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Brasile: storie dal sovraffollato carcere di Jo㣀o Pesoa
Giustizia e criminalità
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I dati forniti dall'Administra㧀㣀o Peniten㧀iaria della Secretaria de Estado che si riferiscono ai giorni 25-28/12/05 mostrano il grado di sovraffollamento raggiunto negli istituti penitenziari di Jo㣀o Pesoa. I detenuti sono costretti a vivere in celle strette per 23 ore al giorno; i letti in cemento, in numero inferiore rispetto ai detenuti stessi, costringono alcuni a dormire sul pavimento.
Le attivitá educative e/o lavorative sono riservate a pochi, che devono vivere in un padiglione separato, sospettati di essere guardie o poliziotti. Le visite sono previste (una volta alla settimana per i familiari, una volta in settimana per le visite intime), ma non ci sono spazi adeguati e i parenti, tra cui anche i figli piccoli vengono condotti nei padiglioni, passando nei corridoi dove le celle sono una a ridosso dell'altra. Le visite intime poi si svolgono nella quasi totale assenza di privacy, essendo lo spazio occupato dalla coppia diviso solo da un telo, che separa il letto dal resto della cella. La violazione quasi sistematica del diritto all'assistenza giuridica è permessa dal fatto che molti detenuti sono analfabeti (secondo quanto riferito dal vicedirettore del carcere Silvio Porto il tasso di analfabetismo è del 70%), la quasi totalità proviene dagli strati più bassi di questa società in cui il divario tra ricchi e poveri è abissale. Le denunce di abusi, violenze, torture sono praticamente rese impossibili dalle intimidazioni e ritorsioni subite dai condannati.
AZIONE DI DENUNCIA DI VIOLENZE E TORTURE AVVENUTE DOPO IL 31/12/05 NELL'ISTITUTO PENITENZIARIO DI JOダO PESSOA
Venerd㭀 6 gennaio 2006 alle ore 14.30 come ogni venerd㭀 tre componenti della Pastorale Carceraria insieme ai due Caschi Bianchi presenti in zona con un progetto della Comunitá Papa Giovanni XXIII, Letizia Bartocci ed Erica Scalfi, entrano nel carcere Silvio Porto di Jo㣀o Pessoa, Paraiba, Brasile, per la consueta visita. L'incontro è con i detenuti dei padiglioni 16, 17, 18. Come disposto dal Vice-Direttore, per questa volta non è prevista l'entrata nei padiglioni: il dialogo dovrá avvenire attraverso le grate che permettono a pochi carcerati a turno di poter parlare con i visitatori.
I detenuti del 17 raccontano di intimidazioni, pestaggi, spari da parte degli agenti penitenziari, avvenuti dopo la scoperta di un tunnel nel giorno 31/12/2005. Alcuni mostrano le ferite provocate dalle percosse, indicano i segni di spari sulla porta, dicono che sono state usate armi da fuoco e proiettili di gomma, mostrano un proiettile metallico esploso. Continuano dicendo che nei padiglioni 19 e 20 la situazione è peggiore. Parlano di braccia, gambe, costole rotte, ferite alla testa, ancora spari, punizioni collettive. Dicono che quelli più gravi sono stati trasferiti la mattina stessa perchè non si incontrassero con la Pastorale nel pomeriggio. Si verificherà poi che effettivamente dieci detenuti sono stati portati nel carcere di massima sicurezza. Ricordano come fosse avvenuto il pestaggio: al rientro nel padiglione dopo il banho de sol (unica ora della giornata concessa all'esterno) gli agenti penitenziari hanno iniziato a colpire i detenuti e a sparare. Raccontano che fosse presente anche il Direttore e un secondino abbia urlato loro: "Qui comando io, i diritti umani sono io!".
Viene richiesto loro di scrivere una testimonianza sui fatti accaduti. Molti si mostrano preoccupati per le possibili ritorsioni da parte del personale carcerario, anche solo per il semplice fatto di essere stati visti parlare con gli esterni. Al termine dell'incontro uno di loro che mostra evidenti ferite sul volto, passa una lettara attraverso le inferiate: è una denuncia firmata.
Uno dei più anziani, dicendo di parlare a nome di tutto il padiglione, chiede un intervento tempestivo di osservatori esterni, prima che i segni delle percosse non possano più essere considerati come prove.
