Kossovo: non si placa la violenza

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Siamo oramai a tre giorni di violenze. In Kossovo continuano a bruciare case serbe e chiese ortodosse. In Serbia, dopo la distruzione di due moschee, sembra ci si stia limitando invece all'espressione della propria protesta senza atti di violenza. Molte le associazioni italiane che hanno manifestato le proprie preoccupazioni per quanto sta avvenendo nei Balcani.

La cronaca che arriva dal Kossovo è ancora drammatica: non si sono ancora placati gli scontri tra albanesi e serbi nati l'altro ieri a Mitrovica, città simbolo delle contraddizioni kossovare. Il numero dei morti ha oramai superato la trentina e centinaia sarebbero i feriti. La NATO promette nuovi rinforzi militari per controllare la situazione mentre le autorità kossovare e l'amministrazione ONU del Kossovo non hanno ancora ripreso il controllo della situazione.

Intanto sono molte le associazioni ed ONG italiane che prendono posizione su quanto sta avvenendo. ICS ed Assopace, in un comunicato congiunto, ricordano che il precipitare delle situazione che si sta verificando a Mitrovica ed in altre parti del Kosovo in queste ultime ore non arriva inaspettato a chi da anni opera sul campo. L'Associazione per i Popoli Minacciati sottolinea invece come anche altre minoranze non-serbe siano vittime di estremisti albanesi.

Per Aibi quello che sta accadendo in queste ore è il risultato di anni di disinteresse. "Finita la guerra, spenti i riflettori, ci hanno lasciato soli" affermano in un comunicato stampa "siamo rimaste in poche ong a cercare di fare un lavoro di riconciliazione e dopo l'emergenza non si è speso un euro per lo sviluppo del rapporto interetnico nel Kosovo".

Una posizione che va oltre le superficialità della cronaca è quella espressa da Mauro Cereghini, direttore dell'Osservatorio sui Balcani, tra gli unici siti in Italia a fornire un'informazione quotidiana su questa parte dell'Europa. "Gli incidenti di queste ore in Kossovo vengono da lontano. E il bombardamento Nato iniziato il 24 marzo 1999 non ne è estraneo", ricorda Cereghini.

Un invito alla cessazione immediata delle violenze arriva da Amnesty International che si è detta fortemente preoccupata per la situazione nella provincia del Kossovo. "Questo è quello che succede se dopo un conflitto non si agisce sulle sue cause più profonde" afferma invece Antonio Raimondi, presidente del VIS "non basta garantire una pacificazione forzata con la presenza militare internazionale, in Kosovo dal 1999 e in Bosnia dal 1995, ma occorre lavorare sulla giustizia sociale e la riconciliazione, elementi essenziali per un pace vera e duratura". [DS]

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