Assange va liberato. Ora. Subito!

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Semplicemente, non dovrebbe stare lì, dove sta. Julian Assange non dovrebbe essere in galera da quattro anni. Non dovrebbe nemmeno essere senza una vita reale da 11, da quando cioè si rifugiò nell’ambasciata dell’Ecuador di Londra per sfuggire ad un primo arresto.

Perché? Per quale ragione non dovrebbe essere in una prigione di massima sicurezza britannica da 1.460 giorni, in attesa di una sentenza di estradizione verso gli Stati Uniti e verso un processo per spionaggio e alto tradimento che è una bestemmia?

Risposta semplice: perché non ha commesso alcun reato. Non ha ucciso, non ha rubato, non ha truffato, non ha stuprato, non ha venduto droga, armi o esseri umani. Non appartiene ad alcuna organizzazione criminale, non è un terrorista, non ha messo bombe o attaccato persone o esortato qualcuno a farlo. Non ha nemmeno spiato, rubato segreti, tradito il proprio Paese, l’Australia.

Queste cose le sappiamo. Le sanno tutti. Le sanno anche quelli che lo stanno tenendo in gabbia. Quello che ha fatto Assange è semplicemente fare bene il proprio mestiere di giornalista. Ha avuto da una fonte affidabile e verificata delle informazioni e le ha trasformate in notizia, pubblicandole su un sito che dirigeva, WikiLeaks, cedendole poi anche ad altre testate, che le hanno ripubblicate.

Quelle notizie lui non le aveva rubate, non era entrato in modo illecito in siti, case, archivi o cassetti. No, le aveva avute da una fonte. Perché questo fa un buon giornalista: riceve informazioni dalle fonti, le verifica e le trasforma in notizie. Le notizie sono la base della buona informazione e sono, ricordiamolo, merce esclusiva della democrazia. Sono i tasselli che quotidianamente permettono ad ogni cittadina e ad ogni cittadino di crearsi un’opinione e di prendere libere decisioni coerenti. Perché vedete, i giornali – o gli organi di informazione in genere – possono esistere anche senza democrazia, nelle dittature.

Il giornalismo no, esiste solo in democraziaPerché è il giornalismo, cioè il o la giornalista, che trasforma l’informazione, la passa al setaccio incurante del potere o del contropotere, si accerta che sia vera, reale e la fa diventare notizia. Nelle dittature esistono, invece, persone pagate per scrivere e divulgare quello che viene loro ordinato ed è cosa ben diversa.

In democrazia, quindi, un buon giornalista dovrebbe essere libero e “protetto”, proprio perché è il garante di tutto e di tutti. Se viene imprigionato, costretto a tacere, proprio perché ha divulgato notizie scomode, sgradevoli, vuol dire semplicemente che la democrazia è morta. E se tutti noi accettiamo che questo avvenga, se non ci ribelliamo con forza e con gesti eclatanti, vuol dire che quella democrazia la stanno uccidendo con la nostra complicità o grazie alla nostra stupidità.

Gli arroganti Stati Uniti, i non a caso complici britannici, colpevoli di aver trascinato tra il 2001 e il 2003 il Mondo in guerre feroci, non possono vincere questa volta. Così come non deve passare sotto silenzio l’indifferenza europea. Non possono tenere prigioniero un uomo colpevole solo di avere smascherato le menzogne, le atrocità di quelle guerre. Non dobbiamo permetterglielo.

Assange va liberato subito, come vanno liberati e protetti ovunque – nel Mondo – tutti quelli che sono in carcere e rischiano la vita solo perché raccontano fatti e verità. I diritti umani non possono esserci solo quando ci fanno comodo. I diritti umani dobbiamo difenderli e tenerli come punto fermo soprattutto quando svelano le nostre colpe, le magagne, le nostre responsabilità. Dobbiamo ammettere di poter essere brutti, sporchi e cattivi come tutti. E come tutti dobbiamo avere la forza, l’intelligenza e la capacità di rimediare.

Per questo Assange va liberato. Ora. Subito!

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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