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Erbacce o angoli di biodiversità?
Codici di condotta
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Foto: Unsplash.com
Quelle della primavera inoltrata e, a seconda delle altitudini, della prima estate, sono settimane di fioriture: prati ricchi di specie, campi, aiuole o bordi delle strade, la natura esplode ovunque le si lasci spazio. Siano rare orchidee selvatiche o fiammeggianti papaveri, la tavolozza si arricchisce non solo di piacevoli scorci per noi, ma anche di contesti favorevoli allo sviluppo della biodiversità e alla sopravvivenza di specie di fiori e insetti. Un accadimento in molti casi spontaneo, a volte accompagnato con la definizione di perimetri di protezione (si pensi per esempio alle aree protette appositamente istituite per i prati aridi), a volte ignorato o falciato. A volte, come in Inghilterra, diventato parte di un progetto di sensibilizzazione e tutela.
L’iniziativa ha preso avvio nel 2013 a cura della onlus Plantlife, con l’intenzione di sollevare l’attenzione delle amministrazioni locali sulla gestione degli sfalci delle erbe spontanee a bordo strada e suggerendo di lasciare che la natura segua i suoi ritmi senza intervenire. Perché? Non di certo per perorare la causa di marciapiedi abbandonati, lasciati all’incuria. Che poi l’incuria, lo sappiamo, è concetto che appartiene all’uomo più che alla natura.
La strategia aveva invece lo scopo di tenere d’occhio non solo la biodiversità, ma anche la connettività ecologica di un ecosistema complesso, che arriva proprio fin sul ciglio delle strade e che, come effetto collaterale di una gestione attenta appunto a una biodiversità altrimenti destinata all’estinzione, avrebbe avuto anche un significativo risparmio in denaro per l’amministrazione e la spesa pubblica.
E non si tratta solo di fiori o insetti. Sappiamo bene che le connessioni ecosistemiche riguardano tutti gli esseri viventi che abitano il pianeta (insetti e impollinatori, invertebrati e piante): secondo l’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES), i mammiferi selvatici si sono ridotti dell’82% in un arco temporale di circa 120 anni. E possiamo dire che l’Inghilterra non se la passa bene neanche dal punto di vista dei prati selvatici (nell’ultimo centinaio d’anni ne ha perso oltre il 97%), la cui importanza è stata per troppo tempo sottovalutata e la cui manutenzione, proprio a causa di sfalci troppo frequenti, ha indebolito l’intero ecosistema. Le linee guida che ha invece promosso Plantlife e che si aggiungono al costante impegno dell’associazione su questi temi, considerano l’opportunità di due soli tagli l’anno, in primavera e con l’inizio dell’autunno, rimuovendo il residuo per ridurre la pacciamatura che, questa volta, invece che alleata alla riduzione delle “erbacce” negli orti, si rivelerebbe ostacolo alla crescita delle erbe spontanee, in questo contesto prezioso elemento di differenziazione delle specie.
Un progetto di rete che, oltre alla partecipazione delle amministrazioni locali (Nottingham, Lincoln, Birmingham, Newcastle, Sheffield, Edimbourgh per citarne alcune), ha visto la collaborazione della società autostradale, di aziende di infrastrutture e di associazioni ambientaliste, nonché di Natural England, ente supportato dal ministero dell’Ambiente. E che ha raccolto risultati, tra cui la ricomparsa di specie come le farfalle Adonis/Bellargo (Polyommatus bellargus) e Chalkhill blue (Polyommatus coridon), vedendo rifiorire lungo le autostrade, nel senso davvero più letterale del termine, oltre il 50% delle specie presenti in Gran Bretagna. Ma non ci si è limitati a una passiva osservazione. In oltre una ventina di parchi della capitale sono stati creati spazi di tutela per le api, minacciate come sappiamo dall’inquinamento delle nostre città, ma anche da quello delle campagne e dai cambiamenti climatici in atto, alcuni dei quali purtroppo con conseguenze irreversibili. È così che anche i parchi cittadini diventano preziosi scrigni di salvaguardia: proprio lì sono stati seminati fiori selvatici adatti al lavoro certosino delle alate alleate alla nostra stessa sopravvivenza.
Una soluzione che pare quindi destinata al successo, non solo per la naturale bellezza di questi scenari che ha di certo migliorato il passaggio, e il paesaggio, ai bordi delle strade ad alto scorrimento, ma anche e in particolar modo per noi e per la nostra responsabilità ambientale che, davvero, non è mai troppa.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.