere ammesso all'ordine degli avvocati. Il mio sogno è quello di diventare l'avvocato degli oppressi. Un avvocato per i poveri, dal momento che il mio caso è solo uno in mezzo a tanti altri. Il mio braccio monco mi ricorda ogni giorno che devo impegnarmi per tutti quelli che sono colpiti dalle ingiustizie".
Tra i programmi sostenuti dalla comunità di Saint Martin di Nyahururu vi è quello dedicato alla nonviolenza attiva e alla difesa dei diritti umani, in cui parte fondante ha il coinvolgimento della comunità. Dal suo inizio, il programma ha seguito 194 casi per lo più di violenza domestica, stupro, maltrattamento su minori e soprusi da parte delle forze dell'ordine. Alcuni di essi sono stati portati in tribunale, ma forte segnale positivo è dato dalla presa di coscienza personale dei diritti di ciascuno e dalla condivisione, in ambito comunitario, delle ingiustizie perpetrate. "Ora se ne parla a voce alta - conclude Makara - e ci si unisce per risolvere conflitti che mettono a repentaglio il benessere delle persone". [CA]