Corte Ue: sulla morte di Carlo Giuliani lo Stato italiano ha violato le procedure giudiziarie

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La Corte Europea dei Diritti umani ha accolto solo parzialmente il ricorso della famiglia di Carlo Giuliani secondo cui, in occasione del G8 di Genova del 2001, vi sarebbero state da parte dello Stato italiano - ovvero del Governo dell'epoca - diverse violazioni della Convenzione europea dei diritti umani. Nella loro sentenza i giudici non condannano l'Italia per "eccessivo uso della forza", ma affermano che vi è stata una violazione nelle procedure giudiziarie italiane, in quanto, anche se l'autopsia non ha ricostruito la traiettoria del colpo, il tribunale ha autorizzato prematuramente la cremazione del corpo richiesta dalla famiglia, impedendo così ulteriori accertamenti legali. La Corte ha decretato un risarcimento di 40 mila euro nei confronti della famiglia di Carlo Giuliani a titolo di soddisfazione per danni morali. "I soldi andranno al comitato che porta il nome di nostro figlio" - ha spiegato alla stampa il padre di Carlo, Giuliano Giuliani.

"La sentenza della Corte europea dei diritti umani sul G8 di Genova è positiva, ma noi la impugneremo lo stesso" - ha aggiunto Giuliano Giuliani. "Non ci piace la parte in cui non vengono messe in luce le violenze che le Forze dell'ordine hanno fatto sul corpo di Carlo subito dopo la sua morte, per cercare di fare credere che il colpo fosse stato deviato". "La Corte - riporta una nota della famiglia Giuliani - ha rilevato che l'inchiesta non ha esplorato le ragioni per cui Mario Placanica - ritenuto dai suoi superiori incapace di proseguire il suo servizio in ragione del suo stato fisico e psichico - non sia stato immediatamente condotto all'ospedale, sia stato lasciato in possesso di una pistola carica e collocato in una jeep priva di protezione che si è trovata isolata dal plotone che aveva seguito. La Corte considera che l'inchiesta avrebbe dovuto valutare aspetti dell'organizzazione e della gestione dell'ordine pubblico, poiché c'è un legame tra il colpo mortale e la situazione nella quale si sono ritrovati Filippo Cavataio e Mario Placanica. In altri termini l'inchiesta non è stata adeguata nella misura in cui non ha ricercato quali siano state le persone responsabili di questa situazione". "Sono proprio due delle questioni principali - continua la nota della famiglia - sulle quali abbiamo insistito da sempre: individuare le responsabilità politiche e della catena di comando, quelle che hanno portato alle violenze di Genova e all'omicidio di Carlo".

Nello specifico la Corte Europea dei Diritti umani ha ritenuto all'unanimità, di non condannare l'Italia per violazione del diritto alla vita in base all'art. 2, cioè eccessivo uso della forza: secondo i giudici europei, il Carabiniere che sparò lo fece per "legittima difesa" in presenza di pericolo imminente; Sempre all'unanimità ha ritenuto che non ci sia stata violazione dell'art. 38, ovvero che lo Stato italiano non abbia ostacolato le indagini. Quindi con 5 voti a 2, ha definito che lo Stato italiano non abbia violato l'art. 2 (obbligo di proteggere la vita) della Convenzione, anche se ha ritenuto che il Governo italiano minimizzò i rischi connessi all'uso della forza letale, in occasione del G8, ricordando gli obblighi degli Stati, in preparazione di eventi rilevanti, di prendere tutte le misure per garantire l'incolumità dei cittadini e il loro diritto di manifestare liberamente la loro opinione e di riunirsi in assemblea in tutta sicurezza. Infine, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto, con 4 voti a 3, che vi sia stata una violazione dell'art. 2 per quanto riguarda le procedure giudiziarie italiane, in quanto, anche se l'autopsia non ha ricostruito la traiettoria del colpo, il tribunale ha autorizzato prematuramente la cremazione del corpo richiesta dalla famiglia, impedendo così ulteriori accertamenti legali.

