Le lotta delle comunità amazzoniche del Perù

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“Nelle nostre comunità amazzoniche è stato riscontrato un valore di mercurio così alto, che ormai abbiamo paura non solo a consumare i pesci, ma anche a bere l’acqua ed a usarla per l’agricoltura. Soffriamo di dolori di testa e di malattie della pelle: ci preoccupa la nostra salute e quella dei nostri figli e figlie,” spiega Jhonny Huaymacari Yuyarima, 43 anni, della popolazione indigena Ikitu. È il leader dell’associazione Conaccunay che unisce 33 comunità che vivono lungo il fiume Nanay, un affluente del Rio delle Amazzoni che attraversa il nord del Perù.  

Le analisi pubblicate recentemente dal Centro di Innovazione Scientifica Amazzonica (Cincia), mostrano che dei 273 campioni di capelli prelevati da persone provenienti da sei comunità (che vivono nel bacino del fiume Nanay e in altre zone con presenza di miniere) il 79% dei residenti presentava livelli di mercurio superiori ai limiti massimi stabiliti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), pari a 2,2 milligrammi per chilogrammo (mg/kg). 

“Ci sono almeno 30 draghe per estrarre oro dai fondali nella parte alta del bacino del fiume Nanay, che si trova a circa 12 ore di viaggio in barca da noi. Tutto l’inquinamento viene poi trascinato a valle dalle acque del fiume verso la zona dove viviamo,” spiega Jhonny Huaymacari Yuyarima intervistato da Unimondo. “Inoltre veniamo costantemente minacciati dai gruppi criminali che gestiscono queste attività illegali.” 

 La lotta delle comunità indigene e contadine del Conaccunay dura da oltre vent’anni per proteggere l’Amazzonia peruviana. “La polizia navale viene una volta a settimana per rimuovere le draghe per l’estrazione dell’oro e poi quella successiva ne appaiono di nuove. C’è troppa corruzione e non abbiamo più fiducia nelle istituzioni: per questo abbiamo denunciato l’inefficienza dello Stato peruviano,” continua Huaymacari. 

La denuncia della comunità è stata presentata a Lima, presso la Segreteria Generale della Comunità Andina (CAN), un'organizzazione regionale che favorisce il libero scambio commerciale tra Perù, Ecuador, Colombia e Bolivia. Le comunità denuncianti sostengono che lo Stato abbia violato una politica regionale vincolante adottata nel 2012 dai paesi della Comunità Andina, volta a combattere l'estrazione mineraria illegale. 

“L'estrazione mineraria illegale ha già causato danni enormi e negli ultimi anni è aumentata in modo molto più allarmante,” dichiara César Ipenza a Unimondo, avvocato ambientalista che ha presentato il caso a nome delle comunità colpite. "Il Perù è uno dei maggiori produttori di oro al mondo e l'estrazione mineraria illegale sta acquisendo sempre più potere e forza. Questo tipo di attività che operano al margine della legge si stanno radicando in diverse regioni dell'Amazzonia peruviana, in particolare nel dipartimento più grande, quello di Loreto, nel bacino del fiume Nanay.” L’avvocato spiega che le miniere illegali rappresentano una doppia minaccia, non solo per le foreste e le comunità locali ma anche a causa delle violenze  perpetrate dalle organizzazioni criminali che le gestiscono, come i peruviani Los Trujillanos e gli ecuadoriani Los Choneros e Los Lobos.  

Per tutti questi motivi le comunità intendono portare fino in fondo la denuncia contro le miniere illegali. “Se la risposta del segretario della Comunità Andina non sarà soddisfacente,” conclude Ipenza, “ricorreremo al Tribunale Andino di Giustizia (l'organo giudiziario transnazionale) che, quando si evidenzia l'inadempienza di una norma, può imporre sanzioni di carattere tariffario, ovvero può imporre dazi commerciali al Perù.”  

Una lotta che è centrale per la salvaguardia dell’Amazzonia. La più grande foresta pluviale al mondo è a rischio di raggiungere il punto di non ritorno, quando la quantità di carbonio rilasciata sarà maggiore di quella immagazzinata (a causa di una deforestazione superiore al 40%). Perù e Bolivia sono tra le aree maggiormente vulnerabili, secondo l'analisi della ong Conservacion Amazonica (ACCA), che lancia l’allarme a pochi mesi dall'inizio della COP 30, che si svolgerà nella città brasiliana di Belém (Brasile), nel mese di novembre. 

“L'Amazzonia funziona come una gigantesca pompa idraulica che trasporta e ricicla l'umidità dall'Atlantico alle Ande,” si legge nel report di Conservación Amazónica, “Tuttavia, la distruzione delle foreste interrompe questo ciclo e minaccia di trasformare gli ecosistemi delle foreste umide in savane. Si evidenza che le aree più esposte sono proprio l'Amazzonia sud-occidentale del Perù e della Bolivia, specialmente durante la stagione secca.” 

La deforestazione nella parte orientale del Brasile (a causa degli incendi, degli allevamenti intensivi, delle monoculture e del traffico di legname) ha un impatto diretto sulla sicurezza idrica e agricola del Perù e della Bolivia. “L'Amazzonia occidentale dipende dai fiumi volanti per trasportare l'acqua dall'Atlantico. Se le foreste orientali del Brasile vengono distrutte, il ciclo dell'acqua si interrompe e i fiumi non raggiungono l'Amazzonia occidentale. Tutto è collegato”,  spiega Matt Finer, autore principale del rapporto. L'analisi contraddice l'idea che il collasso dell'Amazzonia sarà improvviso e uniforme. Al contrario, avverrà in modo progressivo, iniziando dalle aree più vulnerabili ed espandendosi gradualmente. 

Per questo motivo la mobilitazione e la denuncia delle popolazioni amazzoniche peruviane è centrale per la salvaguardia della giungla tropicale. Le comunità che vivono lungo il bacino del fiume Nanay, chiedono più controlli ma anche che venga riconosciuto il loro lavoro come custodi della Amazzonia. “Desideriamo che a seguito della denuncia vengano eliminati i progetti delle miniere illegali,” conclude Jhonny Huaymacari Yuyarima, “e che ci vengano date delle compensazioni per l’inquinamento causato. Il problema è globale, noi e le nostre 33 comunità ci prendiamo cura dell'Amazzonia: il polmone che crea l’ossigeno per dare la vita a tutto il mondo.”

Foto nel testo di César Ipenza

Monica Pelliccia

Monica Pelliccia è giornalista freelance. È specializzata in questioni sociali e ambientali, specialmente su tematiche come la tutela della biodiversità, i diritti delle donne, le migrazioni climatiche, le popolazioni indigene e i movimenti sociali. Ha realizzato reportage, fotoreportage e video, in particolare dal Centro e Sud America, come Honduras, Guatemala, Messico, Costa Rica, Brasile, Ecuador; dalla Palestina e da diversi paesi asiatici come Cambogia, Sri Lanka e India e dall’Europa pubblicati su testate italiane e internazionali come Mongabay, The Guardian, El Pais, L’Espresso e Altreconomia.

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