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Pakistan: parole e azioni per i diritti umani
Riconciliazione
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Immagine: Twitter.com
Il 12 aprile, all’età di 90 anni, è morto in Pakistan Ibn Abdur Rehman. L’ex segretario generale della Commissione per i diritti umani del Pakistan. Scrittore e giornalista, era nato nel settembre 1930 a Haryana, in India e oltre a lavorare per diversi giornali, pubblicare centinaia di articoli a livello locale e internazionale e firmare tre libri: “Jinnah as a Parliamentarian” (come co-editor), “Arts and Crafts of Pakistan” e “Pakistan under Siege” (una raccolta dei suoi editoriali), è stato per decenni un punto di riferimento e una guida per gli attivisti e le minoranze di tutto il Paese. Per Ifran Mufti, vicedirettore del South Asia Partnership Pakistan (SAP-Pak) “Abbiamo perso una persona di grande intelletto. Per tutta la sua vita ha avuto un grande influenza come difensore dei diritti umani attraverso il suo giornalismo senza paura. Per più di 30 anni l’ho conosciuto come una persona di grandi valori, senza compromessi quando in gioco c'era la dignità umana, appassionato costruttore di pace e nonviolenza, oltre che un sostenitore della cooperazione regionale nell’Asia meridionale. Era una coscienza della nostra generazione, un mentore per tutti noi nella lotta per la democrazia in Pakistan”. Con la sua penna di giornalista ha combattuto molte battaglie contro, l'oppressione, la violenza e le sofferenze umane, tanto che per Mufti “Oggi è finita un’era di diritti umani e di lotta democratica. Riposa nella pace eterna Rehman Sahib, l'hai guadagnata con le tue parole e le tue azioni”.
Xari Jalil, una nota giornalista pakistana, lo ha ricordato per il suo instancabile impegno: “C’è una persona che ha incontrato Rehman Sahib e non sia rimasta colpita dalla sua forza ed energia? C’è qualcuno che non sia stato toccato dalla sua compassione ed empatia, dalla sua gentilezza? C’è qualcuno che non ha capito il valore delle sue parole? Anche in un’età fragile in cui si cerca la pensione, Rehman Sahib ha sostenuto instancabilmente i principi dei diritti umani, facendosi trovare sempre pronto ad appoggiare e proteggere coloro che ne avevano bisogno”. Secondo la Jalil la sua perdita non ci tocca solo per la sua umanità e la sua militanza: “Sahib non aveva paura. Quando parlava contro i poteri forti, lo diceva ad alta voce, tagliente e asciutto. Spesso abbiamo dato per scontata la sua presenza e il suo coraggio”. Era sempre lì, Sahib, ovunque ci fosse bisogno di difendere una causa “giusta”. “Ora - ha concluso Jalil - Rehman se ne è andato, ma non ci potrà mai essere un altro Rehman Sahib nelle ere a venire, proprio come non ci sarà mai un altro Asma Jahangir, o Abdul Sattar Edhi. E questo è un pensiero angosciante. Lui e il suo lavoro non saranno mai dimenticati e non importa quanto bene lo mascheriamo, il colpo è stato duro e il suo segno profondo. Speriamo che il lavoro della sua vita produca altri intellettuali e attivisti come lui”.
Parlando ad AsiaNews, Dil Nawaz, ricercatore in Interfaith Dialogue and Theology alla Liverpool Hope University, nel Regno Unito, ha indicato Rehman come “Una figura che poteva vantare la paternità di molte lotte intraprese in Pakistan per le libertà e i diritti umani. Nel corso degli anni io personalmente e molti altri giovani abbiamo imparato molto da lui. I miei genitori erano con lui quando è nata la Commissione per i diritti umani del Pakistan nel 1987. La sua saggezza, conoscenza e coraggio ci mancheranno. Il suo contributo sarà sicuramente ricordato quando qualcuno avrà il coraggio di scrivere la storia di Paksitan in modo imparziale”. Sempre ad AsiaNews Samson Salamat, presidente del movimento Rwadari Tehreek ha dichiarato: “A nome di tutti i membri di Rwadari Tehreek Pakistan, vorrei esprimere le condoglianze a tutta la comunità di difesa dei diritti umani perché abbiamo perso il nostro tutore nella lotta per i diritti umani”. Rendendo omaggio allo scomparso, il presidente di Rwadari Tehreek ha spiegato come il Pakistan e il Mondo abbia perso un uomo le cui parole e azioni sono sempre state fonte di ispirazione e coraggio: “Rehman è stato un mentore, una guida e il padre per innumerevoli difensori dei diritti umani in Pakistan e in tutto il Mondo. Non c'è dubbio che vivrà sempre nei cuori delle persone e delle comunità emarginate”. Proprio il movimento interreligioso Rwadari Tehreek, all’inizio di quest’anno e con il sostegno di Rehman, aveva esortato in una lettera il primo ministro del Pakistan Imran Khan e il suo Governo ad intraprendere azioni immediate, efficaci e serie per fermare le tendenze di intolleranza religiosa, le istigazioni alla violenza, le provocazioni, l’incitamento all'odio e la violenza a sfondo religioso.
Il Pakistan ha sponsorizzato la risoluzione intitolata “Promuovere una cultura di pace e tolleranza per salvaguardare i siti religiosi” che è stata adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 21 gennaio 2021: "per condannare tutti gli atti di minaccia e violenza, distruzione e danno diretto contro i siti religiosi, per denunciare qualsiasi atto per convertire con la forza qualsiasi sito religioso ed esprimere anche preoccupazione per l'aumento dell'intolleranza razziale e religiosa e della stereo-tipizzazione negativa delle religioni e condannare qualsiasi difesa dell'odio nazionale, razziale o religioso che promuove la discriminazione, l'ostilità o la violenza. Eppure, ha ricordato Salamat nella lettera a Imran Khan, “Mentre accogliamo con favore questa ultima iniziativa del vostro Governo presso le Nazioni Unite, vorremmo richiamare la vostra attenzione sull'aumento dell'intolleranza religiosa, dell'odio e della violenza di matrice religiosa nella nostra società che deve essere affrontata immediatamente, seriamente ed efficacemente per controllare l'ulteriore danno e la destabilizzazione del Pakistan". In questo senso "i violenti attacchi alla comunità Hazara di questi mesi, la distruzione del tempio hindi a Karak e gli attacchi ai templi nel Sindh, l’incitamento all’odio e l’uso di un linguaggio offensivo e provocante sulla questione della costruzione del tempio indù a Islamabad, l'uccisione di cittadini Ahmadi, l’incitamento all'odio contro i cristiani sui social media, l’uso improprio delle leggi sulla blasfemia, il rapimento e la conversione religiosa forzata delle ragazze minorenni cristiane e indù sono alcune delle questioni critiche che devono avere un'attenzione immediata”.
Purtroppo, fino ad oggi, in quasi tutte le questioni e gli incidenti menzionati da Salamat, le autorità pakistane non hanno risposto con un'azione significativa contro le organizzazioni estremiste e le persone coinvolte in queste minacce alla tolleranza e ai diritti di tutti i pakistani. "Quando - si chiede Salamat - sarà possibile anche in Pakistan assicurarsi che nessuno sia privato del diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza e che non sia sottoposto a tortura o altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti a causa della religione o del credo?”.
Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.