Libano e diritti umani: sull'orlo di una crisi interna

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Libano e diritti umani. Sull’orlo di una crisi interna che rischia di ributtare la popolazione in una guerra civile e di sconvolgere nuovamente il quadro mediorientale, piovono sul Libano le critiche sulle violazioni perpetrate in materia di diritti umani. Numerose, infatti, le raccomandazioni presentate dagli Stati membri delle Nazioni Uniti nei confronti dello Stato esaminato il 10 novembre scorso nell’ambito del procedimento di Revisione Periodica Universale (UPR) del Consiglio dei diritti umani.

Numerose quelle rigettate dalla delegazione libanese, come emerge dai documenti recentemente pubblicati. Tralasciando quanto presentato dal rappresentante israeliano, rifiutato in quanto “depositato dalla potenza occupante di territori libanesi”, tra le raccomandazioni non accettate figurano 37 osservazioni su importanti tematiche. Gli argomenti “tabu”? Riguardano i diritti delle donne, dei rifugiati, dei migranti e degli omosessuali.

“Il Libano ha accettatto alcune riforme, ma ha perso l’opportunitá di affrontare alcuni dei suoi annosi problemi in materia di diritti umani”, ha commentato Nadim Houry, direttore di Human Rights Watch a Beirut a tale proposito. La delegazione ha accettato, ad esempio, di creare una commissione nazionale per i diritti umani (National Human Rights Commission) e di migliorare la prevenzione contro la tortura, ma ha rifiutato raccomandazioni intese a promuovere l’eguaglianza tra donne e uomini, il diritto di proprietá per i profughi palestinesi, la depenalizzazione dell’omosessualitá e l’abolizione della pena di morte.

Secondo Human Rights Watch l’aspetto piú grave sarebbe il rifiuto di riformare quelle leggi libanesi che discrimanano le donne, come ad esempio la legge per la cittadinanza che non permette alle donne libanesi di passare la propria cittadinanza a coniugi e figli, nonché svariate disposizioni discriminanti riguardanti il divorzio, la custodia dei figli e questioni di eredità.

Il Libano ha inoltre rigettato raccomandazioni specifiche riguardanti il trattamento riservato ai lavoratori migranti, che attualmente superano i 200.000 e non godono, come dichiarato da svariati Stati europei, Canada, Iran, Brasile, Sri Lanka e Algeriadi tutela sufficiente.

Altra nota dolente la pena di morte: diversi Stati hanno ne hanno chiesto l’abolizione, ma la delegazione libanese ha rigettato tutte le raccomandazioni presentate a riguardo. Come riportato da Human Rights Watch sarebbero almeno cinque le denuncie capitali del 2010.

Centrale, poi, la tematica dei profughi palestinesi. Come notato da Human Rights Watch, il Parlamento libanese ha approvato ad agosto un emendamento alla legislazione in materia di lavoro per facilitare ai profughi palestinesi la ricerca di lavoro e l’ottenimento di permessi di lavoro. Niente sarebbe peró stato fatto per rimuovere le restrizioni che impediscono ai palestinesi di operare in almeno 25 settori le cui professioni richiedono l’iscrizione a un sindacato o per eliminare le restrizioni sul diritto di proprietá. “Stati cosí diversi come la Finlandia e il Brasile”, ha dichiarato il direttore di Human Rights Watch, “hanno chiesto al Libano di mettere fine alla discriminazione nei confronti dei palestinesi. Un’importante modalitá per migliorare lo status dei palestinesi sarebbe quella di modificare la legge libanese sulla proprietá permettendo loro di registrare le proprie proprietá come a qualsiasi altro straniero.”

Dal documento provvisorio elaborato dal gruppo di lavoro incaricato di raccogliere e documentare quanto affermato nel corso della seduta di revisione, emergono inoltre la richiesta, non accettata, di libertá di movimento presentata da Norvegia, Francia e Brasile. Il rappresentante dell’Autonomia palestinese ha poi notato che l’instabilitá libanese, causata da guerre e la distruzione a cui lo Stato é stato sottoposto, ha ostacolato lo sviluppo nell’area dei diritti umani. In aggiunta, i rifugiati palestinesi sono stati privati dei loro diritti, incluso il diritto al ritorno confermato dalla risoluzione GA 194 e il diritto di autodeterminazione trovandosi la loro terra e quella di altri arabi sotto occupazione israeliana.

Michela Perathoner inviata di Unimondo

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