La tragica situazione degli sfollati nel Nord del Mozambico

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Foto: Pixabay.com

Negli ultimi mesi si è intensificato il conflitto nella provincia di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico. Il conflitto oppone il governo africano al gruppo ribelle Al Shabab, attivo nel paese dal 2017 e che nel 2019 ha giurato fedeltà all’organizzazione dello Stato Islamico, pur portando avanti rivendicazioni molto locali.

Nell’ultimo anno, il gruppo estremista ha moltiplicato gli attacchi contro i villaggi ed ha costretto centinaia di migliaia di persone a lasciare le loro caseA fine 2020 si contavano ben 670mila persone in fuga dal conflittosradicate dalle loro case e terre (UN OCHA, gennaio 2021) e almeno 2.600 morti, per metà civili. Nell’agosto del 2020, il gruppo ha sferrato un attacco contro Mocimboa da Praia, sede di un importante porto industriale, mantenendo il controllo della città per alcuni giorni. In questa provincia molto povera sono stati scoperti importanti giacimenti di gas naturale, che hanno attirato gli investimenti di grandi aziende petrolifere.

L’ong Amnesty International sottolinea, però, che la responsabilità delle violenze e in particolare delle uccisioni indiscriminate in quest’area, non è solo degli Al Shabab, ma anche delle forze governative e dei mercenari assoldati da Maputo. L’insurrezione sta infatti sottraendo parti del paese al controllo dello stato. Il presidente mozambicano Filipe Nyusi ammette inoltre che la povertà e la disoccupazione ampiamente diffuse in quell’area – peraltro ricca di risorse naturali tra cui il gas – contribuiscono ad alimentare l’insurrezione.

Secondo l’analisi di ISPI – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale,  Cabo Delgado, per decenni una delle zone più povere e sottosviluppate del Mozambico, è improvvisamente divenuto l’Eldorado del paese, dopo la scoperta di giacimenti di gas naturale e pietre preziose nel 2010. Una ricchezza che però ha portato in dote alla popolazione solo altra miseria, sfollamenti e violenze. Negli ultimi dieci anni, il governo ha rimosso con la forza intere comunità da terreni di proprietà statale, che ha poi dato in concessione a società private per la ricerca di rubini, pietre preziose e gas naturale. Nella totale assenza di servizi e sostegno alle persone da parte del governo centrale, le persone hanno perso la terra su cui facevano affidamento per avere cibo, riparo e un reddito. La popolazione lamenta il fatto che sono solo gli stranieri a trarre vantaggio dalla ricchezza della terra. Secondo diversi attivisti locali dei diritti umani, come riporta l’ISPI, questa situazione ha alimentato il conflitto più di qualsiasi influenza da parte di gruppi terroristici internazionali.“Quando si parla dei predicatori radicali che vengono per reclutare i giovani, ci si dimentica che il governo ha fatto per loro circa l'80% del lavoro. E i predicatori vengono solo a raccogliere i frutti”, ha spiegato al Guardian l’attivista David Matsinhe

Le persone che abitano la regione di Cabo Delgado stanno affrontando condizioni di povertà estrema, negli ultimi tre anni aggravate dall’arrivo dei cicloni Idai e Kenneth che nel 2019 hanno provocato 73.000 sfollati estendendo l’emergenza alle province confinanti di Niassa e Nampula. Il conflitto armato e gli eventi climatici estremi hanno lasciatooltre un milione di persone in bisogno urgente di assistenza umanitaria. Per loro, oltre al conflitto, la prima minaccia è quella della fame.

Maurizia Sandrini dell’ong italiana LVIApresente nell’area, testimonia: “Più del 90% delle persone fuggite dal conflitto risiede con la famiglia e gli amici nelle comunità ospitanti, mettendone a dura prova le già scarse risorse. Il costante aumento del flusso migratorio interno ha determinato un incremento della competizione nell’accesso a servizi sanitari già inadeguati e a fonti di acqua pulita malfunzionanti. In un simile contesto, il rischio di contagio di malattie legate al rispetto di norme igieniche, quali diarrea, colera e Covid-19 si aggrava pericolosamente, venendo a mancare le infrastrutture di base e i mezzi di sussistenza distrutti a causa degli eventi climatici estremi. Inoltre, le alluvioni hanno causato la perdita di terreni, animali e attrezzature agricole, incidendo sulla diminuzione della produttività con conseguenze sulla minor disponibilità di cibo. Inoltre, il contesto di insicurezza ha ostacolato la capacità del governo e degli operatori umanitari nel fornire l’assistenza sanitaria necessaria”.

Dal 2018 LVIA lavora in questo contesto di insicurezza attraverso un progetto finanziato dall’AICS-Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, con il quale tra il 2018 e il 2020 ben 23.700 persone hanno potuto beneficiare di attrezzature e formazione per migliorare i raccolti agricoli. Al contempo, il progetto ha contribuito ad incrementare la disponibilità di acqua, l’accesso e l’utilizzo degli impianti igienico-sanitari per 40mila persone, rifornendo di tali impianti soprattutto le scuole ed i centri sanitari. 

L’azione dell’associazione continua, per rimanere aggiornati sugli interventi consulta il sito LVIA in Mozambico.

Lia Curcio

Sono da sempre interessata alle questioni globali, amo viaggiare e conoscere culture diverse, mi appassionano le persone e le loro storie di vita in Italia e nel mondo. Parallelamente, mi occupo di progettazione in ambito educativo, interculturale e di sviluppo umano. Credo che i media abbiano una grande responsabilità culturale nel fare informazione e per questo ho scelto Unimondo: mi piacerebbe instillare curiosità, intuizioni e domande oltre il racconto, spesso stereotipato, del mondo di oggi.

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