www.unimondo.org/Guide/Politica/Codici-di-condotta/Lobby-e-conflitti-d-interesse-a-Bruxelles-chi-influenza-l-Ue-148310
Lobby e conflitti d’interesse a Bruxelles: chi influenza l’Ue?
Codici di condotta
Stampa
LobbyFacts, un progetto dell’associazione Corporate Europe Observatory (CEO) realizzato in collaborazione con Friends of the Earth e LobbyControl, vuole far luce sulle attività delle lobby a Bruxelles e permette di scoprire chi e con che mezzi cerca di influenzare i processi decisionali delle istituzioni europee. Secondo Erik Wesselius, uno dei creatori di LobbyFacts, è stato necessario sviluppare il progetto in quanto “fare lobbying è un grande business nell’Ue”.
È la Philip Morris, la multinazionale americana del tabacco, ad aggiudicarsi il primato della spesa più elevata destinata alle attività di lobbying. L’azienda americana, segnala LobbyFacts, ha portato la spesa da 1,25 milioni di Euro nel 2012 a 5,25 milioni di Euro proprio nel 2013, anno cruciale per le attività legate alla direttiva per il tabacco. La Direttiva (2014/40/UE), poi approvata a febbraio 2014, ha fissato nuove norme relative alla lavorazione, presentazione e vendita del tabacco ed è andata a sostituire la direttiva del 2001.
Ma la Philip Morris non è l’unica grande azienda statunitense ad investire ingenti cifre nel lobbying. Saltano all’occhio per esempio la ExxonMobil Petroleum & Chemical con una spesa annuale di 5 milioni e la Microsoft con 4,75 milioni. Le aziende statunitensi raggiungono la maggiore spesa totale, ma rientrano nella top 10 per la spesa anche aziende europee come Shell, Siemens e Bayer, oltre alla cinese Huawei Technologies. Solo le prime 10 aziende raggiungono una spesa di 39 milioni di Euro annui destinati ad attività di lobbying.
LobbyFacts rivela inoltre le numerose incongruenze e gli errori del Registro per la trasparenza, un documento istituito nel 2011 per registrare, su base volontaria, le attività dei lobbisti presso le istituzioni Ue. Questi errori sono, a detta di LobbyFacts, causati dalla mancanza di istruzioni precise e di controlli, e fanno sì che il documento risulti inaffidabile. Secondo Natache Cinguetti di CEO “data la mancanza di un registro obbligatorio, molte delle attività di lobbying nei confronti delle istituzioni Ue sono svolte segretamente, e molte lobby evitano di comunicare le proprie spese oppure dichiarano delle spese inferiori a quelle reali”.
Oltre alla mancanza di trasparenza delle attività dei lobbisti, CEO denuncia i conflitti di interesse di alcuni esperti incaricati a consigliare la Commissione Ue, e in particolare la sua direzione generale per la salute e i consumatori, sui regolamenti sulle sostanze chimiche. Secondo CEO, il 67% degli esperti coinvolti nelle decisioni legate a quattro sostanze particolarmente controverse prese in esame, tra cui i parabeni, avevano dei legami con aziende con interessi, diretti o indiretti, nelle sostanze chimiche in questione. Sono citate tra queste aziende GlaxoSmithKline, DuPont e Unilever. Questi risultati sollevano, secondo CEO, dei dubbi sull’indipendenza e sulla trasparenza delle attività della direzione generale per la salute e i consumatori.