Verso le elezioni. L’occasione dell’Europa

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Foto: Unsplash.com

Sarà l’ennesima occasione persa? La domanda centrale alla vigilia di questo nuovo voto per il Parlamento europeo è banalmente questa. È dal 1979, anno in cui per la prima volta si votò a suffragio universale per il Parlamento di Strasburgo, che il quesito ci insegue. Perchè l’impressione che l’Unione Europea sia una grande occasione persa ce la portiamo appresso come un bubbone, sempre.

L’idea di un vecchio continente trasformato, finalmente, in un grande e unico luogo condiviso e convissuto è tanto affascinante, quanto irrealizzata. Nella pancia e nella testa dei giovani europei questa cosa, questa Unione naturale dal Canale di Sicilia alla Scandinavia, c’è già. Nessuna ragazza o ragazzo di venticinque anni o meno si pone il problema “dell’Unione Europea”: esiste e basta. Se davvero volessimo risolvere i nostri problemi sul futuro dell’Europa unità basterebbe, credo, una riforma elettorale, con il divieto di candidare o far candidare al Parlamento europeo chi ha più di 35 anni. Così, tutto il vecchiume parasovranista, ultraliberale, nazionalista o tardo conservatore verrebbe cancellato dalla semplice presa d’atto che i cittadini europei già esistono: hanno venti-trent’anni, parlano inglese e pensano a Berlino, Milano, Parigi o Madrid come a una delle loro case.

Invece, a rappresentarci in Europa continuiamo a mandare i vecchi dinosauri che i partiti non sanno più come gratificare o liquidare. O fingiamo di mandare i capi partito, che approfittano dell’ennesima ribalta elettorale per misurare non la capacità e la tenuta di un progetto politico, ma il grado della loro popolarità. Così, assistiamo a campagne elettorali che non propongono nulla di concreto per il futuro dell’Europa, non danno risposte alle tante domande in sospeso sul livello di sovranità che dovrà avere, sul ruolo e le competenze, sulla distribuzione della ricchezza e dei diritti, sul rispetto dei diritti umani.

È drammatica questa palude, riproposta ogni cinque anni per un ulteriore lustro. L’Unione Europea è ormai una presenza reale e invasiva nella quotidianità dei cittadini che la vivono. Da lì, dall’Unione, discendono scelte che incidono sulla vita quotidiana, sui livelli di stato sociale, sulla mobilità, sulla scelte agricole ed economiche. Pur in presenza di tutto questo, nessuno fra chi si propone al governo pensa di dover creare un bilanciamento democratco, aumentando la capacità di incedere dei cittadini, dotandolii di strumenti di reale democrazia quotidiana. E questo paradossalmente è possibile proprio grazie al “profilo indefinito” dell’Unione, che non è ancora uno Stato, ma non è nemmeno un semplice “club economico”.

Il risultato è che l’Unione Europea di oggi non è un luogo di democrazia, ma è in qualche modo uno strumento indefinito di oppressione delle libertà individuali e collettive, una fortezza chiusa che respinge chi vuole arrivare dall’esterno e che vuole misurarsi sul piano internazionale mostrando i muscoli, riarmandosi. In questa voluta indefinitezza, lo spazio lasciato vuoto dall’assenza di democrazia viene riempito dalle lobby e dai gruppi di interesse, che coltivano negli europei l’illusione di una democrazia, che non trova alcuna soddisfazione in istituzioni definite e capaci di scegliere sulla base delle indicazioni ricevute dagli elettori. Un ibrido percicoloso, che rischia di stritolare quella grande idea in cui ci ostiniamo a credere. L’Europa Unita

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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