Militari italiani a difesa di “interessi fossili” nel mondo

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Foto: Unsplash.com

I fondi per la difesa vanno a tutelare gli “interessi fossili” del nostro paese, con un’attenzione speciale alle attività del nostro campione nazionale, l’Eni. È la tesi esposta nell’ultimo rapporto dell’organizzazione ambientalista Greenpeace, divulgato negli ultimi giorni.

Nel dettaglio, secondo lo studio, circa il 64% della spesa italiana per le missioni militari all’estero sarebbe destinato a operazioni collegate alla difesa di fonti fossili, per un totale di quasi 800 milioni di euro spesi nel solo 2021 e di ben 2,4 miliardi di euro erogati negli ultimi quattro anni.

Una cifra, quella relativa all’ultimo anno, che ammonta al triplo della Spagna, che ha messo a bilancio 274 milioni di euro, il 26% dei fondi. La Germania ha reso disponibili 161 milioni, il 20% della spesa annuale per le missioni militari.  

Due missioni militari, ovvero l’operazione Gabinia nel Golfo di Guinea e l’operazione Mare Sicuro al largo della costa libica, secondo Greenpeace, hanno come primo compito la “sorveglianza e protezione delle piattaforme dell’Eni ubicate nelle acque internazionali”.

Audito in parlamento, il ministro della difesa Lorenzo Guerini ha collegato molte missioni militari alla tutela di fonti fossili, tra cui quelle in Iraq. Il crollo di quel travagliato paese “metterebbe a repentaglio la nostra sicurezza energetica”, sostiene Guerini. Ma una presenza più regolare del nostro esercito è necessaria anche nel Mediterraneo orientale, dato che “la possibilità di sfruttamento delle risorse energetiche è fortemente condizionata dal contenzioso marittimo in corso”...

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