Appello a "fermare la costruzione del muro"

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Sei associazioni italiane impegnate nei settori della difesa dei diritti umani, della cooperazione, della solidarietà internazionale e dell'intervento umanitario (Amnesty International, Arci, Ics-Consorzio italiano di solidarietà, Movimondo, Save the Children e Uisp-Unione italiana sport per tutti) sollecitano la presidenza italiana dell'Unione Europea a chiedere al governo israeliano di fermare la costruzione del muro o barriera di sicurezza, avviata il 14 giugno 2002.

L'appello giunge alla vigilia della "Giornata internazionale di azione contro il muro", indetta per il 9 novembre dalla Stop the Wall campaign.

"Chiediamo al governo israeliano" - affermano le sei associazioni in una dichiarazione congiunta - "di interrompere la costruzione del muro o barriera di sicurezza e di altre strutture permanenti all'interno dei Territori Occupati, che sono causa diretta di restrizioni della libertà di movimento dei palestinesi all'interno degli stessi Territori, della distruzione o confisca illegale delle loro proprietà e di ulteriori violazioni dei loro diritti sociali ed economici".

Le sei associazioni ribadiscono la loro piena condanna nei confronti degli attacchi dei gruppi armati palestinesi contro la popolazione civile israeliana e convengono sul diritto inalienabile dello Stato di Israele di assumere misure "ragionevoli, necessarie e proporzionate" per proteggere la sicurezza dei suoi cittadini e dei suoi confini.

Il muro o barriera di sicurezza tuttavia - sottolineano le sei associazioni - non corre lungo la Linea Verde dell'armistizio del 1949 che determina i confini tra Israele e i Territori occupati nel 1967: la struttura penetra, in alcuni punti anche per venti chilometri, all'interno dei Territori Occupati, allo scopo di comprendere numerosi insediamenti di coloni israeliani. Tali insediamenti sono illegali, sulla base del diritto internazionale, e dovrebbero essere smantellati.

La prima parte del muro o barriera di sicurezza, da Jenin a Qalqiliya, ha contribuito significativamente al peggioramento delle condizioni di vita di almeno 200.000 palestinesi, che devono oltrepassare questa struttura in determinati posti di blocco, spesso chiusi, per muoversi all'interno dei Territori Occupati, andare al lavoro, coltivare i campi, vendere i prodotti, andare a scuola e ricevere cure mediche.

Il muro o barriera di sicurezza ha anche chiuso all'interno di enclave circa 13.000 palestinesi di una quindicina di villaggi, che ora sono intrappolati tra la Linea verde e il muro o barriera di sicurezza. La costruzione del muro o barriera di sicurezza ha significato la distruzione o la confisca, "per necessità militari", di ampie porzioni di terreni agricoli. Inoltre, decine di migliaia di palestinesi sono stati separati da circa 100.000 dunam di terra (1 dunam = 1000 mq), che ora si trovano a ovest del muro o barriera di sicurezza.

Amnesty, Arci, Ics, Movimondo, Save the Children e Uisp chiedono inoltre alla presidenza italiana dell'Unione Europea di premere sulle autorità israeliane affinché sia garantito pieno accesso nei Territori Occupati alle organizzazioni non governative che da anni sono impegnate, accanto alla società civile israeliana e palestinese, in azioni destinate a promuovere un futuro di pace, tolleranza, sviluppo e rispetto dei diritti umani.

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