Leggendo attentamente la sentenza, la vera mancanza da parte italiana - una mancanza che la Corte Europea ha definito "deplorevole" - è consistita nell’assenza di una indagine accurata sull’organizzazione e la pianificazione dell’ordine pubblico, sulle responsabilità delle autorità nella gestione delle diverse operazioni. "La Corte, deplorando l´assenza di un´inchiesta nazionale sulla questione, è nell´impossibilità di stabilire l´esistenza di una correlazione diretta e immediata tra le negligenze che hanno potuto riguardare la preparazione o la condotta delle operazioni di gestione dell´ordine pubblico e la morte di Carlo Giuliani" - afferma la sentenza (n. 239). Si tratta di un punto che avrebbe potuto essere approfondito da una Commissione Parlamentare d’inchiesta, ripetutamente chiesta da diverse forze politiche e sociali, ma sempre negata dai governi in carica.

Un altro aspetto stigmatizzato dalla Corte riguarda la cremazione del cadavere. "La Corte - recita la sentenza - reputa increscioso che la Procura abbia autorizzato la cremazione del cadavere il 23 luglio 2001, ben prima di conoscere i risultati dell'autopsia (...). "Che la mancata conservazione del corpo sia stato un ostacolo enorme per le indagini è peraltro confermato dai quattro consulenti tecnici d'ufficio, che non hanno potuto ricostruire i fatti e, conseguentemente, la traiettoria precisa dello sparo mortale non ha potuto essere determinata". L'autopsia effettuata il giorno successivo al decesso di Carlo Giuliani da parte di due medici nominati dalla Procura riporta - afferma la Corte - che i due medici "hanno constatato che la vittima era stata colpita da un solo proiettile che ne aveva causato la morte. Benché lo "scanner total body" effettuato sul cadavere avesse rilevato la presenza di un frammento metallico conficcato nella testa, i due periti non l'hanno menzionato nella loro relazione tecnica e non hanno estratto il frammento in questione". Le lacune conseguenti all'autopsia "appaiono ancora più gravi se si considera che il cadavere è stato in seguito consegnato ai ricorrenti e che è stata data autorizzazione per la sua cremazione, ciò che ha impedito qualsiasi ulteriore indagine, in particolare per quanto concerne il frammento metallico che si trovava nel corpo". In definitiva - conclude su questo punto la Corte europea - "tenuto conto delle lacune dell'esame medico-legale e della mancata conservazione del corpo, non è sorprendente che il procedimento penale si sia concluso con l'archiviazione". La Corte conclude perciò che "le autorità (italiane - ndr) non hanno condotto un'adeguata indagine sulle circostanze del decesso di Carlo Giuliani".

Infine, la Corte osserva che le indagini a livello nazionale si sono limitate all'esame della responsabilità di Filippo Cavataio (il Carabiniere conducente delle jeep) e di Mario Placanica (il Carabiniere che ha sparato a Carlo Giuliani). Per la Corte europea "tale approccio non può essere considerato conforme alle esigenze dell'articolo 2 della Convenzione poiché le indagini dovevano essere approfondite, imparziali e rigorose e dovevano concernere tutte le circostanze che avevano accompagnato la morte". "In nessun momento - conclude la Corte - è stata posta la questione di esaminare il contesto generale e verificare se le autorità avevano pianificato e gestito le operazioni di mantenimento dell'ordine pubblico in modo da evitare il tipo di incidente che ha causato il decesso di Carlo Giuliani". Corte reputa perciò "che le indagini avrebbero dovuto concernere almeno questi aspetti dell'organizzazione e della gestione delle operazioni di mantenimento dell'ordine pubblico, poiché la Corte vede uno stretto legame tra lo sparo mortale e la situazione nella quale Mario Placanica e Filippo Cavataio si sono ritrovati. In altre parole, le indagini non sono state adeguate nella misura in cui non hanno ricercato quali fossero le persone responsabili di detta situazione". [GB]

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