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La Pace: primo bisogno del mondo, primo dovere dell’uomo
Pace
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Papa Francesco - Foto: Settimanalediocesidicomo.it
Negli ultimi anni parlare di pace risultava passato di moda, quasi superfluo; dopo la fine della Guerra Fredda ed i relativi sconvolgimenti socio-politici che ne erano seguiti il mondo pareva essere sulla strada - che mai avrebbe dovuto conoscere sosta - della pace, dello sviluppo e della crescita infiniti. Ovviamente chi affermava ciò era solito derubricare i conflitti che ci sono stati e ancora ci sono sul globo terrestre a semplici “scaramucce” o per dirla alla militare a “vicende isolate su scacchieri secondari”; così tante tragedie ed eccidi, con i loro corredi di sofferenza e morte, passarono quasi sotto silenzio. Non abbiamo tempo, sembravamo dire tutti, dobbiamo produrre e consumare, consumare e divertirci, senza pensare e nulla che non sia la nostra personale ed immediata soddisfazione. Ti senti depresso o insoddisfatto? Fai shopping e passa tutto…anche l’Italia visse tale esperienza; dopo gli anni 60 e 70 delle grandi lotte politiche e le conquiste sociali e dei lavoratori, dopo lo scontro fra generazioni, dopo il terrorismo, dopo l’industrializzazione di massa e i successivi contraccolpi e delusioni, arrivarono gli anni 80 della “Milano da bere e sniffare” e i 90 del “tutto subito, tutto a rate”: ingozzatevi e spendete, questo bengodi non finirà mai! Ridicolo, visto oggi, eppure è andata proprio così.
Il 2001 con l’11 settembre e il 2008 con la crisi economica più grave della storia - di cui ancora subiamo gli effetti - ci hanno brutalmente riportati alla realtà e hanno fatto cadere la cortina di fumo che per troppo tempo ha portato centinaia di milioni di individui a credere di poter vivere al massimo nel primo mondo mentre il secondo,ma soprattutto il terzo, venivano sistematicamente spogliati di tutto il possibile - dalle materie prime agli organi. Oggi assistiamo a ciò che resta di questo insensato modo di pensare e vivere e, con la crisi perdurante, lo svilimento del valore del lavoro e quindi della fonte prima di dignità di ogni persona, lo spostamento di popoli che nulla più hanno se non la speranza di fuggire attraversando deserti e mari alla ricerca di un domani, per colpa, troppo spesso, delle stesse nazioni che ora non vogliono accoglierli, sembra di essere tornati indietro nel tempo.
Le parole d’ordine dei nuovi potenti della Terra - Trump, Putin, Erdogan in testa- sono quelle che si speravano dimenticate per sempre: nazionalismo, protezionismo, guerra, addirittura neo-colonialismo e occupazione territoriale, con l’ Africa sempre più derubata e abbandonata a sé stessa, la Cecenia, la Crimea e la Turchia come bombe ad orologeria pronte ad esplodere, l’IRAQ, L’IRAN e il mondo Arabo devastati dai conflitti etnici e dal fondamentalismo - che nulla ha a che vedere con la vera religione islamica, se non la pretesa di pochissimi esaltati su oltre un miliardo e mezzo di musulmani di volerla usare come paravento per istigare ad uccidere in nome di Dio - (la storia di ripete: ricordiamo le “Sante Crociate” e i bottoni delle SS tedesche, sui quali, negli anni 30 appariva la scritta - Gott mit uns - Dio è con noi) e, sullo sfondo, la Corea del Nord a minacciare una guerra nucleare totale e il nuovo padrone dell’ economia mondiale, la Cina, a farsi beffe dei trattati ambientali in nome della crescita a tutti i costi. Non impariamo proprio mai. Con poche varianti sembra il 1962, anno della crisi di Cuba e del “terrore atomico globale”: e’ il 2017.
