Nel giorno 555 di guerra dall’invasione russa del Paese. Il punto

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Immagine: Atlanteguerre.it

“Fermi tutti, abbiamo sbagliato”. Una frase che sembra far svanire le paure sugli scarsi risultati della controffensiva ucraina, nel giorno 555 di guerra, dall’invasione russa del Paese. Non l’ha pronunciata nessuno, in realtà, ma sembra pensarlo il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. 

Dopo settimane di freddezza, di parole che nelle cancellerie europee narravano a mezza voce dell’impossibilità per gli ucraini di vincere la battaglia e quindi la guerra, il segretario ha invertito la rotta, avvertendo il Mondo che “gli ucraini stanno gradualmente guadagnando terreno, il che significa che stanno respingendo i russi e quindi è ancora più importante ora sostenerli". In una intervista alla Cnn, Stoltenberg ha spiegato che “abbiamo visto che gli ucraini hanno superato ancora una volta le aspettative e dobbiamo ricordare che tutto è iniziato l'anno scorso con l'invasione russa. A quel tempo, gli esperti credevano che l'Ucraina avrebbe resistito solo pochi giorni o settimane, ma hanno liberato il nord, Kiev, l'est, Kharkiv, il territorio a sud, Kherson. E ora stanno facendo passi da gigante".

Un cambio di rotta e di opinione davvero importante, che sembra preludio a nuove forniture di armi e mezzi. La guerra, intanto, si sposta e arriva in Russia. Quattro aerei da trasporto strategico Ilyushin Il-76 sono stati danneggiati nell'aeroporto militare russo di Pskov, al confine con i Paesi Baltici. A colpire sono stati droni ucraini. Zelensky, il presidente, sa che gli alleati sono contrari a spostare la guerra in territorio russo, temono si alzi l’asticella del confronto con Mosca. Tant’è: Zelensky assicura di non usare armi ricevute dagli alleati per colpire, ma torna a bombardare il territorio russo. "La guerra si sta spostando sempre più verso il territorio della Russia e non può essere fermata", dice Podolyak, uno dei suoi consiglieri. A Mosca hanno dovuto chiudere il traffico aereo. La risposta non è tardata: su Kiev è piovuto il più imponente e massiccio bombardamento dalla primavera scorsa e altre città sono state colpite, causando morti e feriti.

L’Ucraina, intanto, continua a riempirsi di armi. La Germania ha trasferito a Kiev altri dieci carri armati Leopard1, un radar per la sorveglianza aerea, droni da ricognizione, camion da trasporto e 13 milioni di munizioni leggere. Sul fronte opposto, il Cremlino avrebbe stretto un accordo con la Corea del Nord, per rifornimenti militari. 

Arsenali che si svuotano in fretta, distrutti sui campi di battaglia e che vanno riempiti al meglio, per far continuare la guerra. Eppure, in settimana sembrava essersi aperto un varco nel muro dell’incomprensione fra Kiev e Mosca. E’ stato Zelensky, rispondendo alla domanda di una giornalista, ad aprire la breccia. “È preferibile e possibile negoziare una soluzione politica per la Crimea – ha detto il presidente - piuttosto che riportarla sotto il controllo ucraino con la forza militare”. Agli osservatori è sembrata una mossa diplomatica, soprattutto a favore degli alleati, che da settimane chiedevano di lascare aperta una finestra di dialogo. Una richiesta – e torniamo a quanto si diceva in apertura – che nasce dall’aver misurato le difficoltà che l’offensiva militare ucraina sta incontrando. Il Washngton Post è uscito con un articolo dal titolo esplicito: “In Ucraina si dovrà trattare” e il pezzo citava, come fonti, funzionari anonimi dell’amministrazione Biden. Il New York Time ha rincarato la dose, scrivendo che la “controffensiva ucraina sembra destinata a fallire, tra obiettivi troppo ambizioni e strategie infruttuose”. 

Parole dure, che mostrano come il fronte delle alleanze inizi ad essere in crisi. Crisi che potrebbe diventare importante se le voci arrivate dalla Germania trovassero conferma: l’inchiesta sull’attentato al gasdotto Nord Stream dimostrerebbe il coinvolgimento dei servizi segreti ucraini. Se tutto dovesse essere confermato, il sostegno di Berlino a Kiev potrebbe venire meno e le future forniture di carri e armi potrebbero svanire nel nulla.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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