Bei: democratica e responsabile?

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La Banca europea per gli investimenti (Bei) è diventata oggi il maggior erogatore pubblico di prestiti nel mondo. Ogni anno presta circa 40 miliardi di euro, la maggior parte per progetti in Stati membri dell’Unione Europea (Ue), ma in misura crescente anche per importanti investimenti nell'area mediterranea, nell’area ACP- Africa, Caraibi e Pacifico, in America Latina e in Asia. Un biglietto da visita niente male per l’Europa e le sue scelte economiche. La Bei, di fatto, agisce come una banca indipendente, responsabile solo verso i suoi azionisti, ovvero i governi dei 25 Stati membri. “Al momento - spiega Antonio Tricarico coordinatore della Campagna per la Riforma della banca Mondiale - essa deve essere considerata l’istituzione meno trasparente, meno responsabile e meno democraticamente controllata tra le agenzie incaricate di dare attuazione alle politiche Ue”.

A rivelarlo il rapporto “Hit and Run Development” (.pdf), appena reso pubblico da Counterbalance, la rete di Ong europee che monitorano l’istituzione. Nel suo studio, analizzato di recente dal Guardian, Counterbalance conclude che l’uso da parte della Bei di private equity e intermediari finanziari “spesso esposti al rischio di casi di corruzione ed evasione fiscale”, va contro ogni logica di sviluppo, ed in particolare di quello dei Paesi del Sud del mondo.

Come “banca di casa “ dell’Ue, la Bei, infatti, dovrebbe rispettare e attuare i suoi fini fondamentali ovvero promuovere lo sviluppo sostenibile, ridurre la minaccia dei cambiamenti climatici, proteggere la biodiversità e creare posti di lavoro. Ma la realtà del suo programma di prestiti disegna al momento un quadro ben diverso.

Eclatante il finanziamento poi abortito al progetto della diga di Gibe 3, in Etiopia cha a causa delle gravi problematiche socio-ambientali denunciate da Survival International, International Rivers e Friends of Lake Turkana ha allertato numerose ong raccolte sotto il nome di Stop Gibe 3 convincendo la Bei ha capitolare “davanti ad una ipotesi - ha denunciato Survival - che ha deliberatamente ignorato i devastanti effetti che potrebbe avere sulla sicurezza alimentare di almeno ”.

“Attraverso massicci prestiti destinati ad infrastrutture per l’energia e i trasporti - spiega la Crbm - la Bei è diventata uno dei maggiori artefici istituzionali dei cambiamenti climatici. Attraverso la filosofia dei grandi prestiti, essa spesso finanzia grandi multinazionali, che non contribuiscono istituzionalmente al bene collettivo e, per propria natura, avrebbero meno bisogno degli aiuti pubblici”.

Ma non solo. “Attualmente la Bei non ha un mandato politico per i suoi prestiti ai paesi in via di sviluppo - precisa Tricarico - e si rifiuta di essere considerata una banca per lo sviluppo multilaterale, sebbene operi in più di 100 Pvs e sostenga importanti programmi di sviluppo nei paesi partner della Ue”. Inoltre, la pratica corrente dà alla Bei sostanzialmente carta bianca “per prestiti al di fuori della Ue, senza che sia chiaro quali standard ambientali e sociali vengano adottati per i progetti o per prestiti globali tramite intermediari”.

Più nel dettaglio, il 37 per cento dell’ammontare complessivo delle operazioni al di fuori dell’Ue avviene con l’aiuto di espedienti finanziari, mentre la pre-approvazione di insiemi di progetti e non singolarmente rende ancora più difficile controllare come siano impiegati e a chi vadano a finire i soldi stanziati dalla Banca. Così, sebbene la Bei insista a dire che si rivolge a intermediari affidabili e sui quali ripone la massima fiducia, nel rapporto ci sono chiare prove di numerosi casi in cui i fondi dei contribuenti europei sono stati utilizzati in maniera fraudolenta “al fine di riciclare denaro e di favorire l’arricchimento personale e l’evasione fiscale”.

“Una parte del miliardo e 100 milioni di euro che sono messi a disposizione ogni anno per finanziamenti ai Paesi africani e a quelli dei Carabi - spiega Counterbalance - è sparito in banche africane (in particolare una in Nigeria il cui direttore è al momento sotto inchiesta per truffa) e transita regolarmente per intermediari con sede nei paradisi fiscali, quali le Mauritius e Lussemburgo”.

Occorre quindi che la Bei rispetti gli impegni della Ue per lo sviluppo globale e gli standard stabiliti da altre banche per lo sviluppo multilaterale. Ma come? Anzitutto con una maggiore trasparenza e soprattutto “con progetti di finanziamento dei Paesi in via di sviluppo che contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi di Sviluppo del Millennio dell'Onu”.

Per Tricarico: “finanziare con soldi pubblici istituti finanziari altamente speculativi mina alla base ogni sforzo di regolamentazione dei mercati finanziari, nonché è l'ennesima forma di salvataggio delle banche che hanno creato la grave crisi che viviamo. Un andazzo semplicemente vergognoso”.

La speranza è che il Parlamento europeo ed i governi dell'Ue possano cambiare rotta, dal momento che si trovano nel bel mezzo del processo di scrittura del nuovo mandato della Bei.

Alessandro Graziadei

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