Comitato nazionale ritiro truppe: via dall'Iraq e dall'Afghanistan

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L'attentato a Nassiriya contro le forze militari italiane nel quale è rimasto ucciso il caporal maggiore Alessandro Pibiri e feriti altri quattro militari accellera il dibattito sul ritiro del contingente italiano dall'Iraq. Sono rimasti feriti il caporal maggiore Luca Daga, 28 anni, di Carbonia, il caporal maggiore scelto Fulvio Concas, 30 anni, di Donnosfanadiga, il tenente Manuele Pilia (26), di Cagliari, ed il primo caporal maggiore Yari Contu (29), anch'egli di Cagliari. I feriti sono ora tutti ricoverati all' ospedale da campo italiano. Marco Pibiri, il padre del caporalmaggiore Alessandro, ucciso ieri sera a Nassiriya ha chiesto che "i militari italiani impegnati in Iraq rientrino al più presto in Italia". "Il ritiro io penso debba avvenire perché sono ragazzi giovani e vanno lì soprattutto con il miraggio forse uno po' dei soldi" - ha detto il genitore.

Il presidente del Consiglio Romano Prodi intervenendo alla Camera per riferire sull'attentato di ieri a Nassirya, nel rendere "onore e omaggio ai caduti nel servizio del dovere a difesa della pace e della stabilità internazionale, contro un terrorismo fanatico che non risparmia alcuno", ha aggiunto che l'agguato di ieri "non cambia i piani del governo riguardo al ritiro delle nostre truppe presenti tuttora in Iraq". Quanto accaduto ieri a Nassiriya "non avrà ripercussioni sulla tabella di marcia che è in via di definizione".

"L'ennesima uccisione di un militare italiano in missione a Nassiriya, conferma le denunce fatte in questi tre anni dalle forze che si sono battute da subito per il ritiro dell'Italia da una guerra ingiusta e illegale come quella in Iraq"- riporta il Comitato nazionale per il ritiro dei militari italiani. "Siamo solidali e concordi con i familiari del soldato ucciso, i quali hanno detto quanto andiamo ripetendo da tempo "Prima ritornano i militari dall'Iraq meglio è per tutti". La stessa analisi avanziamo anche sull'altra missione di guerra, quella in Afghanistan: riteniamo che vada riconosciuto chiaramente come le missioni militari in Iraq e Afghanistan siano state un fallimento costoso e sanguinoso sia per il nostro paese che per le popolazioni dei paesi occupati militarmente. Mascherare questo fallimento parlando di "exit strategy" invece che di ritiro immediato, vorrebbe occultare un dato di fatto: queste due guerre imposte dall'amministrazione Bush e condivise dai suoi alleati, si sono rivelate una sconfitta determinata soprattutto dalla resistenza e dalla ostilità delle popolazioni irachena e afgana".

"Il governo Prodi continua a negare questo realtà, rimanendo prigioniero di una logica che non contesta il "merito" delle spedizioni neocoloniali ma solo il "metodo", facendo così balenare l'idea che una diversa politica estera sarebbe in grado di gestire meglio gli stessi obiettivi in Iraq, Afghanistan, Medio Oriente o Africa. Tutto ciò può solo rinviare e riproporre a breve nuove tragedie e nuove lacerazioni sia nello scenario politico del nostro paese sia nelle relazioni internazionali dell'Italia" - nota il Comitato. Dopo quest'ultimo attentato sono 31 i soldati, sei i civili e un contractor gli italiani uccisi in Iraq.

La prima verifica dei rapporti tra il movimento contro la guerra e il nuovo governo sarà a fine giugno quando dovrà essere votato il rifinanziamento delle missioni militari in Iraq e Afghanistan. "Intorno a questa scadenza occorre annunciare sin da ora che il movimento 'No War' non retrocederà dagli obiettivi avanzati fino ad oggi: ritiro immediato delle truppe dai teatri di guerra. In questo senso è condivisibile il recente appello lanciato da autorevoli personalità del mondo pacifista (Gino Strada, Alex Zanotelli, Tonio Dall'Olio, don Luigi Ciotti) sottoscritto da centinaia di persone e associazioni".

"Il giorno della votazione in parlamento, i palazzi dove verrà discusso e deciso il rifinanziamento delle missioni militari saranno circondati e assediati dal movimento No War proveniente da tutta Italia che non accetterà niente di meno che una chiara revoca del finanziamento alla guerra e il ritiro immediato delle truppe da Iraq e Afghanistan" - nota il Comitato. "Questo è ciò che chiede chiaramente da anni la maggioranza della società e che nessuna maggioranza parlamentare, neanche quella attuale, può permettersi di negare. Il movimento contro la guerra interpreta ed esprime il sentimento diffuso di questa maggioranza sociale, la politica non può non tenerne conto" - conclude il Comitato nazionale per il ritiro dei militari italiani. [GB]

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