Consapevole di tutto ciò Papa Francesco ha fatto della Pace la sua priorità. Nel messaggio pontificio scritto in occasione della 50ª Giornata Mondiale della Pace dello scorso 8 dicembre si è rivolto ai potenti del mondo “porgo i miei sinceri auguri di pace ai popoli e alle nazioni del mondo, ai Capi di Stato e di Governo, nonché ai responsabili delle comunità religiose e delle varie espressioni della società civile. Auguro pace ad ogni uomo, donna, bambino e bambina e prego affinché l’immagine e la somiglianza di Dio in ogni persona ci consentano di riconoscerci a vicenda come doni sacri dotati di una dignità immensa. Soprattutto nelle situazioni di conflitto, rispettiamo questa «dignità più profonda “e facciamo della nonviolenza attiva il nostro stile di vita”. Cinquanta anni fa, in occasione della prima Giornata mondiale della Pace, il beato Papa Paolo VI si era rivolto, allo stesso modo, a tutti i popoli, non solo ai cattolici, con parole altrettanto inequivocabili “è finalmente emerso chiarissimo che la pace è l’unica e vera linea dell’umano progresso, non le tensioni di ambiziosi nazionalismi, non le conquiste violente, non le repressioni apportatrici di falso ordine civile” e continuava “esiste il pericolo di credere che le controversie internazionali non siano risolvibili per le vie della ragione, cioè delle trattative fondate sul diritto, la giustizia, l’equità, ma solo per quelle delle forze deterrenti e micidiali” e, ancora, citando la Pacem in terris del suo predecessore san Giovanni XXIII, ricordava “il senso e l’amore della pace fondata sulla verità, sulla giustizia, sulla libertà, sull’amore”. Non è possibile restare insensibili di fronte alla calzante attualità di queste parole, oggi non meno importanti e urgenti di dieci lustri fa.
Francesco nello stendere il suo messaggio aveva ben presente davanti agli occhi il filo rosso che collega la storia dell’umanità ed i suoi sbagli e ne ricorda, come monito, alcuni “Il secolo scorso è stato devastato da due guerre mondiali micidiali, ha conosciuto la minaccia della guerra nucleare e un gran numero di altri conflitti, mentre ai nostri giorni purtroppo siamo alle prese con una terribile guerra mondiale a pezzi. Non è facile sapere se il mondo attualmente sia più o meno violento di quanto lo fosse ieri, né se i moderni mezzi di comunicazione e la mobilità che caratterizza la nostra epoca ci rendano più consapevoli della violenza o più assuefatti ad essa.” “In ogni caso” riprende il Papa “questa violenza che si esercita “a pezzi”, in modi e a livelli diversi, provoca enormi sofferenze di cui siamo ben consapevoli: guerre in diversi Paesi e continenti; terrorismo, criminalità e attacchi armati imprevedibili; gli abusi subiti dai migranti e dalle vittime della tratta; la devastazione dell’ambiente. A che scopo? La violenza permette di raggiungere obiettivi di valore duraturo? Tutto quello che ottiene non è forse di scatenare rappresaglie e spirali di conflitti letali che recano benefici solo a pochi signori della guerra?.”
Dopo questi non rinviabili interrogativi Francesco propone anche la Sua soluzione” la violenza non è la cura per il nostro mondo frantumato. Rispondere alla violenza con la violenza conduce, nella migliore delle ipotesi, a migrazioni forzate e a immani sofferenze, poiché grandi quantità di risorse sono destinate a scopi militari e sottratte alle esigenze quotidiane dei giovani, delle famiglie in difficoltà, degli anziani, dei malati, della grande maggioranza degli abitanti del mondo. Nel peggiore dei casi, può portare alla morte, fisica e spirituale, di molti, se non addirittura di tutti.” La risposta sta, invece, nella nonviolenza che deve essere scelta come cifra di una politica di pace “chiedo a Dio” prega il Santo Padre “di aiutare tutti noi ad attingere alla nonviolenza nelle profondità dei nostri sentimenti e valori personali. Che siano la carità e la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali. Quando sanno resistere alla tentazione della vendetta, le vittime della violenza possono essere i protagonisti più credibili di processi nonviolenti di costruzione della pace. Dal livello locale e quotidiano fino a quello dell’ordine mondiale, possa la nonviolenza diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme.”
E conclude con un esempio impossibile da dimenticare, ricordando che, la notte prima di morire, Gesù disse a Pietro di rinfoderare la spada e di non usarla contro chi era venuto per arrestarlo (cfr Mt 26,52) tracciando, in tal modo, la via della nonviolenza che ha percorso fino alla fine, fino alla croce, per mezzo della quale ha realizzato la pace e distrutto l’inimicizia. Francesco, insomma, ci invita a fare come il Santo da cui prende il nome: La Pace che annunziate per la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori! Ci chiama tutti all’impegno, perché costruire la Pace è primo dovere di ognuno di noi.
Fabio Pizzi

Laureato in Studi Storici e Filologico Letterari all’Università di Trento, scrive fin da piccolo per passione e, da qualche anno, anche per lavoro. Per questo si ritiene parecchio fortunato. Appassionato di storia e politica è attivo nell’associazionismo fin da giovanissimo soprattutto nelle associazioni locali e nelle Acli Trentine. Ama il cinema, l’arte e la tecnologia, la satira, la musica, il bosco e il mare. Su tutto, sua moglie, la famiglia e i suoi veri amici. Dice e scrive quello che pensa, filtrandolo il meno possibile e prendendo spesso posizione. Questo gli ha portato in dote parecchie polemiche, qualche complimento e il rispetto di se stesso.