Amnesty: crisi di sanità dopo gli stupri in Congo

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La dimensione del fenomeno degli stupri nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) orientale rappresenta una crisi dei diritti umani oltre che sanitaria e richiede contemporaneamente un intervento immediato e una risposta a lungo termine. Molte persone stanno morendo senza alcuna assistenza. Lo ha denunciato oggi Amnesty International, presentando a Kinshasa un nuovo rapporto della sua campagna mondiale contro la violenza sulle donne. Il rapporto documenta numerosi ed efferati casi di violenza sessuale ed evidenzia la mancanza di accesso a cure mediche adeguate, il bisogno più immediato per le sopravvissute. Il governo della RDC e la comunità internazionale devono agire con urgenza per permettere a migliaia di sopravvissute allo stupro di ricevere assistenza e garantire in via prioritaria la ripresa del sistema sanitario del paese.

"È passato oltre un anno dall'insediamento del governo transitorio. Tuttavia, sia questo organismo che la comunità internazionale hanno fatto ben poco per venire incontro alle necessità della popolazione, specialmente nelle aree orientali sconvolte dalla guerra. Abbiamo già atteso troppo tempo perché sia avviato un programma concreto di ricostruzione e di riforme, in particolare nel settore della sanità pubblica nazionale" - ha dichiarato Marzia Marzolla, coordinatrice Africa centrale della Sezione Italiana di Amnesty International. "È infatti impossibile per le sopravvissute ricevere cure mediche decenti, e questa è una ulteriore violazione dei loro diritti umani".

Decine di migliaia di donne, ragazze, bambine e persino neonate - ma anche persone di sesso maschile - hanno subito stupri e torture in modo sistematico nella RDC orientale, la cui terra e le cui risorse sono state oggetto di contesa di oltre venti gruppi armati. Alcune delle vittime hanno subito stupri ed altre forme di violenza sessuale per due o tre volte, nel corso della guerra, ad opera di differenti fazioni. Altre sono state stuprate anche per venticinque volte di seguito dai medesimi combattenti o usate per mesi o anni come schiave del sesso.

Gli stupri sono stati spesso accompagnati da torture sessuali: gli aguzzini hanno infierito sulle vittime inserendo baionette o bastoni appuntiti nella loro vagina o sparando ai loro organi genitali.

Le sopravvissute incontrate da Amnesty International hanno fornito racconti orribili sugli stupri subiti e sulla loro vana ricerca di cure mediche. "Dopo il primo stupro, nell'ottobre 2002, mi sentii molto male. Avevo bisogno di medicine, ma l'ambulatorio locale ne era privo. Decisi di incamminarmi verso la città. Lungo la strada venni fermata da due soldati. Dissi loro che mi sentivo male perché mi avevano stuprato. Uno rispose che per loro non c'era alcuna differenza: mi gettarono in terra e mi stuprarono in mezzo alla strada. Da allora sto ancora peggio, ma qui intorno non c'è alcun posto dove posso essere curata".

Secondo Amnesty International, non c'è alcuna risposta adeguata e organizzata per assistere le innumerevoli donne e ragazze alla disperata ricerca di cure mediche e traumatizzate per l'esperienza subita.

Nella RDC milioni di civili stanno soffrendo e morendo a causa delle ferite e dei traumi causati da anni di conflitto: le infrastrutture sanitarie non sono in grado di offrire neanche il trattamento minimo di base. In tutto l'est del paese, c'è un'evidente mancanza di personale qualificato (come ginecologhe e infermiere), di equipaggiamento e di medicinali. Solo gli aiuti umanitari delle organizzazioni non governative internazionali e locali, oltre che di alcune agenzie delle Nazioni Unite, stanno cercando di venire incontro ai bisogni di decine di migliaia di donne e ragazze.

Amnesty International ritiene che il governo della RDC e la comunità internazionale siano fin troppo lenti nel rispettare i propri obblighi di proteggere il diritto umano alla salute delle sopravvissute e dell'intera popolazione congolese. "Il governo di Kinshasa e i paesi donatori devono avviare un programma di emergenza per l'assistenza medica e psicologica delle sopravvissute" - ha aggiunto Marzolla.

La ripresa completa, più a lungo termine, del sistema sanitario nazionale dovrebbe a sua volta essere considerata in via prioritaria. "Una missione di valutazione, composta da esperti del settore sanitario locali e internazionali, dovrebbe essere istituita nel più breve lasso di tempo per fornire un quadro delle necessità del sistema sanitario congolese. Le conclusioni della missione dovrebbero formare la base di un piano congiunto, nazionale e internazionale, basato sull'assistenza dei paesi donatori, per la ricostruzione in via prioritaria del sistema sanitario del paese" - ha precisato Marzolla.

Allo stesso tempo, dovranno essere prese in considerazione anche le ulteriori necessità delle sopravvissute allo stupro e alle altre forme di violenza sessuale. A seguito dello stigma associato allo stupro, le vittime vengono spesso respinte dalla propria comunità, abbandonate dai mariti e quindi lasciate sole a badare a se stesse e ai figli, tagliate usualmente fuori da qualsiasi mezzo di sostentamento economico. Per loro, a causa delle attuali carenze del sistema giudiziario del paese, non c'è alcun modo per avere giustizia o un risarcimento per i crimini che hanno subito.

"Il governo della RDC deve assumersi le proprie responsabilità per prevenire, punire ed eliminare la violenza sessuale e rendere noto che questo fenomeno non sarà tollerato" - ha proseguito Marzolla.

Un programma coordinato a livello nazionale e internazionale per migliorare la sicurezza nella zona orientale della RDC si rende assolutamente necessario. Il governo deve inoltre prendere misure per prevenire i fenomeni di esclusione sociale ed economica ai danni delle sopravvissute allo stupro e facilitare la loro ricerca della giustizia.

"Se queste azioni decisive non verranno intraprese, decine di migliaia di persone continueranno a soffrire" - ha concluso Marzolla. Il rapporto "Democratic Republic of the Congo: Mass Rape - Time for Remedies" è disponibile presso il sito Internet http://www.amnesty.org e presso l'Ufficio stampa di Amnesty International Italia.

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