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#laRAIchevorrei: innovazione, sostenibilità e crisi dimenticate
Codici di condotta
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Tra le polemiche che ruotano intorno al Governo Lega-M5s si affacciano anche quelle legate alle nomine in seno alla RAI. Nei primi giorni di luglio toccherà al Parlamento indicare i 4 membri del consiglio di amministrazione di Viale Mazzini, eletti tra le oltre 200 candidature arrivate alla Camera e al Senato. Sarà infatti il primo CDA post-Riforma Renzi del 2015, aperto a cittadini candidati spontaneamente. Un meccanismo che ha visto l’adesione di soliti noti del mondo RAI e di illustri sconosciuti, nell’assenza però di un vero dibattito sul servizio pubblico televisivo del futuro. A rimettere al centro i contenuti ci prova Luca Mattiucci, tra i candidati indipendenti alla Camera, 36 anni, giornalista professionista e manager, un punto di riferimento per il mondo del sociale e del volontariato, prima come direttore del mensile Comunicare il Sociale e poi responsabile della sezione sociale di Corriere.it.
Con l’intento di coinvolgere le persone comuni e raccogliere consigli e desideri sulla Rai di domani, Mattiucci ha lanciato il suo programma in 20 punti e la campagna social #LaRAIchevorrei. Tra gli obiettivi principali: il ruolo dell’innovazione, della qualità, della sostenibilità e delle professionalità da rilanciare dentro e fuori l’azienda, e inoltre l’idea di far devolvere parte del compenso dei consiglieri del CDA a un fondo per le produzioni e il cinema indipendente. Ma anche la ripresa e il rilancio del giornalismo d’inchiesta fuori dai nostri confini, nei contesti di crisi. “Parlare di Esteri oggi significa ricominciare a dare priorità e risorse al racconto della realtà complessa lontana da noi, con linguaggi nuovi. Fare reportage e cultura per ampliare lo sguardo degli italiani, spiegare le cause dei fenomeni globali. Non basta. Bisogna far tornare in RAI le campagne sociali dedicate alle grandi emergenze dimenticate, penso all’Africa. Lo scorso anno abbiamo avuto una delle peggiori siccità degli ultimi 50 anni, che ha messo oltre 30 milioni di persone dalla Somalia al Delta del Niger sull’orlo della carestia. In altri paesi il servizio pubblico è stato protagonista di appelli e vasti reportage. Da noi nulla” spiega Mattiucci.
Tra i punti proposti sul fronte delle campagne sociali anche quello di creare un format capace di rendicontare dove e come sono stati investiti i proventi delledonazioni raccolte tra i telespettatori e pretenda la restituzione delle somme laddove emergano anomalie. “La RAI a cui penso punta sulla sostenibilità a 360 gradi, è un’azienda attenta ai Development Goals e li persegue inserendoli nelle proprie strategie aziendali, è lontana dalle lobby di potere e investe sui giovani per sviluppare nuovi modelli di business” continua il candidato, che sottolinea anche la necessità di uscire dalla dittatura dell’audite le affrontare i cambiamenti che hanno trasformato la fruizione dei contenuti televisivi, sempre più sganciati dai palinsesti e ricercati sul web. “Per fare questo è necessario che Viale Mazzini torni a svolgere un ruolo centrale formativo-informativo nella creazione di cultura, investendo su documentari, docufiction e format innovativi da poter esportare.”
“Forte del canone certo, fa innovazione tecnologica e destina parte dei proventi pubblicitari per creare innovation lab. Si occupa davvero di accessibilità, ampliando l’offerta in LIS, in lingua inglese, di sottotitoli e audiodescrizioni. Un’azienda che da vera impresa sociale sviluppa piani integrati per sensibilizzare i dipendenti e coinvolgerli in azioni dirette di solidarietà. Mette al bando la precarietà, progetta un sistema di tutele e welfare aziendale per dare condizioni paritarie alle donne nei percorsi professionali” sottolinea Mattiucci. La qualità, però, dovrebbe passare anche dalla valorizzazione delle sedi locali dell’emittente pubblica perché, si legge tra i principi proposti, il vero centro sono le periferie. “Condizione necessaria per attuare il mio programma è che la RAI sia pluralista, indipendente da qualunque ingerenza e garantisca una partecipazione al servizio pubblico semplice, chiara e trasparente a tutti i cittadini”. Idee già inviate ai Deputati. Spetterà a loro decidere se potranno entrare nel CDA. Intanto, si può dire la propria con l’hashtag #laRAIchevorrei.
Anna Toro

Laureata in filosofia e giornalista professionista dal 2008, divide attualmente le sue attività giornalistiche tra Unimondo (con cui collabora dal 2012) e la redazione di Osservatorio Iraq, dove si occupa di Afghanistan, Golfo, musica e Med Generation. In passato ha lavorato per diverse testate locali nella sua Sardegna, occupandosi di cronaca, con una pausa di un anno a Londra dove ha conseguito un diploma postlaurea, sempre in giornalismo. Nel 2010 si trasferisce definitivamente a Roma, città che adora, pur col suo caos e le sue contraddizioni. Proprio dalla Capitale trae la maggior parte degli spunti per i suoi articoli su Unimondo, principalmente su tematiche sociali, ambientali e di genere.