"Gracias a la vida"

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Eugenio Melandri, era un amico, da tantissimo tempo. E resta un amico. Scrivo queste righe così, di getto, con imbarazzo e con tanti pensieri e ricordi che si accavallano. Non sono certo nelle condizioni di fare un ricordo ‘bello’ e ‘completo’ di Eugenio. Ci sarà tempo, con più calma. Anche se la vedo dura ricordare Eugenio in modo completo. Proprio una settimana fa, domenica 20 pomeriggio, eravamo con lui, a gioire con le lacrime agli occhi perché, dopo 30 anni, tornava a presiedere l’ Eucarestia. Grazie a papa Francesco, al vescovo Matteo Zuppi di Bologna, alla sua ‘famiglia’ Saveriana, con il vescovo Giorgio Biguzzi, gli altri fratelli, con  Albino Bizzotto, Tonio Dell’ Olio e tante amiche e amici, ‘compagni’ di viaggio. Sì, perché quello di Eugenio è stato un viaggio nella vita molto intenso.

E la vita l’ ha voluta vivere tutta, intensamente, fino all’ ultimo, dicendo sempre Gracias a la vida, come titolava ogni suo post su Facebook. Missionario saveriano, per alcuni anni giovane direttore della rivista Missione Oggi (gli ho cambiato anche il nome, ci diceva domenica). E con quella rivista ha seminato umanità, passione, documentazione. Ha promosso campagne, ha fatto entrare nelle case e nel cuore di tante persone scritti con parole vere. Non posso dimenticare la bellissima riflessione sulle Beatitudini intitolata: “Sinfonia dei folli”. Poi la campagna contro i mercanti di morte. Il lavoro intenso che ha portato alla legge 185/90 sul commercio delle armi. Me lo avevi raccontato qualche mese fa per una intervista pubblicata su Mosaico di pace. E in questa lotta al tuo fianco c’ è stato sempre il tuo grande amico, don Tonino Bello, vescovo di Molfetta e Presidente Nazionale di Pax Christi. Piangevi di gioia quando insieme, a Molfetta, aspettavamo papa Francesco il 20 aprile 2018: erano 25 anni dalla morte di don Tonino. E volevi andare a celebrare la tua Messa proprio ad Alessano, da don Tonino. Con lui avevamo condiviso la marcia a Sarajevo nel dicembre 1992, con altri 500 ritenuti ‘folli’ .

Mi sembra che ti arrivassero telefonate. Eravamo sullo stesso pulmann, per convincerci a non metterci in quell’ impresa. Ci sono delle belle foto con te a Sarajevo. A credere che è possibile un mondo di pace, anche, e forse ancora di più, quando c’ è una guerra. Con noi c’ era anche il vescovo Bettazzi. Tu eri parlamentare, eletto nelle liste di Democrazia Proletaria. Hai fatto quella scelta sofferta, ma convinta. Sapevi che ti sarebbe costata, ma era un tuo modo di essere ‘missionario’ . In fondo Eugenio hai sempre avuto una faccia sola. Il tuo amore per il Vangelo tradotto nell’ amore per i poveri era sempre lo stesso. Missione Oggi, Chiama l’ Africa, SenzaConfine, Solidarietà Internazionale… Quanta passione ci hai messo. E quando qualche mese fa hai incontrato papa Francesco e gli hai parlato delle tue scelte, dell’ impegno nella politica, lui ti ha abbracciato e ti ha detto “hai fatto bene”. Eri l’ uomo più felice del mondo. Un bambino nel senso più bello del termine, che piangeva di gioia dopo quell’ incontro.

Lo hai raccontato benissimo su FB, come sai fare tu. Sì, perché Eugenio - (e ora mi sono accorto che ero passato al tu diretto, forse giornalisticamente non è corretto, ma è così, con Eugenio si parla col cuore) –  sapeva scrivere davvero bene! Sapeva raccontare di ogni cosa con passione. Delle sue avventure con la malattia, dei suoi momenti di fatica, di dolore e di paura… E mentre leggi cadono le lacrime sulla tastiera, come ha scritto un amico. Sì, Eugenio ci ha insegnato anche a piangere, a non avere vergogna della propria debolezza. Ce lo diceva domenica scorsa parlandoci da seduto: di solito sono le persone importanti che fanno i discorsi da seduti, io invece sto seduto perché non ce la faccio a stare in piedi, e non mi vergogno della mia debolezza. Eugenio è morto la domenica mattina, giorno della resurrezione. La Parola di Dio nella liturgia faceva risuonare “Il povero grida e il Signore lo ascolta”. E San Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede.” Tu ci hai insegnato a vivere con passione ma, come ci dicevi parlando della tua mamma, ci hai  anche insegnato come si muore. Con la gioia dentro, come qualcuno mi diceva oggi.

Sì, sono convinto, e non lo penso solo io, che sia un disegno della Provvidenza dietro alla Parabola della vita di Eugenio. Un uomo sempre in ricerca, un disobbediente, un innamorato della vita, dei poveri. “Compagno è una bellissima parola, - ci dicevi domenica - E’ impegnativa! Significa spezzare il pane. Compagno vuole dire che io non posso vivere se non faccio vivere gli altri insieme con me.”    E anche le parole di Francesco all’ Angelus, pochi minuti dopo la tua morte, sono un segno, credo, della Provvidenza.  “Per il cammino che verrà, invochiamo la Vergine Maria, venerata e amata come Regina dell’ Amazzonia. Lo è diventata non conquistando, ma “inculturandosi”: col coraggio umile della madre è divenuta la protettrice dei suoi piccoli, la difesa degli oppressi“.
 
Ciao Eugenio. Grazie!

d. Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi da Famigliacristiana.it

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