Spagna: finisce lo stallo, continua l’incertezza

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Il Partito Socialista Spagnolo (PSOE) ha deciso di dare un appoggio esterno al Partito Popolare (PP) per formare un nuovo governo, mettendo così fine a una paralisi politica che durava da ormai 308 giorni. Ma lo scenario politico resta frammentato e incerto.

Domenica 23 ottobre la maggioranza dei membri del comitato federale del Partito Socialista Spagnolo (PSOE) è stata chiamata a votare sul comportamento da tenere in vista di un prossimo voto di fiducia per la formazione di un governo guidato dal conservatore Mariano Rajoy del Partito Popolare (PP). La scelta era tra una politica di opposizione, che avrebbe costretto il re Felipe IV a convocare la terza tornata elettorale in dodici mesi; o un’astensione strategica, che avrebbe permesso la formazione del governo dopo una paralisi politica che durava ormai da 308 giorni. Il comitato ha votato per l’astensione.

Questa scelta era determinata da due inconcludenti tornate elettorali in cui sia il PSOE che il PP avevano ottenuto circa un terzo dei voti. Nonostante mesi di negoziazioni tortuose, fino ad ora continuava a mancare una maggioranza abbastanza solida per creare un governo. In questi mesi il segretario del PSOE, Pedro Sanchez, aveva continuato a dichiararsi contrario ad appoggiare, anche indirettamente, il PP. Secondo lui, nell’impossibilità di formare un governo di sinistra, il compito del PSOE era quello di fare opposizione al centro-destra. Tuttavia, a inizio ottobre Pedro Sanchez è stato sfiduciato dalla maggior parte dei membri del PSOE al termine di un lacerante scontro interno al partito. La nuova maggioranza del partito ha deciso di aprire ai conservatori pur di scongiurare il rischio di nuove elezioni. Il presidente ad interim del consiglio direttivo del PSOE, Javier Fernàndez, ha spiegato che “astenersi non significa appoggiare”. Mariano Rajoy potrà così creare il primo governo dopo nove mesi dopo il periodo di stallo più lungo nella storia recente del Paese; tra gli altri Stati europei solo il Belgio ha fatto di meglio, con un record di 541 giorni senza riuscire a formare un governo tra 2010 e 2011.

La fine dello stallo aggrava tuttavia la crisi della sinistra spagnola. Dall’entrata in vigore della Costituzione del 1978, la Spagna è stata governata sempre da partiti guidati o dal PP o dal PSOE, con questi due partiti che hanno sempre fatto dura opposizione. Il PSOE si ritrova ora senza un leader e con una profonda frattura interna, confermata anche dal voto di ieri: 139 voti a favore e 96 contrari, e molti deputati, soprattutto quelli provenienti dalla Catalogna, che hanno già dichiarato di non attenersi alla decisione del partito, annunciando che voteranno contro il governo del PP. La conseguenza di questa situazione, che potrebbe presto ripetersi in Francia e in Italia, seppur con dinamiche peculiari, è che la sinistra rischia di rimanere tagliata fuori dagli spazi di governo per un lungo periodo.

In Spagna, nel breve termine, a beneficiare maggiormente di questa crisi sarà soprattutto Podemos, la formazione emergente di sinistra che si è sempre rifiutata categoricamente di scendere a patti non solo con il PP, ma anche con il PSOE stesso. Già prima delle elezioni Podemos aveva guadagnato molti consensi, avvicinandosi al PSOE come numero di voti. Adesso, accusando il PSOE di scendere a patti con il PP, Podemos potrebbe diventare il principale partito d’opposizione.

D’altra parte, a beneficiare della situazione sarà anche il PP di Mariano Rajoy, che già emerge come vincitore da questo lungo stallo politico. I conservatori non avranno vita facile in Parlamento: El País ha ricordato che Rajoy sarà il presidente con il più basso sostegno parlamentare di sempre, con soli 137 deputati su 350, quelli del PP, a cui si potranno però aggiungere i 32 di Ciudadanos. Con una maggioranza così fragile, ogni iniziativa legislativa avrà un percorso travagliato. E tuttavia, la crisi interna del PSOE aiuta il governo: in un momento in cui il partito è al minimo storico dei consensi e ancora alla ricerca di un nuovo leader, la prospettiva di andare alle elezioni rimane poco appetibile. 

Lorenzo Piccoli

Sono Lorenzo e scrivo per il portale Unimondo.org dal 2012, più o meno da quando mi sono trasferito a Firenze per iniziare un dottorato di ricerca pagato dal Ministero degli Esteri Italiano presso l'Istituto Universitario Europeo. Sono approdato in Toscana dopo esser cresciuto tra Trento e altre città molto pittoresche: studiando ho trascorso un semestre al Trinity College di Dublino in Irlanda, un altro semestre alla University di Victoria in Canada, e poi lavorando ho vissuto per un anno a Bruxelles in Belgio e per qualche mese a Edimburgo in Scozia. Per il mio dottorato mi occupo di cittadinanza e nazionalismo. Provo a trattare gli stessi temi quando scrivo per Unimondo.  

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