Bosnia, a 25 anni dalla guerra perdono i partiti dei reduci ma ancora non basta

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Foto: Unsplash.com

25 anni dalla guerra, basta agli odi utili

Nella Sarajevo quasi monoetnica ‘bognacco musulmana’ sopravvissuta alla guerra ma non alla pulizia etnica politica successiva agli ammazzamenti, per la prima volta prende una sonora batosta il partito nazionalista bosniaco-musulmano (Sda), di Izetbegovic, il figlio del presidente storico che dichiarò la secessione della Bosnia dalla Jugoslavia, e fu l’inizio del peggio. Ora i ‘partiti sorpresa’, una coalizione di quattro formazioni  politicamente e generazionalmente più aperte che conquista tre dei quattro comuni della capitale: Centar, Novo Sarajevo, Ilidza, nei tempi del conflitto, luoghi di frontiera e indicibili sofferenze.

Banja Luka Srpska tra Dodik e il fantasma di Karadzic

Ribellione politico generazionale anche a Banja Luka, capoluogo della Republika Srpska (l’altra ’entità’ nazionale della follia costituzionale bosniaca partorita nel 1995, come ‘pace provvisoria’, armistizio, cessate il fuoco, fine del macello, per poi pensare subito dopo a qualcosa di sensato). 25 anni dopo il macello, le parole ‘riforma costituzionale’ sono ancora bestemmia. Per fortuna a Banja Luka (la città delle donne in quei tempi di guerra, 11 donne ogni maschio, quando loro dovevano andare in guerra), il 27enne Drasko Stanivukovic, candidato del Pdp, principale partito d’opposizione, riesce a strappare dopo 22 anni il governo della città all’Snds, partito personale dell’uomo forte di Banja Luka, il nazionalista serbo-bosniaco Milorad Dodik che aggrega attorno a se molti diversi orfani, da Milosevic ai folli di Pale.

Mostar col passaporto anche croato vota a dicembre

«Non si è votato invece a Mostar, capoluogo dell’Erzegovina a maggioranza croata, dove le elezioni si svolgeranno il 20 dicembre per la prima volta dal 2008», scrive Alessandra Briganti sul Manifesto. Ma anche in Erzegovina, nei comuni dove si è votato, l’Hdz, il partito nazionalista croato del fu presidente Tudjman, «subisce una pesante sconfitta nelle roccaforti di Tomislavgrad e Prozor-Rama». Va anche detto, come quasi sempre ed ovunque accade, i tre partiti che hanno dominato malamente la scena politica del Paese negli ultimi venti anni (l’Sda, l’Snds e l’Hdz), riescono a tenere le posizioni nelle zone rurali.

Un terremoto politico, forse

«Un terremoto che dà voce all’insofferenza dei cittadini verso un sistema politico corrotto che affonda le radici nel dopoguerra e che per anni è riuscito a stare in piedi grazie a una rete clientelare che gli ha permesso di controllare tutti i settori della società», la valutazione severa di Alessandra Briganti. La piccola politica dei favori di appartenenza etnica e di clan che con la pandemia Covid ha fatto esplodere le sue mostruose ingiustizie ed inefficienze.

Balcani diversi ma ancora nazionalismi

«Il voto in Bosnia sulla scia di cambiamenti già registrati in Montenegro, Kosovo e ancor prima in Macedonia del Nord». Cambio politico generazione di cui già s’è detto. «Una generazione insofferente alla corruzione, che guarda all’Europa a volte con lo stesso fervore con cui si professa nazionalista. È il caso di Albin Kurti in Kosovo, di Zdravko Krivokapic, il premier nazionalista serbo designato del Montenegro, ma è anche il caso di Stanivukovic, il giovane avversario di Dodik, noto per le sue posizioni nazionaliste».

Eccezione più europea a Sarajevo Centar

«Srdjan Mandic, vicepresidente di Nasa Stranka, eletto sindaco nel più importante municipio della capitale, Centar. Economista, ex direttore della testata Oslobodjenje, Mandic, di famiglia comunista e partigiana, è uno di quei serbi che hanno combattuto tra le file dell’esercito bosniaco nella guerra degli anni Novanta, cittadino di Sarajevo come si è più volte definito, è invece l’espressione di una diversa visione della società, una società inclusiva, sanata dalle divisioni provocate dal conflitto».

Un terremoto balcanico che, come tutto ciò che riguarda quella terra da qualcuno di noi molto amata,  è sempre segnato da contraddizioni. Con la svolta da tutti sperata, che si rivela sempre un po’ oltre la soglia della porta di casa delle gente dei Balcani.

Da Remocontro.it

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