Uscendo la Pastorale viene richiamata da un detenuto affacciato alla grata di una cella di uno dei due padiglioni più colpiti. Subito un agente interviene impedendo l'avvicinamento e scorta i visitatori verso l'uscita.
Nei giorni successivi la Pastorale Carceraria riporta al Conselho Estadual dos Direitos Humanos la gravitá della situazione. Viene deciso di fare una visita a sorpresa nell'Istituto Penitenziario Silvio Porto, interpellando anche un Deputato, informando il Vescovo referente regionale della Pastorale Carceraria.
Il giorno 10/01/2006 alle ore 7.30 si ritrovano all'entrata del quattro membri del Conselho Estadual dos Direitos Humanos, il Deputato Rodrigo Soares del Partido dos Trabalhadores, il suo consigliere legale e i 2 Caschi Bianchi che hanno raccolto la denuncia. Dopo una breve attesa, la delegazione è stata ricevuta dal Direttore del carcere Sign. Jo㣀o Carlos e dal Vice-Direttore Josemari Tavares de Assump㧀㣀o, che convocano il Coordinatore del sistema penitenziario della Paraiba, dott. Jo㣀o Alves de Albunquerque.
Alle ore 9, dopo diverse trattative, alla delegazione è concesso di entrare solo nell'ora d'aria dei 6 diversi padiglioni e sempre scortata da agenti penitenziari, Direttore e Coordinatore della Segreteria de Estado da Administra㧀㣀o Penitenciaria.
Dalle testimonianze raccolte risulta che durante i pestaggi fossero presenti il Direttore e il Vice-Direttore del Silvio Portoe il Direttore del Carcere Floscolo da Nobrega (Roger). Viene riportato inoltre che gli agenti, dopo aver invaso i padiglioni, abbiano distrutto ventilatori e televisori, di proprietá dei detenuti stessi. Nonostante siano passati 10 giorni, vengono mostrati segni evidenti delle violenze subite (braccia rotte, ematomi, escoriazioni dovute all'uso di proiettili di gomma e frustini; uno mostra un dito in pessime condizioni dovuto anche al fatto che non abbia ancora ricevuto cure adeguate). Vengono scattate foto per documentare questo genere di torture. L'ora d'aria termina, ma la delegazione viene invitata dagli stessi detenuti a prendere visione del padiglione; la visita avviene senza la presenza del personale carcerario, che si limita a chiudere l'entrata dello stesso. All'interno vengono scattate altre foto a ferite di detenuti che non erano usciti durante il banho de sol, ai fori nelle pareti provocati dagli spari, ai frammenti di proiettili metallici e proiettili di gomma raccolti dopo l'aggressione. Il varco che metteva in collegamento le due ali del padiglione, è stato murato, limitando ulteriormente il poco spazio a disposizione. Viene inoltre riportato che sono avvenute minacce in riferimento a mogli e figli dei detenuti. Sono state sospese le visite intime del mercoled㭀 a tutti i detenuti dei due padiglioni in questione.
Durante il corso della mattinata sono stati raccolti inoltre i nomi di alcuni detenuti che lamentavano una mancata assistenza giuridica. Sono stati effettivamente riscontrati casi di detenuti che avrebbero giá terminato di scontare la pena o che avrebbero giá dovuto beneficiare del regime semi-aperto.
Alla fine della visita, conclusasi alle ore 11 c.a., avviene un incontro con la giudice das Esecu㧀oes Penais, Dott.ssa Maria das Neves do Egito, alla presenza del Direttore e del Coordinatore del sistema penitenziario. La giudice si riserva il diritto di determinare la possibilitá, da parte di esterni, di entrare all'interno della struttutra penitenziaria. Nega l'esistenza di forme punitive illegali e di torture, indicandole come fenomeni legati al passato. Sostiene inoltre che i detenuti delle strutture pessoensi siano trattati in maniera umana, rispettosa, in linea con il processo di reintegrazione sociale previsto dalla legge.
di Letizia Bartocci ed Erica Scalfi, 'caschi bianchi' con la Comunità Papa Giovanni XXIII a Jo㣀o Pessoa dove seguono la situazione nel carcere maschile e femminile a lunga detenzione di Silvio Porto.