Croazia: dieci anni dalla 'tempesta' ancora impunita

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Sono passati ormai dieci anni da quel 4 agosto quando l'esercito croato lanciò l'Operazione Tempesta con l'obiettivo di riconquistare territori controllati dai serbo croati. Nell'arco di qualche giorno i 250.000 serbi della Krajna furono obbligati alla fuga dall'esercito croato che effettuò una delle operazioni di pulizia etnica più rilevanti dei conflitti seguiti al disgregarsi della Jugoslavia. Dei crimini commessi contro i civili serbi durante quell'operazione sono stati chiamati a rispondere presso il Tribunale penale internazionale dell'Aja alcuni generali croati, compreso uno dei latitanti eccellenti dei Balcani: Ante Gotovina accusato dell'uccisione di almeno 150 serbi della Krajina.. Quest'ultimo in patria è considerato però tutt'altro che un criminale e piuttosto l'eroe della liberazione croata. La procuratrice Carla Del Ponte del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia (Icty) ha fatto notare che vi sono indicazioni secondo cui Gotovina può ancora contare su un attivo supporto protettivo, che si estende fino alle istituzioni statali.

La stampa croata, con rare eccezioni, ricorda l'anniversario del 4 agosto facendo ampio riferimento alla vittoria dell'operazione Oluja, senza far cenno alle brutalità che durante e dopo quell'operazione sono accadute e sulle quali indaga pure il Tribunale internazionale dell'Aja. In Croazia le alte cariche dello Stato si stanno già affrettando a prepararsi per le celebrazioni e per ricordare che l'operazione Oluja è stata un atto di liberazione, e niente affatto un'azione durante la quale si sarebbero commessi gravi crimini. Sul versante serbo , le pagine dei quotidiani si riempiono di fotografie e articoli su ciò che viene definita "un'operazione sanguinosa e criminale". La Serbia ricorda oggi quel giorno con il lutto nazionale. A più riprese emerge inoltre il tentativo di paragonare mettendo sullo stesso piano l'operazione Tempesta con quanto avvenuto a Srebrenica. Il presidente serbo Boris Tadic ha insistito pubblicamente affinché la controparte croata riconoscesse i crimini legato all'operazione Oluja, facendosi forte del fatto di aver partecipato alla commemorazione di Potocari del decennale di Srebrenica. Ma lo stesso Tadic, dimentica che il parlamento serbo non è stato in grado di approvare una dichiarazione di condanna del crimine di Srebrenica.

Per l'occasione Amnesty International chiede alle autorità di Zagabria di iniziare immediatamente a ottemperare ai propri obblighi di portare di fronte alla giustizia tutti i responsabili dei crimini di guerra. L'assenza di una piena cooperazione delle autorità croate con l'Icty e il mancato arresto di Gotovina hanno spinto l'Unione europea a rinviare a tempo indeterminato l'avvio dei negoziati per l'ingresso della Croazia, previsti il 17 marzo di quest'anno. I procedimenti istruiti dai tribunali nazionali croati non hanno reso giustizia a tutte le vittime, e alle loro famiglie, dei crimini di guerra e contro l'umanità. Se da un lato le inchieste e i processi nei confronti di serbo croati e di altri imputati accusati di crimini di guerra e contro l'umanità ai danni di appartenenti all'etnia croata sono andate avanti spedite, dall'altro è stato fatto assai poco per spezzare l'impunità di cui beneficiano l'esercito e la polizia croati. I crimini commessi contro i serbo croati durante le Operazioni Flash e Tempesta, così come quelli perpetrati in periodi precedenti del conflitto, non vengono spesso riconosciuti e ai loro autori è garantita un'ampia impunità.

L'ultimo rapporto dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) sui progressi della Croazia nell'attuazione degli impegni internazionali, reso noto a luglio, rileva che i serbo croati continuano a costituire la maggioranza delle persone processate, spesso in contumacia, per crimini di guerra e crimini contro l'umanità, mentre nel 2005 non è stato avviato alcun nuovo procedimento nei confronti di membri dell'esercito croato. Il fatto che il sistema giudiziario croato non garantisca un pari impegno su tutte le violazioni, a prescindere cioè dall'etnia dei responsabili o delle vittime, costituisce una violazione degli obblighi internazionali della Croazia e una grave minaccia allo Stato di diritto. Amnesty chiede alle autorità di Zagabria di garantire che vengano rimossi tutti gli ostacoli al rientro sostenibile dei rifugiati serbo croati, anche garantendo l'accesso all'abitazione e ponendo fine alla discriminazione.
Dei circa 300.000 serbo croati espulsi durante la guerra del 1991-95, solo 117.000 sono ufficialmente censiti tra coloro che hanno fatto rientro nelle proprie zone di origine. Secondo l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati, circa 200.000 croati, per lo più serbo croati, risultano tuttora sfollati nei paesi vicini o altrove. [AT]

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