Nobel, la Cina lascia una sedia vuota a Oslo

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"La Cina ora ha un’opportunità unica di iniziare un nuovo corso". Parole di un vecchio saggio sudafricano, il premio nobel Desmond Tutu. Insieme a l'ex presidente ceco Vaclav Havel ha lanciato dalle colonne del quotidiano britannico “The Observer” un appello alle autorità cinesi affinché liberino “senza condizioni” il dissidente cinese Liu Xiaobo prima della consegna, venerdì prossimo, del Premio Nobel 2010.

Il gigante asiatico non inizierà il nuovo corso. Almeno non ora, a giudicare dalle parole della portavoce del ministero degli Esteri cinese, Jiang Yu: “Siamo contro chiunque voglia fare una questione di Liu Xiaobo e interferisca negli affari giuridici cinesi, non cambieremo a causa delle interferenze di alcuni pagliacci”.

Liu, 54 anni, è stato condannato l’anno scorso a 11 anni di carcere per sovversione dopo scritto e pubblicato su internet “Charter 08”, un documento che invocava una democrazia multipartitica e il rispetto dei diritti umani e che aveva già raggiunto le 10mila firme quando Pechino decise di ritirarlo dalla rete.

Pechino prima ha minacciato di rompere le relazioni diplomatiche con Oslo se il Nobel fosse stato assegnato a Liu, poi ha contestato il riconoscimento, affermando che Xiabo è un criminale condannato secondo la legge.

L’ambasciata cinese a Oslo ha fatto pressione sugli altri diplomatici nella capitale norvegese perché disertassero la cerimonia del premio, e 17 Paesi oltre alla Cina, hanno annunciato che venerdì non saranno presenti «per varie ragioni». Si tratta di Russia, Kazakhstan, Colombia, Tunisia, Arabia Saudita, Pakistan, Serbia, Iraq, Iran, Vietnam, Afghanistan, Venezuela, Filippine, Egitto, Sudan, Ucraina, Cuba e Marocco. Secondo la portavoce cinese Yu “cento Paesi sostengono la Cina”.

Il dissidente cinese Yang Jianli, in esilio negli Stati Uniti ha accusato anche l’Onu di chiamarsi fuori, visto che l’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, la sudafricana Navanethem Pillay ha affermato che non sarà in grado di recarsi ad Oslo a causa di "precedenti impegni".

“La Cina ha manovrato dietro le quinte per impedire ai governi di assistere alla cerimonia di Oslo, mediante una miscela di pressioni politiche e ricatti” ha dichiarato Sam Zarifi, direttore di Amnesty International per l’Asia e il Pacifico.

“Il fatto che, nonostante le pressioni e le minacce, la Cina sia stata in grado di catturare il consenso solo di una piccola minoranza di paesi, riflette la natura inaccettabile delle sue pretese. I governi e le istituzioni internazionali devono continuare a resistere a una prepotenza del genere” ha continuato Zarifi.

Yang Jianli si è offerto di ritirare il premio se nessuno della famiglia di Xiaobo potrà venire. In una lettera aperta pubblicata sul Washington Post, ha chiesto al presidente Hu Jintao di permettere alla moglie di Liu, al momento agli arresti domiciliari, di venire: “permettendo a Liu Xia di venire, lei mostrerà al mondo che il governo cinese è forte e non teme le critiche, ma le accoglie se sono necessarie al miglioramento della società” scrive nella lettera.

Al contrario, continua il dissidente, "una sedia vuota sul palco parlerà di debolezza e paura. Solleverà lo spettro di un governo abbarbicato al passato, che non vuole o non può accettare il cambiamento basato sulla realtà della vita e gli auspici del popolo”. “Non voglio che l'immagine di una sedia vuota alla cerimonia del premio Nobel per la Pace diventi il simbolo della Cina nel 21esimo secolo”.

Emanuela Citterio

 

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