Stare insieme e all’aperto ci fa bene

Stampa

Foto: Unsplash.com

Gran parte dell’Italia è tornata nelle ultime settimane in zona gialla, tra polemiche, divergenze di opinioni, ingiustizie di varia natura e assembramenti che esplodono alternativamente in proteste o baccanali.

Due sono le riflessioni che vale la pena condividere, in aggiunta alle tante a cui ormai ci siamo abituati nel nostro #Covidquotidiano e che variano dalle immancabili tabelline di dati-numeri-e-dolori alle indecenti strumentalizzazioni politiche delle tragedie subite innegabilmente da molte famiglie e categorie professionali.

La prima riflessione: la trasmissione all’aperto del virus rappresenta lo 0,1% dei casi. 1 contagio su 1000. A sostenerlo sono i dati emersi da una ricerca del Centro irlandese per il Monitoraggio e la Protezione della Salute (HPSC). Incontrarsi all’aria aperta è molto più sicuro che farlo nei luoghi chiusi, dove l’areazione è scarsa o assente. Occorre farlo con le necessarie accortezze, ambito nel quale a dire il vero anche noi italiani dimostriamo in più occasioni un’esilarante creatività. Ma diventa evidenza scientifica il fatto che un numero relativamente basso di casi di contagio outdoor non si è verificato solo in Irlanda, ma è confermato anche da altre tendenze a livello internazionale, come per esempio in Cina, dove un altro studio ha rilevato che su 1245 casi di contagio solo 3 persone erano state infettate all’aperto, o ancora in California, dove i ricercatori confermano che la possibilità di contrarre il virus in luoghi chiusi aumenta di 19 volte rispetto agli spazi aperti.

Sono numeri, quelli dei contagi all’aperto, che il professor Weed dell’Università di Canterbury, così come riportato da Greenme.it, ha definito “così piccoli da essere insignificanti”. Ora, non si tratta di sottovalutare i rischi, indubbiamente presenti, ma di pesarli in una visione allargata del fenomeno: stare all’aria aperta – soprattutto ora che si apre la bella stagione – è più sicuro, fa bene al corpo e anche all’umore.

E qui sopraggiunge la seconda riflessione.

L’isolamento ha sempre affascinato gli psicologi. Fino a poco tempo fa si trattava di un fenomeno molto contenuto, che i ricercatori dovevano andare a studiare in genere solo negli adulti e/o in profili particolari, come i malati di Alzheimer, gli esploratori artici o gli astronauti, forse tra le pochissime categorie che potevano aiutare a capire gli impatti sul cervello e sul corpo che potevano causare ridotte o ridottissime interazioni con i propri simili. Adesso però siamo tutti diventati oggetti, diversi per sesso, età e condizione sociale, di studio e ricerca, ma anche al contempo osservatori di quello che sta succedendo intorno e dentro di noi. Viviamo sulla nostra pelle lo stress, la fatica, la difficoltà a concentrarci e quella sorta di intontimento cognitivo che il lockdown a più riprese ci ha inferto, provocando conseguenze non da poco. Che però, dicono le ricerche di un gruppo di scienziati scozzesinon sono irreversibiliL’indolenza che abbiamo sviluppato sembra recedere rapidamente una volta ripresi i contatti sociali. Indubbiamente per molti un sollievo non immediato, dato che abbiamo accumulato mesi di solitudine, preoccupazioni, opportunità mancate e relazioni surrogate online, che hanno deteriorato la salute mentale anche di chi non aveva precedentemente manifestato problemi psicologici o che, ancora, non è pronto a riconoscerli. Pare quindi che l’ansia di tornare a essere animali sociali possa essere arginata, pur sempre promuovendo – per un periodo ancora indefinito – le necessarie precauzioni: lavarsi le mani e stare alla giusta distanza. Che poi sono un paio di bei consigli da tenere a mente anche quando avremo superato questa crisi.

Già, perché sia che ci sentiamo a nostro agio come grandi aggregatori di folle, sia che ci consideriamo più orsi in solitario letargo, sempre e comunque le relazioni ci portano benefici che vanno al di là del puro piacere che la compagnia o la presenza dei propri simili può infondere: per esempio rallentano le demenze, potenziano la memoria e l’abilità di pensare e di farlo con mente aperta e chiara, aumentano la possibilità di percepire il tempo e migliorano l’attenzione e la capacità di imparare. E lo fanno soprattutto quando crescono e si sviluppano in quello spazio di rispetto che non coincide con l’annullamento dei contatti, delle relazioni e per esteso della comunità che si riconosce nelle reti che la tessono ma che, se adesso ci garantisce sicurezza fisica, è anche cifra di un rapporto sano, non invadente, paritario e bilanciato. E che dovrebbe far riflettere i decisori politici rispetto alle misure da attuare: come abbiamo più volte sottolineato anche da queste pagine, la salute va preservata in tutte le sue sfumature, non solo in quelle evidenti del corpo e della materia.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

Ultime su questo tema

La scheggia impazzita di Israele

12 Settembre 2025
Tel Aviv colpisce, implacabile, quando e come gli pare, nella certezza dell’impunità interna e internazionale. (Raffaele Crocco)

Eternit e panini kebab

10 Settembre 2025
Un pellegrinaggio sui campi da rugby italiani, con lo scopo di condividere e raccontare le capacità riabilitative, propedeutiche e inclusive della palla ovale. (Matthias Canapini)

Basta guerra fredda!

30 Agosto 2025
Il recente vertice di Anchorage ha aperto spiragli per un futuro meno segnato da conflitti e contrapposizioni. (Alex Zanotelli e Laura Tussi)

Il lavoro delle Ong nel Mediterraneo, tra minacce e ostruzionismo

29 Agosto 2025
Dopo l’attacco alla Ocean Viking, abbiamo intervistato Sara, Protection officer a bordo della nave Humanity 1. (Maddalena D´Aquilio

Global Sumud Flotilla: resistere per esistere

29 Agosto 2025
Dal Mediterraneo a Gaza: la più grande flottiglia civile mai organizzata per denunciare il genocidio e portare solidarietà al popolo palestinese. (Articolo 21)

Video

Pier Luigi Vigna sulla Responsabilità Sociale d'Impresa